Ultraviolet
USA: 2005. Regia di: Kurt Wimmer Genere: Fantascienza Durata: 88'
Interpreti: Milla Jovovich, Cameron Bright, Nick Chinlund, William Fichtner, Sebastien Andrieu, Ida Martin, Ricardo Mamood, Steven Calcote
Recensione di: Federico Albani
Nella Shangai del tardo ventunesimo secolo due fazioni opposte combattono una aspra guerra.
Gli umani intendono sterminare gli emofagi, portatori di un terribile e contagioso virus che li rende più forti, agili e in grado di rigenerare le ferite ma anche bisognosi di continue trasfusioni e dalla durata media vitale assai breve. Un bambino, Six, il cui sangue contiene un antigene in grado di risolvere questa situazione di stasi, è braccato da entrambe le parti e spetterà a Ultraviolet, una emofaga il cui passato nasconde dolori e traumi, fare luce sull’intera vicenda cercando di proteggere il bambino da entrambe le fazioni.
Avevamo lasciato Kurt Wimmer alle prese con il sottovalutato Equilibrium (ma nel frattempo ha anche girato La regola del sospetto), film che vi invitiamo a ripescare; ritroviamo ora questo giovane regista nel momento più nero della sua carriera. Ispirandosi a una pellicola di John Cassavetes (Gloria, 1980) il filmaker imbastisce un’astrusa vicenda sospesa fra film di fantascienza, horror a base di vampiri e action movie ricco di combattimenti.
Girato con un budget di circa 30 milioni di dollari ma con un look finale da videogioco di serie B, Ultraviolet si inserisce alla perfezione nel recente trend di pellicole quali Resident Evil o Aeon Flux, prodotti destinati a un pubblico quattordicenne che trova riuniti in un solo oggetto i suoi generi di consumo preferiti (videogames e donnine seminude finto-fetish).
Il film in questione rappresenta però una ulteriore (de)evoluzione in questo campo, grazie alla politica aggressiva da parte della Sony che, insoddisfatta dal lavoro di Wimmer, lo ha esautorato impedendogli qualsiasi tipo di controllo in fase di montaggio e, in occasione del lancio, ha impedito ai critici l’accesso alle visioni in anteprima, di fatto vietando loro la possibilità di dissuadere il pubblico dalla visione.
Siamo ormai arrivati a una netta escalation nell’aggressività di queste multinazionali, che vedono sempre più il pubblico come un nemico, o una preda da conquistare con ogni mezzo possibile: è ormai virtualmente chiuso ogni canale di dialogo critico e costruttivo.
Ultraviolet è un tunnel temporale che riporta indietro questo tipo di film ai tempi di Tron: fondali realizzati con una computer graphic nata vecchia, attori legnosi e inespressivi che sembrano anch’essi generati dallo stesso programma, trama che si riduce a una serie di livelli di gioco (con rare pause per ricaricare le armi), scene d’azione che vorrebbero ispirarsi a Matrix o in generale ai più recenti anime ma finiscono col sembrare gli scarti di lavorazione di qualche svogliata pubblicità televisiva.
Chi vi scrive non ha mai trovato nulla di male nel realizzare un’opera che prediliga la confezione rispetto al contenuto, e la storia del cinema è del resto affollata di titoli del genere: ma si tratta di un'operazione che richiede un talento visionario fuori del normale, e che non è assolutamente facile da condurre in porto.
Armi implausibili, buchi logici grandi come astronavi, immaginario sostanzialmente banale e ripetitivo o, nei casi in cui appare brillante (come, è giusto ammetterlo, in certe scenografie e architetture), realizzato in modo approssimativo e privo di ogni cura.
Scene di azione coreografate in maniera goffa o risolte esclusivamente attraverso il montaggio, assenza della pur minima goccia di sangue, stanca ripetitività del narrato (durante il film cambiano in pratica solo il colore dei capelli della protagonista Milla Jovovich e i centimetri di esposizione del suo culetto e pancetta), pretenziosità assortite, rendono Ultraviolet un prodotto la cui ideale destinazione (la più vicina discarica comunale) è posticipata soltanto di alcuni mesi durante i quali il dvd pieno di contenuti per nulla speciali verrà affittato da ragazzini in fregola che puntualmente ne sospenderanno la visione dopo una trentina di minuti per attaccarsi alla Playstation 2 (che assicura una computer graphic di maggior livello), a Playboy.com (che assicura un eros di maggior livello, ed è tutto dire) o alla visione della finestra della loro stanza (che assicura trama e azione di maggior livello, anche dovesse affacciarsi su una palude morta).
Punti di maggior interesse: gli ottimi titoli iniziali (rubati però da Hulk) e le scene di apertura.
Punti di maggior fastidio: tutto il resto del film, ma la colonna sonora (di un Klaus Badelt che in altre occasioni aveva mostrato talento) si distingue come particolarmente atroce, inascoltabile nemmeno alla quinta pasticca di ecstasy buttata giù con un litro di vodka.
Non sono stati impiegati attori umani durante le riprese.
|