Drag Me to Hell
Titolo originale: Drag Me to Hell
USA: 2009 Regia di: Sam Raimi Genere: Horror Durata: 99'
Interpreti: Alison Lohman, Justin Long, Adriana Barraza, Lorna Raver,
David Paymer, Dileep Rao, Reggie Lee, Fernanda Romero, Chelcie Ross,
Octavia Spencer, Bojana Novakovic
Sito web: www.dragmetohell.net
Nelle sale dal: 11/09/2009
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Beffardo
Christine Brown (Alison Lohman) lavora in una banca di Los Angeles,come responsabile dei prestiti ed è felicemente fidanzata con il giovane professore Clay Dalton (Justin Long).
Una mattina una vecchia zingara,la signora Ganush (Lorna Raver),si presenta in banca e chiede a Christine la proroga del prestito per il mutuo della sua casa.
Christine è combattuta tra dare il benestare alla concessione e la sua ambizione che la porta a desiderare di coprire una posizione migliore nell'organico della banca.
Per fare questo,deve apparire decisa e determinata nell'esecuzione dei suoi doveri e quindi,per apparire davanti al suo capo,decide di negare alla donna la proroga.
Ogni supplica della vecchia è inutile e questa,sentitasi profondamente umiliata,invoca una maledizione del demone Lamia nei confronti di Christine,la cui vita si trasforma in un vero e proprio inferno.
La donna avrà solo tre giorni di tempo per sconfiggere lo spirito malvagio,dopo di che se non riuscirà nell'intento,verrà trascinata all'inferno dal demone.
A sedici anni da "L'armata delle tenebre",terzo appuntamento con la serie "Evil Dead" e a nove dallo splendido thriller esoterico "The Gift",Sam Raimi fa ritorno alla sua materia d'esordio,l'horror e lo fa traghettando con uno sguardo sardonico il pubblico,perlopiù adolescenziale,in un inferno dai tratti alquanto pittoreschi.
Raimi racconta questa storia imbastita con geniale fantasia prendendo spunto dai normali eventi di tutti i giorni,dove si incontrano amore,l'ordinario lavoro di impiegati di banca,l'ambizione,ma anche il mistero e la paura.
Il regista,a modo suo,innerva in questo scenario una morale in chiave divertita ma non troppo ed un contorno etico che però corrono il rischio di essere inghiottiti da una spettacolarità che rasenta l'eccesso.
Il regista punta la sua attenzione sul tema della "casa",l'elemento centrale del suo primo feature movie di successo e ci ricama sopra i termini di una scommessa con l'abisso.
L'antipatica Christine disegna fin dalle sequenze in apertura i tratti del suo carattere.
Ambiziosa ed invidiosa,preda della smania di arrivismo,si dibatte in uno stato di frustrazione esistenziale,non esitando a ricorrere alla sfrontatezza nel tentativo di raggiungere il suo traguardo professionale.
La sua prima sfida è quella con il direttore di banca che la donna decide di affrontare per inoltrare un sollecito per la sua promozione.
Alla delusione derivante dalla risposta,segue uno stato di conflitto con il suo collega d'ufficio,che il direttore sembra preferirle e con cui non esita a misurarsi in una odiosa competizione.
Ma la sfida più grande che la donna si trova a far fronte è quella con sè stessa,quando si trova nella situazione di verificare la sua integrità morale davanti al bisogno di aiuto da parte di una vecchia zingara venuta a chiedere una proroga del prestito per il mutuo della sua casa.
Interrogato a proposito il direttore sul da farsi,il suo "decida lei"mette l'ambizione della debole donna in posizione prioritaria rispetto all'attenzione per il lato umano e Christine cade nella trappola dell'Avversario.
Negando alla vecchia il rinnovo,la protagonista entra in un incubo che non è altro che una prefigurazione della sua vanità ed il prezzo che si vede costretta a pagare è il prezzo della cupidigia.
