Titolo: Lights Out - Terrore Nel Buio
Titolo originale: Lights Out
USA 2016 Regia di: David F. Sandberg Genere: Horror Durata: 81'
Interpreti: Teresa Palmer, Maria Bello, Billy Burke, Emily Alyn Lind, Alicia Vela-Bailey, Amiah Miller, Gabriel Bateman, Amiah Miller, Alexander DiPersia
Sito web ufficiale: www.lightsoutmovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 04/08/2016
Voto: 6,5
Recensione di: Davide Sorghini
L'aggettivo ideale: Buona la prima....
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Costato poco più di 4 milioni e riuscito ad incassarne oltre 20 al debutto negli Usa, Lights Out - Terrore nel Buio arriva ad impreziosire un'estate italiana povera di titoli. Mai tanto horror come in questa stagione, tra splendori del passato (It Follows) e novità più o meno attese (Cell, The Conjuring 2, The Witch) ce n'è per tutti i gusti
A dirigere il tutto il 35enne David F. Sandberg, regista svedese che ha preso un suo corto del 2013, Lights Out per l'appunto, e l'ha tramutato in lungometraggio.
Dai 3 minuti di un tempo siamo quindi passato agli 80 di oggi, per una pellicola che riporterà a galla l'inaffondabile leggenda dell'uomo nero, già fatto tornare in voga due anni fa dall'australiana Jennifer Kent con l'acclamato Babadook. In cabina di produzione James Wan, padre di Saw, Insidious e de l'Evocazione, per un'opera che sfrutta la più semplice delle verità orrorifiche, ovvero l'innata paura del buio che almeno una volta nella vita ha coinvolto tutti noi.
Protagonista della semplice ma intrigante trama una famiglia divisa, mamma, figlia e figlio, falcidiata dai lutti e sfiancata da un passato che proprio non vuole farsi dimenticare.
Quando in casa si spengono le luci, infatti, una terrificante e misteriosa figura si fa largo, con il piccolo Martin costretto a dover gestire le sue apparizioni una volta morto il padre.
Eventi inspiegabili che la sorella maggiore Rebecca aveva già vissuto in tenera età, tanto dall'abbandonare sua madre alla propria pazzia. Perché questa pericolosa entità, che delle debolezze altrui si ciba, è proprio a lei legata, a mamma Sophia, tanto dall'esser pronta a tutto pur di non perderla. Di nuovo...
Oltre 100 milioni di visualizzazioni. Con il proprio corto girato in Svezia, Sandberg è arrivato fino ad Hollywood, provando ad ampliare quell'inquietante scena di pochi minuti con una storia in grado di resistere al peso di un lungometraggio e ovviamente di rispondere al quesito che a lungo i suoi fan Internet si sono posti: chi è quella donna che 'vive' nel buio, da dove viene e cosa vuole? E' così nato un esordio cinematografico che paga indubbiamente lo scotto di uno script onestamente gracile (firmato Eric Heisserer, sceneggiatore di Final Destination 5 e dei remake de la Casa e di Nightmare), con personaggi flebili e dialoghi particolarmente poveri, ma dalla tensione ben orchestrata e dallo spavento facile.
Perché Sandberg sfrutta l'oscurità, seminando il suo 'mostro' in ogni angolo e anfratto poco illuminato. Non c'è mai da star tranquilli, soprattutto una volta calate le tenebre, perché basta una lampadina fulminata, un corto circuito o una fiamma morente per far comparire lei. Diana.
Impossibile non pensare alla Samara di The Ring, tanto nel look da 'bimba' quanto nel suo passato fatto di incomprensioni, problemi fisici, disumanità altrui e solitudine, per uno spaventoso personaggio che entra di diritto nell'affollata galleria dei riusciti 'volti' horror degli ultimi anni. Compito fondamentale quello affidato al direttore della fotografia Marc Spicer, chiamato a sfruttare luci e ombre per suscitare ansie e paure, con Sandberg purtroppo incapace di gestire pienamente le provocanti premesse, in vistoso calo ad ogni interruttore che si accende.
Tornati alla luce, infatti, Lights Out perde mordente, limitandosi di fatto al doveroso compitino di 'spiegare' chi sia Diana e cosa c'entri con la famiglia di Rebecca, interpretata dalla bellissima Teresa Palmer, e Martin, ovvero il bimbo prodigio Gabriel Bateman, ormai abbonato al genere dopo aver girato anche Annabelle. Ad indossare gli abiti della mama pazza una poco sfruttata e anche molto poco sfaccettata Maria Bello, con l'aitante Alexander DiPersia negli abiti del fidanzato 'zerbino' della Palmer.
Spaventi e salti dalla sedia a buon mercato, quelli seminati in lungo e in largo dal regista svedese, resi comunque vincenti grazie anche alla saggia decisione di affidarsi al trucco, prostetica e illuminazione per rendere tanto credibile Diana, scampata così alle facili grinfie della CG.
Distrutta una famiglia, di fatto implosa proprio a causa di questa angosciante creatura, Sandberg ha pensato di riunirla sotto i temi dell'affetto materno e dei sensi di colpa, sviscerando verità passate il più delle volte inconsistenti. Soppesati con sapienza i toni, perché si sorride anche dinanzi a momenti più surreali e ironici tipici del genere, Sandberg ha così finito per convincere a metà, spengendo e accendendo a intermittenza la luce dello spavento cinematografico. Ma da esordiente, va detto, si è già concesso un'abbagliante paura ancestrale come Diana. Che non è poca cosa...
Trailer
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