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Frontiers - Ai confini dell'inferno PDF Stampa E-mail
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Scritto da Denis Zordan   
lunedì 03 novembre 2008

Frontiers - Ai confini dell'inferno ("Vincitore del Ravenna nightmare film fest")
Titolo originale: Frontiere(s)
Francia: 2008. Regia di: Xavier Gens Genere: Horror Durata: 108'
Interpreti: Karina Testa, Aurélien Wiik, Patrick Ligardes, David Saracino, Maud Forget, Samuel Le Bihan, Chems Dahmani, Amélie Daure, Estelle Lefébure, Rosine Favey, Adel Bencherif, Joël Lefrançois, Hervé Berty
Sito web: www.frontieres-lefilm.com
Nelle sale dal: 07/11/2008
Voto: 4
Trailer
Recensione di: Denis Zordan

frontieres_leggero.jpegNon basta mostrare scontri politici a sfondo razziale, o fare “nera” (di sangue e di merda) Karina Testa, per occhieggiare seriamente a Salò; così come non è sufficiente dipingere con mano trucidissima l’ennesima famiglia di pazzi omicidi e cannibali, appendendo i cadaveri nella solita macelleria improvvisata, per riscrivere all’europea The Texas Chainsaw Massacre, già omaggiato senza forza dalle riletture cool degli ultimi anni.

So di essere in nettissima minoranza (anche se in ottima compagnia) tra gli appassionati dell’horror, però quando l’altra sera a Ravenna ho sentito Deodato (Ruggero, tu quoque?) proclamare Frontière(s) film vincitore del concorso, ho avuto un moto di stizza: questo lavoro d’esordio di Xavier Gens si sta conquistando una fama del tutto immeritata.
E in Italia, dove esce con ritardo imbarazzante, potrebbe persino diventare un testo di riferimento per la critica e, ahinoi, per qualche sconsiderato regista alle prime armi.

Rischierò la scomunica dai patiti del “purché sia splatter”, ma ritengo che Frontière(s) sia un pessimo film, degno campione di una pretestuosa nouvelle vague dell’horror francese (forse sarebbe meglio dire francofona, comprendendo anche Calvaire del belga Fabrice du Welz: il quale, da parte sua, ha ugualmente deluso all’opera seconda con il pallido Vinyan visto a Venezia).
È innanzi tutto una questione, sarà passatista dirlo, di morale dello sguardo: quante delle atrocità copiosamente esibite da Gens servono veramente ad inquietare e non, piuttosto, a mostrare più di tutti, più di tutto il cinema contemporaneo, neanche dovessimo stabilire il nuovo record mondiale di truculenze assortite?
A mancare, a questo Frontière(s), è proprio l’inquietudine, fin dai primi minuti di film.
Il sottotesto degli scontri parigini (utilizzato in modo davvero scadente) non ha che una labile connessione col resto della storia, e serve soprattutto al regista per acquisire alla sua opera una patente d’autore.
Così come il bambino che la Testa porta in grembo è solo ulteriore carne buttata sul fuoco senza riflettere a fondo e seriamente sulle implicazioni. Gens non è mai modesto e dimostra per ogni dove le sue altissime aspirazioni autoriali. Quando il ridicolo pater familias nazista sciorina le sue prevedibili – e ormai banalissime – battute, è ormai evidente che si va verso il più totale, e letterale, bagno di sangue.

La protagonista che si nasconde tra le salme appese in macelleria, che dire? non è più nemmeno citazionismo, ma lungaggine (il film dura la bellezza di 108 minuti, che sembrano eterni), anche se, va ammesso, quando Samuel Le Bihan ci lascia le penne sulla sega, un moto di compiacimento gore il cinefilo horror lo può provare.
È però solo un lampo dentro un’opera che tradisce presunzione ad ogni fotogramma: laddove Pasolini e Hooper avevano il coraggio di essere davvero estremi e sgradevoli, Gens è solo ambizioso ed esibizionista.
E se il suo film finisce in un massacro, è più per convenzione narrativa che per autentico pessimismo.
Non sarà certo un Frontière(s) qualsiasi a raccontarci l’orrore dell’Europa che non si scolla dal suo passato nero: di questo si può essere ragionevolmente certi. E quindi, per favore, lasciamo stare Salò e Non Aprite Quella Porta, che hanno segnato un’epoca, e che avevano ben altre carte da giocarsi.

 
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