Jeon Woo Chi: The Taoist Wizard
Titolo originale: Jeon Woo Chi: The Taoist Wizard
Corea: 2009 Regia di: Choi Dong-hoon Genere: Fantasy Durata:
136'
Interpreti: Kang Dong-won, Kim Yoon-seok, Yoo Hae-jin, Im Soo-jeong,
Song Yeong-chang, Baek Yun-shik, Yum Jungh-ah
Sito web:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Ludico
Anno 1509: tre semidei pasticcioni
aprono un varco che permette ai demoni di scorrazzare liberamente nel
mondo esterno. L’unica speranza per rimediare al disastro è recuperare
una reliquia, un flauto dai poteri magici in grado di tenerli a bada,
prima che i demoni riescano ad impossessarsene.
Per fare ciò si rivolgono al potente mago Hwadam, senza sapere che il
flauto è stato rubato da Woo Chi, allievo di un altro mago, il Maestro.
Mentre Hwadam e il Maestro si contendono il possesso della reliquia, il
flauto si spezza in due parti. Secondo i semidei quanto è accaduto
sarebbe la soluzione ideale, perché solo un Dio potrebbe ricomporlo, ma
Hwadam uccide il Maestro per impadronirsi della sua metà. Woo Chi riesce
a sottrargliela, ma viene imprigionato con un incantesimo in un dipinto
assieme al suo cane Chorangyi. Quando, nel 2009, i demoni si
manifestano nuovamente, i semidei decidono di richiamarlo indietro.
Jeon Woo Chi è una figura del folklore coreano, un funzionario della
dinastia Chosun vissuto nella prima metà del XVI secolo il quale,
ritiratosi dalla vita pubblica, si trasferì a Gaeseong, dove divenne un
famoso sacerdote taoista. La leggenda racconta che fosse in grado di
operare grandi magie e, per questo, fu gettato in carcere dal governo
con l’accusa di praticare la magia nera. Morì in prigione ma si narra
che, quando la sua tomba fu aperta per riesumarne il corpo, venne
trovata vuota.
Choi Dong-hoon, che torna alla regia dopo l’ottimo “Tazza: The High
Rollers”, adattamento del manhwa di Heo Young-man, si ispira al racconto
tradizionale per catapultarne il protagonista nella Seoul
contemporanea, con tutti gli equivoci del caso. L’obiettivo è quello di
confezionare un fantasy per famiglie, compito assolto in pieno, con le
giuste dosi di azione, humour e un pizzico di romanticismo. La prima
scelta azzeccata è quella di scritturare Kang Dong-won, attore
prediletto di Lee Myung-se (“Duelist” e “M”), per il ruolo del
protagonista. Woo Chi è il classico mago sbruffone e insolente, vanesio e
esibizionista, e Kang, con la sua naturale eleganza e spavalderia, lo
incarna alla perfezione.
I momenti di divertimento sono delegati alla verve comica dell’ottimo
Yoo Hae-jin, che interpreta Chorangyi, il cane di Woo Chi che,
attraverso la magia, assume temporaneamente forma umana. Il suo più
grande desiderio è quello di diventare umano a tutti gli effetti ma, nel
finale, avrà una sorpresa non proprio gradita. L’antagonista di Woo Chi
è Kim Yoon-seok, giunto alla notorietà con “The Chaser”, che qui
s’impone con un’interpretazione di cupa fisicità ed è degno contraltare
del protagonista. Il lato romantico è invece assicurato da Im Soo-jeong
(Happiness, I’m a Cyborg, but it’s OK”), nel ruolo della donna amata da
Woo Chi, il quale la reincontrerà dopo 500 anni, segretaria personale di
una nota attrice.
La prima metà, ambientata in piena era Chosun, segue fedelmente i canoni
del fantastico, con abbondanza di duelli magici e di combattimenti con
demoni dall’aspetto ben poco minaccioso, somiglianti a ratti o a conigli
fuor di misura.
La seconda parte, ambientata a Seoul, utilizza con grazia i clichè del
viaggio nel tempo. Woo Chi passa dallo spaesamento iniziale di fronte ai
gadget della modernità, cosa che dà l’avvio all’inevitabile serie di
gag, all’apprezzare i vantaggi della caotica società moderna, come si
addice ad un mago più interessato alla fama, al vino e alle bellezze
femminili che a raggiungere l’illuminazione taoista. Irresistibili i tre
imbranatissimi semidei che, immortali per costituzione, si sono
riciclati in varie attività: uno è un homeless che si abbuffa di
antidepressivi, un altro si è riciclato come indovino mentre il terzo è
diventato un prete cattolico. Tra una scena d’azione e l’altra, Choi
trova il tempo di ironizzare sull’ambiente del cinema e sullo
star-system coreano, e decide di ambientare la definitiva resa dei
conti tra Woo Chi e Hwadam su un set cinematografico, che verrà
completamente distrutto con costernazione del povero regista.
Un buon lavoro del comparto tecnico, discreti effetti CGI con buffo
design delle creature e un fin troppo evidente utilizzo del wire work
nelle scene d’azione, coreografate dall’esperto Jung Doo-hong,
completano questa riuscita escursione in un fantasy dai sapori diversi
dal solito. Choi Dong-hoon è un regista giovane, ancora privo di un
tocco personale ma di grande competenza tecnica e sottigliezza, nonché
di successo al botteghino: “Jeon Woo Chi: The Taoist Wizard” è infatti
al terzo posto tra gli incassi del 2009, dopo il catastrofico “Haeundae”
e il celebrativo “Take Off”. Il film è stato acquistato in 13 paesi,
tranne naturalmente l’Italia, e ne verrà tratta una miniserie a fumetti.
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