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Scritto da Andrea De Luca   
lunedì 29 dicembre 2008

Ultimatum alla Terra
Titolo originale: The Day the Earth Stood Still
USA: 2008. Regia di: Scott Derrickson Genere: Fantascienza Durata: 103'
Interpreti: Keanu Reeves, Jennifer Connelly, Jon Hamm, Kathy Bates, John Cleese, Jaden Smith, Aaron Douglas, Lorena Gale, Roger R. Cross
Sito web: www.thedaytheearthstoodstillmovie.com
Nelle sale dal: 12/12/2008
Voto: 6
Trailer Italiano
Trailer Inglese
Recensione di: Andrea De Luca

ultimatumallaterra_leggero.jpegMisteriose entità aliene atterrano nei vari angoli della terra utilizzando sfere luminose come navicelle. Le autorità statunitensi, scambiando la sfera più grande per un meteorite, convocano una troupe di scienziati capitanati dall’astrobiologa Helen Benson, la quale si ritrova invece faccia a faccia con un alieno nel Central Park di New York.
L’alieno scende dalla sfera insieme ad un automa e viene accolto da una pallottola esplosa da un militare. L’alieno, ricoverato d'urgenza, sotto una pellicola gelatinosa che funge da tuta spaziale rivela sembianze umane. Il suo nome è Klaatu, le sue richieste sono quelle di organizzare una riunione internazionale per comunicare al mondo il suo messaggio.
Ma la Segretaria di Stato degli USA teme un imminente attacco in massa degli alieni e rifiuta facendo imprigionare Klaatu per sottoporlo a interrogatorio. Klaatu elude la sorveglianza governativa con l’aiuto della dottoressa Benson. Lo scopo di Klaatu si rivela quello di salvare il pianeta terra in quanto patrimonio dell’universo che rischia di essere distrutto dalla razza umana. Per far ciò attiva un processo che tramite uno sciame di locuste robotiche elimina ogni traccia di civiltà dal pianeta. La Benson e il figliastro Jacob, con cui è in cattivi rapporti, scoprono rapidamente le conseguenze mortali del piano di Klaatu. Spetterà a loro due trovare un modo di convincere Klaatu che l’umanità può cambiare e che merita di essere salvata.
Ma potrebbe essere troppo tardi…

Ecco servito l’ennesimo film di fantascienza apocalittica, in cui il regista Scott Derrickson, dopo aver rievocato le atmosfere de La cosa di John Carpenter nel preludio, intende omaggiare il classico del 1951 di Robert Wise trasportandolo ai giorni nostri per palesarne la sua attualità tematica.
Se oggi non è più la guerra fredda tra Stati Uniti e Urss a preoccuparci, questo remake non si discosta di certo da una visione cupa e pessimistica del presente, anzi sembra che Derrickson voglia assumersi il ruolo di Dio ammonitore, il cui scopo è spaventare lo spettatore e portarlo a cambiare quello stile di vita che sta avvelenando il pianeta fino all’inevitabile collasso. Non si può di certo criticare il nobile tentativo ma si può se non altro giudicarne la sua mancata efficacia.
Il mezzo per giustificare questo disperato fine è prefigurare l’imminente pericolo della fine del mondo mischiando sacro e profano, tecnologia futurista e tradizione cristiana, il tutto condito da effetti speciali di primordine e dall’immancabile S.o.s. ecologico ambientalista. Grande spazio è dato alla tecnologia, agli effetti speciali alla Matrix, alle esplosioni alla Indipendence day, ma mai è approfondita la causa del male del pianeta, è lasciata intuire e troppo generalizzata, e soprattutto non viene suggerita nessuna soluzione per risolvere i problemi che ci affliggono. Sacro e profano si fondono perché, nonostante la presenza degli alieni, nel film si può trovare la connessione con la tradizione sacra cristiana rivedendo in Kenau Reeves un odierno Gesù, il cui scopo è ammonire l’uomo per mezzo di Dio (gli alieni in questo caso) e salvarlo sacrificandosi per loro con un grande atto d’amore all’apparenza ingiustificato. Non a caso l’arma apocalittica che gli alieni usano per distruggere si ricollega a una piaga mandata da Dio sui peccatori egiziani, le locuste, in questo caso robotizzate e ancor più efficienti. L’apice del profano il film lo tocca nella reiterata pubblicità occulta a microsoft e poi  a lg, mcdonald e honda, ma questo fa parte della modernità.

