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Frontiers - Ai confini dell'inferno PDF Stampa E-mail
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Scritto da Dario Carta   
mercoledì 05 novembre 2008

Frontiers - Ai confini dell'inferno ("Vincitore del Ravenna nightmare film fest")
Titolo originale: Frontiere(s)
Francia: 2008. Regia di: Xavier Gens Genere: Horror Durata: 108'
Interpreti: Karina Testa, Aurélien Wiik, Patrick Ligardes, David Saracino, Maud Forget, Samuel Le Bihan, Chems Dahmani, Amélie Daure, Estelle Lefébure, Rosine Favey, Adel Bencherif, Joël Lefrançois, Hervé Berty
Sito web: www.frontieres-lefilm.com
Nelle sale dal: 07/11/2008
Voto: 5,5
Trailer
Recensione di: Dario Carta

frontieres_leggero.jpegNel corso di una dimostrazione studentesca,che trova duro urto con la polizia,un gruppo di ragazzi francesi militanti di una sinistra in forte opposizione,fugge dallo scontro e cerca scampo allontanandosi dalla città,verso il confine con il Belgio.
Nelle campagne deserte,i quattro si imbattono in un lugubre ostello e decidono di fermarvisi.
Le persone che gestiscono il piccolo albergo,non tardano a manifestare il loro comportamento,dapprima sordido ed ambiguo,in seguito segnato da una folla violenza omicida.
Si fa la conoscenza di una famiglia dall' oscuro profilo di alienata demenza:due fratelli, che il seguito chiarirà, non dimostrano esserne felici,due sorelle dal comportamento viziosamente morboso ed una ragazza che agisce e parla come fosse rimasta fanciulla.
Quando in scena entra "il padre",un mummificato gerarca nazista reduce da una farneticante ideologia cui resta aggrappato nel rigor mortis dei suoi vaneggianti princìpi,la tragedia ha già avuto il suo inizio ed il sangue scorre a fiotti,inondando la scena di immagini galvanizzanti.
La vicenda è tutta qui,ovvero un inviluppo di "Non aprite quella porta",la saga dei "Saw","Il collezionista di occhi","Hostel","Le colline hanno gli occhi",più quanto resta.

Nell'isolamento che si prevede d'obbligo per una struttura narrativa il cui scopo è angosciare,si matura una tragedia portata a compimento da quanto di peggio una mente possa concepire.
Fin dall'incipit,il film assale lo spettatore,con rapidissime immagini scattanti in ravvicinatissimi campi-sequenza che non danno spazio ad errori di prospettiva su come si deve inquadrare la pellicola.
In uno scenario rivestito da colori bui,lividi,viranti al verde e saturati da impressioni di luci ed ombre come inquietanti paramenti,si muove la delirante follia che si articola,come una marionetta senza vita,in un bagno di sangue che annega qualsiasi anelito alla luce.
Ogni aspetto appare lurido,spento,morto,opportunamente inscenato in un ambiente pronto ad accogliere la morte nella sua estrema dimensione.
La scena che vede due dei personaggi in fuga attraverso uno stretto e claustrofobico cunicolo, che la ripresa di fronte richiama l'uscita dall'utero verso la vita,ovvero la liberazione,volge all'antitesi dell'aspettativa e palesa il contorno della morte in attesa,come un sudario che copre un corpo senza vita.
E',d'altra parte doveroso accettare l'affermazione del regista Xavier Gens,che conferma questa scena come un tributo a "The Descent - Discesa nelle tenebre",di Neil Marshall.

In un'intenzionale raccolta di citazioni e riferimenti,Gens ambienta questa vicenda badando bene ad evidenziare la sua ferma intenzione di "rispettare un crescendo costante fino a che non si raggiunge un climax stupefacente".
Il regista riesce nel suo intento e il racconto è animato da un frenetico e concitato susseguirsi di fatti narrati a ritmo serratissimo e il gradiente dell'orrore si inpenna,con il paradossale precipitare senza freno delle sensazioni nel baratro dell'annullamento.
Ogni immagine è proposta con il preciso intento di scavare,nello sconforto dello spettatore,il senso del più profondo disgusto.
Si vede,allora,come perfino la scena del tentativo di fuga dal recinto dei maiali,sia inquinata dal nauseante dibattersi nei liquami del letame degli animali,come una libertà che annega nel rifiuto. Gens grida la sua intenzione di proporre al cinema francese la sua versione brutale,cruda,senza compromessi o mezzi termini,della tradizione gore americana,pur sapendo che,dove semina,il terreno non regala coraggio.
Afferma,Gens,di aver voluto "fare una sorta di Un tranquillo week end di paura alla francese",ma il paragone appare azzardato ed ardito in termini e valenze.
Sia concesso,a beneficio del fan curioso,indagatore di indizi,ricercare nel film,a stessa ammissione del regista, ammiccamenti a "La mosca",di Cronenberg,o "Robocop",di Verhoeven,o,ancora,a "Misery non deve morire",di Rob Reiner,o "Aliens",di James Cameron,al "Patto coi lupi".
Va benissimo stringere la mano a Rob Zombie,("La casa dei 1000 corpi","Halloween - The Beninning"),ed a Wes Craven,("Red Eye,"Cursed","Scream(s)",il bellissimo "Il serpente e l'arcobaleno"),ma non appare opportuno ergersi paladini ad oltranza nell'attribuire meriti di natura stiracchiata.
La pellicola presenta il merito di accompagnare lo spettatore in un viaggio a precipizio nella bolgia dell'orrore senza limiti,in un costrutto che ,a ben cercare,differisce dai procedimenti stilistici dello splatter di ordinario consumo,ma lascia in sospeso la perplessità sul fino a dove tali estremi possano estendersi.
Ma tutto questo sangue,che sfonda i margini dell'alveo dove scorre ed inonda la platea,è in grado di offrire emozione e vibrante angustia in egual misura alla sua quantità,o ne ruba lo spazio,lasciandolo solo per sè stesso?

 
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