La maledizione di cui è fatta oggetto la trascina nel profondo della sua coscienza,macchiata dall'insidia del più antico peccato dell'uomo,l'orgoglio.
Christine vive fluttuando in un costante stato di accidia e di indifferenza verso le realtà umane a lei estranee.
Il sua diniego alla richiesta di aiuto è la conferma del suo atteggiamento di propensione ai propri interessi e,chiudendo gli occhi alle necessità della zingara,nel film portatrice di malvagità e vendetta,di fatto la protagonista conferma che il male tende sempre a dilatarsi e ad alimentarsi di sè stesso,per cui ,come davanti ad una immagine allo specchio,si troverà ad affrontare le conseguenze di una azione crudele ed egoista,per la quale dovrà pagare.
Raimi conduce questo scontro fra ragione e magia con gli ingredienti classici del suo pastiche slapstick,fitto di truculenti stravaganze che a volte occhieggiano sornione i tratti Argentei dell'horror nostrano firmato Dario,con una passerella di mostri,demoni caprini,posseduti,in un amalgama di vomiti,fluidi fisiologici e sostanze in decomposizione.
Il tutto è accuratamento confezionato per il morboso e controverso divertimento del (giovane) spettatore,che metabolizza istantaneamente la prima intenzione del regista,teso ad impartire una lezione morale con figurine burlesche e bizzarre.
Impossibile astenersi dalle risate,fra un salto e l'altro sulla sedia,ottenuti,questi ultimi,con i mezzi più tradizionali messi a disposizione dagli stereotipi spettacolaristici del cine-baraccone.
Superata la perplessità iniziale,lo spettatore è condotto in un grottesco tunnel degli orrori,fra cimiteri e vecchie case vittoriane infestate da spiriti immondi,a metà strada tra un parco Disney e le scenografie di Ed Wood,ove aleggiano fantasmi da manuale,posseduti volanti,diavoli cornuti e tradizionali raffigurazioni demoniache,come le mosche di Beelzebul,principe delle tenebre e delle mosche.
Il film,che aspira ad inviluppare le tradizioni occidentali ai movimenti socio popolari dell'Europa orientale,si prefigge di mettere in risalto l'aspetto contratto di una etica umana e professionale - entrambi i colleghi dell'ufficio di banca ne escono sconfitti - ed inserisce tra le righe una denuncia alla perversa strategia della struttura bancaria,come sede di un'insidia che minaccia l'uomo nei suoi atteggiamenti verso il prossimo quando messo a contatto con Mammona.
Purtroppo però questi segnali sbiadiscono in sequenze troppo lunghe e formali,a volte ripetitive e pedanti e,anzichè prolungare la tensione,inducono a svogliatezza e predispongono all'insofferenza verso l'eccesso,seppure ilare.
Le allegorie d'impegno e i sottotesti della sceneggiatura stesa a quattro mani dai fratelli Sam e Ivan Raimi,si appannano in una spassosa filastrocca faticosamente recitata da una slavata Alison Lohman ("Beowulf","The Big White","Big Fish"),incapace di dare giusto corpo ad una trama che richiede personalità e passione.
La narrazione è fortemente venata da uno tagliente spirito di comicità,dilagante ed irresistibile,ma che purtroppo non è sufficiente a conferire il giusto ritmo ad una storia che a lungo andare tende a smarrirsi in modelli deja vu,pur negli effetti scenici da manifestazione circense.
Raimi si è preso una vacanza tra le megaproduzioni dei Comic Movies dei tre Spiderman e la preproduzione del quarto episodio ed elabora un progetto vecchio di otto anni.
Il suo è un horror beffardo,attesissimo dai fans del regista,della sua trucida comicità e del suo culto dell'incubo barocco e grottesco.
Un inferno giocattolo dunque,questo di Raimi,dove la tensione drammatica si stempra in una girandola di fuochi d'artificio altamente spettacolari e i colori del buon umore,messi a disposizione per chi decidesse di partecipare con allegria a questo gioco faceto tra umorismo e bizzarra repulsione.
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