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Scritto da Pasquale Russo   
martedì 06 maggio 2008

Iron Man
Titolo originale: Iron Man
USA: 2008 Regia di: Jon Favreau Genere: Fantastico Durata: 126'
Interpreti: Robert Downey Jr., Jeff Bridges, Gwyneth Paltrow, Terrence Howard, Leslie Bibb, Shaun Toub, Clark Gregg
Sito web: www.ironmanmovie.com
Nelle sale dal: 01/05/2008
Voto: 7
Recensione di: Pasquale Russo

ironman_leggero.jpegQuest’anno avremo l’opportunità di vedere sugli schermi ben tre cine-comics tratti da fumetti della Marvel: Iron Man, The incredible Hulk e Punisher - War Zone
Il filone sembra avere un ottima partenza con la pellicola di Jon Favreau che, appena uscita, è subito balzata in testa al box-office, conquistando, inoltre, anche il favore della critica.
La vicenda segue un canovaccio abbastanza classico.
Tony Stark, magnate dell’industria bellica, conduce sin dall’inizio una duplice esistenza; alternando uno stile di vita dissoluto e sfarzoso, a un più cupo isolamento dal modo per lo studio e l’invenzione di nuove tecnologie.
Questo secondo aspetto, al principio, viene poco evidenziato, preferendo presentare il personaggio prima come miliardario playboy e irresponsabile, per poi farlo emergere come genio dell’ingegneria biomeccanica.
Il passaggio avviene dopo un attentato in Medio Oriente che vede Stark fatto prigioniero e costretto ad assemblare un missile per un gruppo di terrorirsti. A quest’ultimi deciderà in seguito di ribellarsi, costruendo un armatura così potente da consentirgli di fronteggiarli e scappare. Ma una volta in patria egli riporterà con se un segno indelebile dell’accaduto: una piastra di metallo conficcata nel suo petto che, tramite energia atomica, tiene lontano dal suo cuore delle schegge di metallo.
Ed è a questo punto della storia che approfondiamo la conoscenza del Tony Stark metodico e calcolatore; che con le sue capacità intellettive superiori riesce a sviluppare un nuovo modello dell’armatura e a fare di se stesso un superuomo.
Diciamo subito che il film non è paragonabile ne al magnifico Batman Begins di Nolan, ne all’impressionante trasposizione degli X-Men di Synger. Ma dati questi due cinecomics come estremi, possiamo collocare l’eroe d’acciaio nel mezzo tra loro e tutta una schiera di scialbi superuomini e superdonne finiti negli ultimi anni sullo schermo.
Posizione di privilegio acquisita grazie ad alcune caratteristiche. La prima delle quali è proprio la scelta dei protagonisti.
Sarebbe infatti falso non affermare che Robert Downey Jr eleva Iron Man ad un livello qualitativo superiore. L’interpretazione inebria il film è, soprattutto, il resto del cast. Non che ci sia d’aspettarsi chissà quali picchi emotivi o istrionerie di sorta. A questo artista basta uno sguardo o un cenno del capo per prendersi la scena.
Scena affollata da comprimari tutt’altro che irrilevanti.
Semplicemente fantastico Jeff Bridges. Un villain molto carismatico, ottimamente contrapposto al protagonista.
Insolita invece la Paltrow in un ruolo “debole”. La scelta di una star come lei nei panni di un’assistente sommessa risulta efficace, e a giovarne ne è anche l’aspetto fisico. Incredibilmente molto più donna in questo film che in tanti altri in cui mostrava un look slavato da ragazzina.
Degno di menzione è anche Terrence Howard, che interpreta il simpatico colonnello Rhodes. Questo attore in ascesa si dimostra una buona spalla per Downey Jr, anche se non ha battute fantastiche.
Parliamo quindi della sceneggiatura.
Mark Fergus e Hawk Ostby, sceneggiatori de I figli degli uomini, non si sono troppo svenduti. Il loro script oscilla tra buone battute e clichè un po’ stantii, tra colpi di scena efficaci e pochi conflitti interiori...Compromessi che accettiamo volentieri per un film di intrattenimento.
Meno accettabile è la fotografia. Tenuta su un livello assolutamente standard, diventa quasi deludente se sappiamo che a dirigerla è Matthew Lebatique.
Si parla infatti di un vero professionista della luce che può vantare nel suo curriculum un bel po’ di film d’autore, in cui ha fatto un ottimo lavoro. Per esempio: la fantastica fotografia di Requiem for a dream.
Lebatique ha sempre messo qualcosa di suo nelle opere a cui ha partecipato. Questa volta invece si è attenuto ad un compitino ben scritto.
Discorso simile per Jon Favrau, che confeziona un buon film senza però uno stile personale. Sarebbe stato invece bello poter cogliere qualche caratteristica di riconoscimento nell’operato di questo simpatico attore, che ha fatto del cinema interessante sia da interprete che da regista.
Un dato che potrebbe essere distintivo in questo caso è l’uso sapiente degli effetti speciali e della CG, per nulla invasiva la mano dell’Industrial Light & Magic sul film. Ciò rimanda all’ottimo lavoro fatto per quel gioiellino che era Zahtura (precedente film di Favrau), in cui ancora più evidente era il trionfo dell’effetto meccanico su quello computerizzato.
Per il momento è un po’ poco, ma diamo sicura fiducia a questo nuovo autore ancora in evoluzione.
Curiosità – Oltre al solito cameo di Stan Lee, dopo i titoli di coda c’è una scena in cui compare un attore molto famoso. Da non perdere.

 
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