Cabin Fever
Titolo originale: Cabin Fever
USA: 2002. Regia di: Eli Roth
Genere: Horror
Durata: 94'
Interpreti: Rider Strong, Jordan Ladd, James DeBello, Cerina Vincent, Joey Kern, Arie Verveen, Robert Harris, Hal Courtney, Matthew Helms, Richard Boone, Tim Parati, Dalton McGuire, Jana Farmer, Dante Walker, Jeff Rendell
Sito web:
Nelle sale
dal: 05/09/2003
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Francesco Manca
L'aggettivo ideale: Originale
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Cabin Fever su Facebook
Cinque amici decidono di trascorrere insieme una vacanza in una baita sperduta nel bosco.
Quando le cose sembrano andare per il meglio, però, un eremita letteralmente cosparso di pustole sanguinanti si presenta alla loro porta per chiedere aiuto.
La situazione degenera, e i ragazzi sono costretti a dargli fuoco. Ben presto, una di loro contrae lo stesso virus che aveva infettato l’uomo e, per evitare di essere contagiati, gli altri la mettono in isolamento.
A questo punto, la vacanza si trasformerà in una vera e propria lotta per la sopravvivenza poiché il nemico potrebbe nascondersi in ognuno di essi…
Presentato con sorprendente successo al Sundance Film Festival e al Toronto Film Festival del 2002, “Cabin Fever” rappresenta il debutto alla regia di Eli Roth, oggi considerato, insieme a Rob Zombie e Alexandre Aja, uno dei pochi veri eredi del cinema horror ‘old style’, che ha trovato la sua più prospera linfa vitale nei lontani anni ’60 e ’70 grazie a maestri del calibro di Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci.
Roth ha ben fissi in testa questi modelli e si vede, e non è difficile scorgere anche la sua attenzione per la psicologia dei personaggi e per l’uso mai forzato dell’ironia applicato con rigore a diverse sequenze macabre.
Il progetto ha avuto una gestazione che durava addirittura dal 1995, anno in cui il regista, ancora ai tempi del college, si mise a scrivere il copione insieme al compagno di stanza Randy Pearlstein, e il risultato, come abbiamo modo di vedere, è quello di un film horror che oltre ad intrattenere e divertire con una ragguardevole e sana dose di splatter, ci delizia con uno stile registico e di scrittura intelligente ed originale.
Il merito di ciò, probabilmente, non è tutto di Roth ma in buona parte anche del suo produttore esecutivo, un certo David Lynch che ha espressamente chiesto di farsi depennare dai crediti ma che viene ringraziato al termine dei titoli di coda.
Al di là del suo effettivo coinvolgimento nel progetto, è innegabile che molti personaggi e situazioni portino il suo indelebile marchio di fabbrica, come ad esempio il ragazzino dai lunghi capelli biondi seduto sul dondolo, il singolare ed ambiguo poliziotto a cui piace ‘far baldoria’ e, in generale, nell’aspetto psicologico di tutti i personaggi che è tutto il contrario di quel che l’apparenza farebbe supporre.
“Cabin Fever” si può considerare un prodotto riuscito anche e soprattutto perché riesce nel difficile tentativo di mettere in scena situazioni tutto sommato comuni per chiunque abbia visto anche solo alcuni dei teen-horror statunitensi usciti nel decennio appena trascorso rendendole uniche e particolari. Il sangue su pellicola non spaventa più nessuno almeno dai tempi di “Nightmare” (1984) e forse non la fa neanche qui, ma l’effetto da esso provocato non è sconfortante come nella maggior parte degli horror moderni ma è stranamente piacevole ed entusiasmante.
Un altro cliché ricorrente in quasi tutta la filmografia horror è, per fare un altro esempio, il sesso (chi lo fa muore, avete presente?). Se già ci soffermiamo sull’aspetto hot di “Scream” (1996), che, a giudizio di chi scrive, è indubbiamente il miglior teen-horror degli anni ’90 (il 1°, s’intende) e che cito visto che siamo in tema, noteremo che è piuttosto casto e deludente, come lo è ovviamente in tutti gli altri horror che popolano oggi le sale di tutto il mondo. Invece, in questo caso, l’aspetto erotico della vicenda è spudorato e, tanto per rimanere nell’ambito, non usa grandi precauzioni.
Avremo la conferma di ciò anche nella seconda opera di Eli Roth intitolata “Hostel” (2005), grazie alla quale il regista bostoniano si è guadagnato il titolo di creatore di un nuovo sottogenere horror: il ‘torture porn’.
Concludendo, sono felice di affermare che gli aspetti poco convincenti nel film sono veramente pochi, e sembrano ancora meno perché compensati da altri che sono in grado di stupire veramente.
Ottimo il cast, cosa assai rara per un film horror dove i protagonisti sono, il più delle volte, degli emeriti deficienti: Rider Strong è ‘imbranatamente eroico’ quanto basta, James DeBello si conferma un grande in tutto e per tutto (ve lo ricordate il suo ‘Porca Troia!’ in “American Pie”…), Joey Kern è un gran figlio di buona donna ma dispiace comunque per la fine che farà, Jordan Ledd è graziosa e Cerina Vincent è da masturbazione.
Grandiose anche le musiche, caratterizzate da temi plumbei e ossessivi, che portano la firma di Angelo Badalamenti, guarda caso uno degli abitualissimi collaboratori di quel già citato David Lynch.
Dunque, se volete andare in controtendenza distaccandovi da tutta la spazzatura propinataci dall’ultima ondata di cinema horror, correte a recuperarvi questo gioiellino firmato Eli Roth, uno che il cinema horror lo sa fare veramente bene, e se un tale di nome Quentin Tarantino lo ha scelto come suo nuovo beniamino producendogli non una ma ben due pellicole (“Hostel” e seguito), un motivo ci sarà…
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