Borderland
Titolo originale: Borderland
USA, Messico: 2007 Regia di: Zev Berman Genere: Horror Durata: 104'
Interpreti: Brian Presley, Martha Higareda, Jake Muxworthy, Rider
Strong, Damián Alcázar, Sean Astin, Marco Bacuzzi, Humberto Busto
Sito web:
Nelle sale dal: 19/06/2009
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Altalenante
Due detective della polizia messicana irrompono in una casa che a prima vista appare vuota.
Sicuramente esiste un motivo per questa incursione,ma, senza che questo venga spiegato,si intuisce subito che fra le pareti della casa si cela un’orribile realtà.
Infatti i due uomini non tardano a trovare prove inquietanti di pratiche esoteriche e resti umani carbonizzati.
Ma il peggio accade quando un gruppo di sadici appartenenti ad una setta che offre sacrifici umani in cambio di un presunto spirito,li sorprende.
Uno dei poliziotti viene sottoposto ad orribili torture,l’altro,ferito,viene costretto ad assistere allo scempio e liberato come monito perché la legge non interferisca con l’organizzazione.
Un anno dopo,tre amici americani pianificano una vacanza in Messico al confine col Texas,all’insegna della dissolutezza. Il disinvolto svago si trasforma ben presto in un incubo:il più giovane dei tre viene rapito dal gruppo dei depravati e anch’egli sottoposto a crudeltà e sevizie.
I due amici si mettono alla sua ricerca e comincerà per loro un viaggio nella paura e nell’orrore.
I fatti narrati in “Borderland” si ispirano,con aspetti romanzati,a un fatto realmente accaduto a Matamoros,Messico,ove un delirante assassino,Adolfo de Jesus(!) Costanzo,fattosi sacerdote di una setta di psicopatici,mescolò traffici di droga con massacri rituali.
Dopo un incipit tutto sommato prevedibile quanto sconvolgente,che innesta il film nel logorato filone di “Hostel”,”Saw”,”Texas Massacre”,”Frontieres”,etc,la narrazione sembra cambiare orientamento ed impostarsi in modalità differente.
Alle immagini di carni devastate segue un disegno assai più prudente e cauto dei contorni dei protagonisti della storia.
Il respiro si fa più aperto e si crea spazio per la conoscenza dei tratti caratteriali dei tre amici che si abbandonano al progetto di passare la frontiera col Messico per dare libero sfogo ai propri istinti.
Il confine tra i due Stati segna il passaggio della naturale dignità umana,del senso di autocontrollo,all’abbandono ai propri istinti,inseguendo la fallace illusione di una luce che di fatto è spenta e che non può che condurre allo smarrimento dell’anima.
Infatti,i tre si dicono felici di fuggire lontano dai giudizi dei meno illuminati,verso una situazione che,se vogliono,li potrà,a loro piacimento,”fare diventare cattivi”.
Ma il passare nel “posto più felice del mondo”,un Paese dei Balocchi dove ogni ritegno è infranto e l’uomo finisce col smarrirsi,avrà un prezzo da pagare.
Il regista prende il suo tempo per affrontare il tema dualistico dell’equazione vitale fra vita e morte,due realtà sempre in agitazione in un compendio di situazioni esistenziali che Berman riassume nella conversazione fra Ed (Brian Presley) e Valeria (Martha Higareda),nel camposanto della città,quando affermano che “la vita,se non vissuta fino in fondo,può essere più triste della morte”.
Risuona una profonda tristezza ed una incurabile solitudine nella distratta asserzione di chi ha smarrito il contatto con la speranza (“Non esiste un solo Dio,ne esistono molti e vivono fra noi”).
Nel pur classico impianto da film horror,Zev Berman riesce a far respirare la trama non soffocandola nella tradizionale scansione di truculenti effettacci gore e predilige un tentativo di messa a fuoco dei protagonisti,le loro posizioni emotive all’interno del gruppo,la risonanza morale delle loro scelte e le conseguenze ultime delle loro azioni.
Dopo la violenza dell’incipit,Berman prepara il film con una certa fluidità,passando tra le luci ed ombre di condizioni opposte:l’evasione verso un’aspirazione dai contorni controversi,(passaggio del confine) ed il suo infrangersi contro la realtà cruda dell’imprevedibile.
L’indagine è fra i confini tra follia e ragione,un’analisi che sbanda ai limiti dell’umano,dove si trova l’annichilimento di una vita senza averne una ragione in cambio.
E’ difficile stigmatizzare “Borderland” a priori,gettandolo nella fornace delle pellicole di genere.
Resta un film con le sue debolezze,ma che urta e ferisce,impone domande ed obbliga a risposte sull’irrazionalità dell’uomo e la sua paura di sé stesso,il suo timore di trovarsi davanti ad una pazzìa indotta,che a sua volta genera odio e violenza,la quale si perpetua nel seme guasto dell’annullamento e dell’oblio.
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