Titolo: La stirpe del male
Titolo originale: Devil's Due
USA: 2014. Regia di: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett Genere: Horror Durata: 98'
Interpreti: Allison Miller, Zach Gilford, Sam Anderson, Roger Payano, Vanessa Ray, Bill Martin Williams, Geraldine Singer, Julia Denton
Sito web ufficiale: www.devilsduemovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 08/05/2014
Voto: 4
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Sconfortante
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Scontato già nella sua rititolazione italiana,”Devil’s Due” (“La stirpe del male”),dei registi in coppia Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett,è l’ennesimo sottoprodotto svogliato di un cinema riconducibile alla noia e alla stanchezza per una corrente di spettacolo ormai esaurita.
Dopo aver segnato una parentesi alternativa nel territorio perlopiù horror condotto dalla regia tradizionale,il Found Footage oggi è il segnale allarmante di un inciampo di un cinema che annaspa nel vuoto delle idee.
Assemblato alla bell’e meglio raccogliendo elementi polverosi e consunti dai titoli del vocabolario di genere,”La stirpe del Male” è l’esaltazione della fiacchezza e dell’inerzia generate in un lavoro dozzinale e casareccio,svuotato da ogni sospetto di originalità.
Zach (Zach Gilford – F. F. anche nella nomina dei protagonisti?-) e Samantha (Allison Miller),novelli sposi,decidono di passare la luna di miele a Santo Domingo.
L’ultima notte del loro soggiorno i due smarriscono la strada ed accettano un passaggio da un provvidenziale tassista che si offre di condurli gratuitamente ad una festa underground nella periferia della città.
Dopo una notte di cui appena conserva il ricordo,la coppia torna a casa,dove Samantha si accorge di essere incinta, il che sorprende i coniugi,che hanno sempre fatto ricorso ai contraccettivi.
Ma le stranezze si ripetono sempre più numerose e il comportamento di Samantha si fa sempre più aggressivo.
Il diavolo reclama il suo diritto.
La noia salta subito in prima fila generando tutta una serie di sensazioni fastidiose che invadono lo spettatore messo di fronte alle ripetizioni del già visto.
Tutto quanto viene offerto da “Devil’s Due” è logoro e consunto fin dalla citazione biblica impiantata nei titoli di testa,in un incipit da consuetudine,trita anticipazione di una paura che non arriverà mai per tutta la durata di un film composto da un abuso di convenzioni e facezie della formula economica del cinema che si dimentica.
L’introduzione è da copione:la rituale ambientazione famigliare,la fotografia sociale di un nucleo in festa (cfr. “Rec”),il matrimonio,la festa,i commenti fuori campo,le danze,la musica e l’occhio eterno della telecamera traballante e pretestuale alla presentazione di una storia trafitta dai mille deja-vu.
L’uggioso ripresentarsi di situazioni,frangenti,circostanze ed episodi predigeriti affligge la narrazione asmatica che non lascia spazio per le ipotesi ,perché tutto è già stato fatto,tutto è già stato visto,tutto è già stato fatto passare al macero delle idee avvizzite.
Non è accettabile alcun riferimento a cinema di altro lignaggio,perché “Rosemary’s Baby” non parla lo stesso linguaggio,nonostante l’argomento trattato.
“Devil’s Due” sguazza nei territori di “Omen”,”Il Presagio”,”Insidious”,”Case 39”,dove arraffa quanto riesce per comporre il muffo con la noia.
L’irritante assemblamento di spezzoni posticci cuciti alla rinfusa,con il procedere della narrazione perde ogni senso logico ed arriva a non spiegare più chi sia l’autore del girato o chi abbia effettuato un presunto montaggio delle riprese,quando queste sembrino appartenere a supermarket o parcheggi e non plausibilmente ad uno dei protagonisti.
L’idea di confezionare un lavoro di cinema ricorrendo alla soggettiva e al finto documentario realizzato in modalità dilettantistica è il veicolo superato di uno spettacolo che dovrebbe voltare pagina e procedere oltre,per lasciarsi alle spalle l’identità anonima di un cinema che non ha più nulla da suggerire,se non la sorpresa che segue all’insistenza.
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