The Fall
Titolo originale: The Fall
USA, Gran Bretagna, India: 2006. Regia di: Tarsem Singh Genere: Fantasy Durata: 117'
Interpreti: Lee Pace, Catinca Untaru, Justine Waddell, Kim Uylenbroek, Aiden Lithgow, Sean Gilder, Ronald France, Andrew Roussouw, Michael Huff, Grant Swanby
Sito web: www.thefallthemovie.com
Nelle sale dal: In dvd - Inedito
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Denis Zordan
L'aggettivo ideale: Fantasioso
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In un ospedale nei pressi di Los Angeles durante la Grande Guerra, Roy, uno stuntman gravemente infortunato, paralizzato e depresso, prende a raccontare giorno dopo giorno ad Alexandria, una bambina di quattro anni, le storie leggendarie e avventurose dei cinque eroi che combatterono il perfido Governatore Odious.
La fantasia della bimba fa sì che le favolose vicende acquistino un’importanza fuori del comune per entrambi.
Tenuto a battesimo da Spike Jonze e David Fincher (il quale non azzecca un film dai tempi di Se7en, ma ora inopinatamente sguazzerà sotto una pioggia di statuette per il discutibile The Curious Case of Benjamin Button), The Fall è un inno alla fantasia più sbrigliata.
Dopo l’irrisolto e pacchiano The Cell (2000), Tarsem si è preso un lungo periodo di tempo per realizzare un’opera che definire visionaria sarebbe fuorviante.
Perché, e questo è il fatto incredibile per chi vede il film, tutte le numerose locations in cui si svolge l’azione (The Fall è stato girato in quattro anni e in 18 paesi diversi) sono semplicemente reali, niente affatto ricreate al computer. Il regista di alcuni dei videoclip e degli spot pubblicitari più celebrati di sempre ha investito di tasca propria milioni di dollari in qualcosa che sembrerebbe facile definire arty o semplicemente troppo personale per essere comunicato, eppure The Fall cattura l’attenzione fin dalle prime immagini e ci porta tra scenari e paesaggi che, per quanto reali, sembrano del tutto impossibili, vere e proprie frontiere del visivo.
A voler fare le pulci al film, quello che ne esce è un lavoro involuto e di complessa stratificazione, del quale non si può comunque essere pienamente soddisfatti. Il primo serio problema di The Fall sta nella difficoltà di raccordare le sequenze realistiche girate dentro l’ospedale (“Se l’ospedale non funziona, non funzionerà niente” ha lungamente ripetuto il regista alla troupe) con il mondo magico e mitico in cui si svolge la storia dei cinque vendicatori.
Del pari la commozione che scaturisce dal rapporto tra la disperazione esistenziale di Roy e l’innocenza di Alexandria inclina fatalmente verso i buoni sentimenti, mentre le riflessioni sul magico prodursi dell’arte e della meraviglia dal filtro del mondo quotidiano non escono dal già visto. In tal modo, The Fall pare proiettato verso un duplice destino: noioso e pretenzioso per tutti coloro che non abboccano all’esca del cinema di pure immagini, oggetto di culto per gli altri (pochi, a giudicare dal ritardo con cui è stato distribuito negli USA.
Da noi ovviamente non se ne parla nemmeno).
La maggioranza non ha però sempre ragione, per fortuna, e nella storia che si snoda fra deserti incantati, città blu e labirinti inestricabili, è all’opera un’immaginazione che non ha nulla da invidiare a quella di Wizard of Oz, e anzi la supera per magnificenza e grandiosità del sogno infantile.
Condividendo con il film di Fleming almeno l’attenzione verso le sorgenti dell’ispirazione e il richiamo alla responsabilità per il mondo degli adulti, The Fall si potrebbe inquadrare come un tentativo, generoso benché per più versi acerbo, di superare gli stretti confini imposti da un immaginario appiattito e standardizzato: la formazione cosmopolita di Tarsem è in tal senso garanzia di libertà espressiva e di sano meticciato culturale, diversamente da quanto accade in Slumdog Millionaire di Danny Boyle, altro beneficiario dell’Academy, farcito di terzomondismo d’accatto e colonialismo di ritorno. Purché non si pretenda di decifrare le molteplici suggestioni più o meno esoteriche che il film libera (non che siano mancati approcci in questa direzione, ma gli esiti appaiono sterili), The Fall rimane in bilico tra racconto di formazione, romanzo d’avventure, poema visivo e - ma è l’aspetto meno convincente - sperimentalismo narrativo; mentre il suo rifiuto deliberato di rientrare in una di queste categorie lo condanna ad essere un film per tutti che, paradossalmente, non si rivolge a nessuno, nemmeno ai bambini che in un mondo ideale sarebbero i primi destinatari.
Aspirante manifesto contro l’omologazione del fantastico, The Fall è piaciuto ad un critico di lungo corso come Roger Ebert, ma resta da capire se avrà emuli lungo una strada impervia, esattamente opposta a quella che sembra andare per la maggiore nella Hollywood contemporanea, e che ora, con la probabile restaurazione di stampo obamiano (facile capire cosa vuol dire tornare guida del mondo per gli Stati Uniti: e l’ingenuo entusiasmo dei commentatori, anche e soprattutto di sinistra, apre ad un fraintendimento di proporzioni colossali), rischia di diventare sempre di più l’unica via.
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