Il regista mostra di ricordare molto bene altri film apocalittici, ad esempio il già citato Indipendence day di cui tralascia fortunatamente la paternalistica visione patriottica del grande eroe americano, o altri come Deep Impact o il più recente Cloverfield dove ovviamente la vittima predestinata degli alieni è Manatthan, che - nonostante sembri esagerato accanirsi su chi già tanto ha subito, soprattutto se rievoca spettri del recente passato non solo di finzione - è presa di mira ormai in ogni pellicola hollywoodiana, forse a dimostrare una certa antipatia tra west e est coast,.
Qui però alcune differenze sono essenziali, l’uomo che dovrebbe essere la vittima è invece il cattivo; ignorante e guerrafondaio è perennemente e indelebilmente distruttivo a partire dai capi che lo governano e sembra meritare la punizione. Gli intenti degli alieni al contrario appaiono nobili e giusti, l’uomo quindi combatte per una causa persa. Il destino della nostra specie è affidato nel potere persuasivo di una donna scienziato, simbolo incarnante entrambe le doti per cui l’umanità merita di essere salvata, la bellezza e l’intelligenza stupefacente di alcuni suoi esemplari, come la dottoressa Benson. Solo una donna sembra poter possedere quelle capacità razionali che le permettono di valutare con freddezza la situazione e riuscire a convincere l’alieno a desistere dai suoi intenti. Comunque l’amore tra uomo e donna è tenuto da parte, così come l’intelligenza, soppressa da una quantità immane di ignoranza guerrafondaia fatta di pregiudizi e sottomissione al volere dei potenti. Il film è pessimistico, c’è un razionale cinismo lugubre, accentuato dai colori della pellicola che sembra girata in bianco e nero con variazioni di blu e grigio tra turbini di vento e tempeste, a creare un’atmosfera fredda e alienante. Lo stile è lento nonostante gli ottimi effetti speciali, le inquadrature si soffermano e rimangono sospese, per aspettare qualcosa che non arriva, un gesto un ripensamento di Klaatu. La storia diventa così un’analisi introspettiva dell’alieno Klaatu, di ciò che potrebbe pensare se si mettesse nei panni di un umano e sulle sue difficoltà di scelta indotta da non si sa quali precisati motivi. Ma scavare nel profondo di Kenau Reeves si dimostra impresa disperata, come la realtà odierna, disperata e immutabile. La sua forte inespressività lo rende perfetto per il ruolo dell’alieno; in lui c’è sempre un briciolo di umanità che cerca di sgorgare da un mare di apatica freddezza, qualunque ruolo reciti.

La frase chiave del film su cui Klaatu ragiona è “Ad un passo dal baratro tutti cambiamo!”, frase che sembra sempre più un’utopia. Nei momenti di disperazione quando la fine è vicina si fa di tutto per evolvere, ma bisogna arrivare al limite. Il punto su cui si sofferma il regista è se l’umanità stolta e guerrafondaia debba meritare un'altra chance per evolvere e dimostrare di non essere così squallida come è ora, ma dal film emerge che, come dice l’anziano cinese Wu - altro alieno mandato sulla terra precedentemente per studiare la razza umana - noi siamo una specie distruttiva, rozza e insalvabile, e il fatto preoccupante è che ci va bene essere così, non possiamo fare a meno di distruggere e non cambieremo mai.
Eppure lo stesso anziano è felice della vita che ha vissuto e si è talmente affezionato alla sua vita umana da non voler tornare sul suo pianeta alieno.
L’alieno razionale ci distruggerebbe per salvare il pianeta che pensiamo sia nostro, ma se l’alieno, anche per poco tempo, vivesse come un umano, ne provasse emozioni e dolori e riuscisse così a intenderne la natura dal di dentro, sarebbe della stessa idea?  La visione puramente scientifica e razionale dovrebbe veder distrutta l’umanità, ma una visione più umanistico-sentimentale vede qualcosa di bello nel suo essere così schifosamente contorta.

Derrickson utilizza come pretesto azione ed effetti speciali per inscenare una colossale predica che sembra voler suggerire al pubblico di far finta che ciò che succede nella finzione sia successo davvero e di cambiare in meglio le cose cosicché in caso di ritorno dei giudici, che siano essi gli alieni, Gesù, i cavalieri dell’apocalisse o Babbo natale, - per lui non fa alcuna differenza, sono tutti sullo stesso piano - potremo dimostrare di esser stati buoni e di non meritare la distruzione.
Ma quante coscienze può effettivamente smuovere un film visto che il cinema è preso sul serio da sempre meno gente, soprattutto sotto natale dove l’attenzione degli adulti sembra focalizzarsi unicamente su altri film del genere di Natale a Rio? La gente esce dal cinema delusa, si aspettava di vedere esplosioni, colpi di scena e non messaggi ecologici perchè in tempo di crisi non ci si vuole avvilire ancor di più.
L’unica possibilità, come in effetti sembra far credere il pessimistico film, sarà quindi aspettare ciò che sarà, perchè noi siamo ciò che scegliamo di essere e ne trarremo le tragiche e sconcertanti conseguenze, almeno che un magnanimo messia o alieno che sia, non abbia un immotivato cinematografico colpo di scena che gli faccia cambiare idea. Ricordiamoci sempre però che cinema e realtà sono due entità ben distinte, la realtà è amara e quasi sempre si dimentica dell’happy end.
Questo film sermone non passerà certo alla storia ma rimarrà pur sempre valido come ultimatum ai terrestri... 

 
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