Con gli occhi dell'assassino
Titolo originale: Los ojos de Julia
Spagna: 2010. Regia di: Guillem Morales
Genere: Horror
Durata: 112'
Interpreti: Belen Rueda, Lluís Homar, Pablo Derqui, Francesc Orella, Joan Dalmau, Julia Gutiérrez Caba, Boris Ruiz, Carlos Fabregas, Òscar Foronda, Víctor Benjumea, Laura Barba, Dani Codina, Hèctor Claramunt, Daniel Grao, Clara Segura
Sito web ufficiale: www.losojosdejulia.es
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 13/05/2011
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Vibrante
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Un frammento del cinema della paura,minuscola scheggia spagnola dell'immensa opera raccolta nella biblioteca dell'orrore che l'industria dello spettacolo frequenta da sempre nelle infinite variabili dell'opportunità.
"Con gli occhi dell'assassino",lavoro di Guillem Morales in una produzione di Guillermo Del Toro,esplora gli abissi delle paure ataviche,ricorrendo ad un cinema virale,un poco demodè ma tagliente e nostalgico di un'era dove era "giallo" toccare corde profonde e visitare bui luoghi dell'anima lasciati in ombra,come solai abbandonati ("Gaslight").
Nel film di Morales si fa spettacolo lo sgomento che ghermisce la radice degli incubi,l'ossessione mai sopita della perdita dei sensi,l'abbandono della luce,il terrore dell'oscurità che invade il mondo di chi perde il dono degli occhi.
Tematica scomoda,per un'industria che,oggi più che mai privilegia proprio quelli per veicolare prodotti in questa epoca destinati ad un utilizzo monosensoriale,cui non si chiede che di essere assimilato meccanicamente ed archiviato o espulso con altrettanta indifferenza.
Per cui nè Hollywood,ne produzioni indipendenti si accollano la briga del rischio,tirando in ballo un argomento inopportuno e sconveniente,perdipiù maldigerito da una platea poco disponibile ad identificarsi con un nonvedente.
Il pubblico inerte ha snobbato - giustamente - sia Rutger Hauer in "Furia cieca" che Val Kilmer in "A prima vista",si è sbottonato con poca convinzione alle fatiche di Sally Field nelle "Stagioni del cuore",ma il cuore ha smesso di battere nelle case della Hepburn negli "Occhi della notte" e della Farrow in "Terrore cieco".
In "Con gli occhi dell'assassino",l'indagine di Morales è rivolta ad una protagonista minacciata dal proprio corpo malato e da un assassino,entrambi nemici invisibili come la notte.
Julia e Sara (Belen Rueda) sono due sorelle gemelle,entrambe vittime di una malattia degeneratrice,che induce alla progressiva perdita della vista,fino alla totale cecità.
Il film apre il dizionario della paura senza indulgere in divagazioni introduttive o performances cultuali e mostra subito come Sara muore assassinata,mentre l'oscurità dei propri occhi e le ombre della cantina nascondono una presenza che la donna avvertiva senza poterla vedere.
Julia,altrove,percepisce che qualcosa di terribile è successo alla sorella e,con il marito Isaac (Lluis Homar - "Gli abbracci spezzati"),ne scopre il corpo appeso ad una corda.
Convinta che non si tratti di suicidio,contrariamente alla opinione della polizia,Julia comincia ad indagare negli ultimi giorni di vita della sorella,scoprendo che un mondo di pericoli e minacce incombono su di lei.
Quando Isaac viene trovato morto nella stessa cantina dove morì Sara,la vista di Julia inizia ad offuscarsi nonostante un intervento chirurgico e la donna dovrà scoprire e difendersi da chi la sta aspettando al buio.
Morales crea una tensione che scaturisce dalle profondità di emozioni sorde e paure antiche,la elabora e tesse un racconto vibrante e intenso,imbastito dagli elementi di un cinema in antitesi alla chiassosa spettacolarità hollywoodiana,preferendo l'analisi all'immagine.
La violenza esiste,ma è maleficio di un morbo nascosto,che scivola nell'ombra di un corpo malato e si fa nemico quanto una misteriosa e malvagia presenza.
In "Negli occhi dell'assassino",il sangue non ha colore ma scorre nel buio degli occhi e la paura si innerva nella luce spenta che invade anima e vita,diventando oblìo ai margini dell'abisso verso cui Julia si dirige.
Scale,stanze vuote,livide inquadrature senza volto,colori spenti e toni desaturati,visioni sinistre,scrosci di pioggia,porte cigolantie ante che sbattono,sono il classico repertorio delle immagini che scandiscono il ritmo di un'incessante inquietudine che si incarna nelle frasi di un racconto teso e tormentato,dove mistero e morte si danno convegno in una danza scossa dai fremiti di uno sgomento oscuro.
Morales tocca corde profonde,frugando con abilità nelle pieghe ferite dall'incertezza,visitando territori di un cinema oggi d'archivio e ricorrendo al linguaggio silenzioso delle immagini per veicolare il sussurro allarmante dello spavento.
Luci che si accendono e si spengono,primi piani di lampade che rifulgono su uno sfondo senza vita,finestre illuminate ritagliate sul nulla,movimenti di ombre,lame di luce che fendono le tenebre,creano la dimensione dell'insicurezza,con l'idioma delle figure e l'espressione dei simboli.
L'intreccio interrelazionale fra i protagonisti è lo sfondo di cui il regista fa uso per risaltare il ruolo dei sensi,veri protagonisti e filo rosso che tesse la consistenza del film in tutta la sua architettura di stati d'animo e sensazioni ("...Chiudi gli occhi,mi puoi vedere? Come fai a sapere che sono qui?". "Perchè ti sento parlare" ... "E se sto zitto?" "Ti posso toccare e sento il tuo odore").
Belen Rueda e Lluis Homar sono il motore forte di un affiatamento competente ed espressivo,lavorando in un tutt'uno di reciproca collaborazione e potente sinergia.
In questa formula di cinema moderato ma intrigante,con citazioni hitchcockiane e tocchi d'Argento,Morales dirige il quadro silenzioso di un cinema della percezione,sofisticato mezzo adduttore di una paura che non è più solo occhi,ma segnale inquieto e psicologico,come un'ombra che afferra lo spirito muovendosi in angoli bui di luoghi ignoti e senza luce.
E il cinema riacquista linguaggio.
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