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Sinister 2 PDF Stampa E-mail
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Scritto da Luca Orsatti   
mercoledì 02 settembre 2015

Titolo: Sinister 2
Titolo originale: Sinister 2
USA 2015 Regia di: Ciarán Foy Genere: Horror Durata: 97'
Interpreti: James Ransone, Shannyn Sossamon, Lea Coco, Robert Daniel Sloan, Dartanian Sloan, Nicholas King, Tate Ellington, Lucas Jade Zumann, Caden M. Fritz, Jaden Klein, Olivia Rainey, Laila Haley
Sito web ufficiale: www.sinistermovie.com
Sito web italiano: www.midnightfactory.it/film/sinister-2
Nelle sale dal: 03/09/2015
Voto: 6
Recensione di: Luca Orsatti
L'aggettivo ideale: Tiepido
Scarica il Pressbook del film
Sinister 2 su Facebook

sinister2_leggero.pngDi Sinister 2 se ne sentirà parlare come l’ennesimo sequel di cui non avevamo bisogno.
Ed effettivamente va detto, senza girarci troppo intorno, che del primo, meritevole capitolo c’è poco. Resta da chiedersi: è un male? Sinister rientra nel novero dei migliori horror degli ultimi anni, anche perché atipico, con quel suo rimestare (e bene) nel cosiddetto «metacinema», accontentando anche chi ama questo genere non solo di pancia.
Posto che il primo non abbia bisogno del secondo, né di un terzo, un quarto e così via, bisogna venire a patti con la realtà ed accettare che altri ce ne sono e ce ne saranno (sì, ovviamente alla fine di questo viene lasciato intendere che Sinister 3 si farà).
Cosa aspettarsi allora? Di certo che non si proceda con la medesima formula, ma che al tempo stesso si cerchi di rimanere fedeli ad un universo che, vero, non era comunque alla disperata ricerca di integrazioni. L’ingrediente base è lì: una serie di filmini famigliari girati con una cinepresa 8mm, mostranti alcune esecuzioni ad opera di altrettanti ragazzini. Partendo da questo ci si costruisce sopra tutt’altro.

Il vicesceriffo del primo Sinister, ora investigatore privato, sta indagando in proprio su Bughuul, questa immaginifica entità che va “reclutando” bambini affinché compiano delle stragi in famiglia. Nessun movente, né alcuna altra pista relativa alla sua origine nemmeno in questo seguito. L’oramai investigatore riesce a scoprire quale sarà la prossima famiglia alla cui porta busserà Bughuul, decidendo di intervenire. Si tratta di una fattoria accanto ad una vecchia chiesa, dove anni addietro è avvenuto un altro misfatto.
Nella casa abita Courtney con i suoi due figli, Dylan e Zach. Insieme si stanno nascondendo dal marito violento, nonché ammanicato a tal punto che è in grado sottrarre la prole alla moglie.
Ad ogni modo, uno dei due ragazzini comincia a ricevere delle visite; sono dei coetanei che stanno predisponendo il tutto per il prossimo omicidio di gruppo.
Può senz’altro lasciare tiepidi, se non addirittura contrariati, il fatto che Sinister 2 sia oltremodo prevedibile.
Nessun capovolgimento dall’inizio alla fine, sebbene ad un certo punto si provi timidamente a giocare coi due fratelli, ma i più smaliziati a quel punto hanno già capito da un po’. In più, parliamo di un horror di gran lunga meno sofisticato del primo, basato per lo più sull’effetto «salto dalla sedia», a cui effettivamente Sinister 2 delega parecchio.
Ciononostante in una certa qual misura l’ingranaggio funziona, ma c’è un “però”: la visione del primo è pressoché obbligata. Non tanto a fini narrativi, ché in tal senso la trama, salvo qualche appiglio sostanziale, la si segue senza particolari complicazioni. No, dove ci si potrebbe arenare è nello sbarcare su queste rive totalmente impreparati, all’oscuro della terra in cui si è messo piede per la prima volta.

E chi scrive, sinceramente, trova quest’aspetto lusinghiero per un film che, confezione a parte, di suo appare modesto; mentre inserito in un contesto più ampio ha un suo perché. Riuscire a conferire una reale continuità alle opere precedenti rappresenta uno dei compiti ai quali si assolve meno in quest’epoca di prequel e sequel. Al di là dei giudizi sul fenomeno in sé, che lasciano il tempo che trovano, mi pare che non si sia ragionato abbastanza su questo tema specifico. Sinister 2, lungi dall’essere un horror di sostanza, di quelli che resteranno per i posteri, ha altresì il merito di gettare benzina sul fuoco in tal senso.
Il che effettivamente stupisce, dato che con questo nuovo capitolo si opta per l’espungere, o quantomeno ridimensionare significativamente, una delle componenti pregnanti di Sinister, ossia la già citata sofisticazione, riscontrabile in certe sue implicazioni di stampo, per così dire, più “intellettuale”. Elemento che affiora nel finale, momento in cui si avverte una velata ironia che per certi versi coglie nel segno (tranquilli, niente spoiler): uno dei personaggi, disperato, si atteggia a regista, ossessionato dal proprio film, dal doverlo portare a termine e renderlo il migliore. Ne viene fuori un discorso in cui il soprannaturale c’è ma a conti fatti è stemperato dal continuo sottoporci alla “tortura” del guardare coatto, invettiva che trascende il cinema, situandosi su un livello decisamente più ampio e generale.

Implicitamente, perciò, Sinister 2 sembra contemplare nel suo stesso svolgimento la risposta alla domanda: cosa succede quando ai nostri occhi ogni cosa diventa accessibile, senza alcun limite o restrizione? La risposta pare essere per l’appunto contenuta nel film medesimo, che non a caso, aprendosi e mostrandosi dall’inizio alla fine, spaventa poco ed inquieta ancor meno. Peccati gravi per un horror, si dirà; forse, ma non dispiace affatto che attraverso questo genere, per certi versi il più privilegiato nel far emergere quanto c’è di più recondito nell’interiorità dell’uomo, si corra il rischio, magari inconsapevole, di metterci con le spalle al muro e ricordarci quanto rischioso possa essere l’intorpidimento della nostra capacità di vedere, in relazione alla quale il guardare ne è tutt’al più l’anticamera.
Sempre meno rispetto all’intrigante discorso sullo sguardo messo efficacemente sul tavolo dal primo, dove la critica passava sì per il cinema ma come modalità, forma privilegiata, per così dire, per sublimare l’arcano ed inquietante voyeurismo che ci coinvolge tutti. Qui l’argomentare è senz’altro più blando, senza contare certe note umoristiche che riguardano l’ex-vicesceriffo ed un ricercatore, goffi e impacciati in un modo che stona, non importa quanto contenuto.
Ma non è tutto da buttare, anzi. Ciarán Foy, che nel 2012 si mise in mostra col suo Citadel, riesce a tenere in piedi anche una sceneggiatura come questa, meno compatta e arguta rispetto a quella del predecessore. Cosa che emerge a prodotto ultimato, rendendo un più che modesto progetto in un tentativo che merita di essere tenuto in considerazione.

Trailer



 
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