La casa dalle finestre che ridono
Titolo originale: La casa dalle finestre che ridono
Italia: 1976. Regia di: Pupi Avati Genere: Horror Durata: 110'
Interpreti: Gianni Cavina, Lino Capolicchio, Giulio Pizzirani, Francesca Marciano, Bob Tonelli, Pina Borione, Eugene Walter, Pietro Brambilla
Sito web:
Nelle sale dal: 1977
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Francesco Manca
Pupi Avati ha dimostrato, durante la sua lunga ed intensa carriera registica, di essere un cineasta a cui piace molto variare, esplorare nuove strade, scoprire nuovi metodi di comunicazione, e con “La casa dalle finestre che ridono”, suo terzo film “di genere” risalente al 1976 (preceduto da “Balsamus – L’uomo di Satana” (1968) e “Thomas - Gli indemoniati” (1969)) lo conferma definitivamente.
“La casa dalle finestre che ridono” si avvale di una sceneggiatura scritta a otto mani dallo stesso Avati in collaborazione con il fratello Antonio, Gianni Cavina (che nel film interpreta il personaggio di “Coppola”) e Maurizio Costanzo strutturata in modo non proprio impeccabile ma sicuramente originale, infatti, la pellicola del regista emiliano, pur non riuscendo a nascondere alcune analogie con gli esordi Argentiani, si differenzia da molte altre per un uso della suspence e della tensione al quanto insolito e in parecchi tratti efficace, a cui difficilmente, nei periodi successivi, abbiamo avuto modo di assistere nuovamente.
La prima parte del film si svolge molto lentamente, senza che accada quasi nulla, caratterizzata spesso da un ritmo piuttosto fastidioso; in questa prima frazione ci viene presentata la figura portante della trama, ovvero, Stefano (un ottimo Lino Capolicchio), un giovane restauratore che viene incaricato per “ridare vita” ad un dipinto raffigurante il Martirio di San Sebastiano che porta la firma di un misterioso pittore di nome Buono Legnani, apparentemente morto suicida anni prima.
Qualcuno, però, è contrario al fatto che Stefano metta mano su quel dipinto, infatti, il giovane inizia a ricevere strane telefonate che gli intimano di lasciare perdere e di tornarsene a casa. Cosa si cela dietro quell’affresco? Molte persone che potrebbero aver scoperto la verità vengono brutalmente ed inspiegabilmente uccise, finchè, anche lo stesso Stefano, verrà a conoscenza del macabro mistero di quel dipinto…
Avati tratteggia con notevole disinvoltura un mistery-movie in piena regola che ben presto è divenuto un Cult.
L’aspetto che più colpisce in questa sua opera è senza dubbio la suggestiva ed inquietante rappresentazione della bassa padana romagnola, in cui la tranquillità e la pace vengono letteralmente spezzate dal sangue e dai vari delitti che si susseguono nella pellicola.
Non è certo da sottovalutare anche l’eccellente uso delle musiche ad opera di Amedeo Tommasi, che si abbinano perfettamente all’atmosfera cupa e malvagia che regna nel film, ed è questo il principale motivo per cui la prima parte, anche se priva di particolari colpi di scena, risulta comunque riuscita e ben organizzata, cui si affianca una seconda frazione colma di pathos e tensione, consolidata inoltre da una buonissima fotografia che richiama molto l’arte gotica del ‘300.
I giusti elogi vanno anche al cast, composto oltre che dai già citati Capolicchio e Cavina, anche dalla brava Francesca Marciano, all’epoca solo 21enne, e dagli ottimi Pietro Brambilla, Pina Borione e Eugene Walter nel ruolo del prete.
Ad una storia, come detto, più che convincente, è senz’altro da sottolineare un finale pirotecnico ed inaspettato, che rimarrà per sempre nell’immaginario di tutti gli spettatori che hanno avuto modo di vedere la pellicola di Avati e ovviamente nella storia del genere Horror.
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