Titolo: Oscure Presenze
Titolo originale: Dark Skies
USA: 2013. Regia di: Scott Stewart Genere: Horror Durata: 97'
Interpreti: Keri Russell, Dakota Goyo, Josh Hamilton, Trevor St. John, Annie Thurman, Alyvia Alyn Lind, Ron Ostrow, Josh Wingate, Ariana Guido, L.J. Benet, Michael Patrick McGill, Marion Kerr, Sal Velez Jr., Tom Costello, Elizabeth Kouri, Jake Washburn, Kadan Rockett, Jessica Borden, Adam Schneider
Sito web ufficiale: www.darkskiesfilm.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 24/10/2013
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Convincente (?)
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"Esistono due possibilità:o siamo soli nell'universo o non lo siamo.Entrambe le cose sono terrificanti"
Scott Stewart apre il suo "Dark Skies" con l'autorevole citazione di Arthur C. Clarke ("2001 Odissea nello spazio",fra le sue illustri opere),nella speranza di generare subito uno stimolo che forse intuiva già di recuperare con difficoltà nel lavoro che seguiva.
Stewart è un uomo di mestiere,un artista generato nel digitale,lavoratore eclettico e geniale nell'elaborazione degli effetti speciali,oltre che scrittore piuttosto fertile e collaboratore nelle magìe di "Mars Attack!","Il mondo perduto","Sin City","Die Hard" et similia,e qui alle macchine nel suo terzo lavoro per lo schermo dopo i discutibili "Priest" e "Legion".
"Dark Skies",ibrido Sci-Fi-horror,reclamerebbe a ragione un'identità propria se il regista non avesse esagerato nel raccogliere un'eccesso di riferimenti ai migliori titoli di genere nel tentativo di dare al suo film un più elegante senso compiuto.
Certamente intrigante e ben congegnato,"Dark Skies" è l'esempio del buon cinema generato nella fretta e nella svogliatezza su dettagli impiegati nel modo meno adatto,e a Hollywood questa è una discriminante.
Lacy (Keri Russell),immobiliarista in difficoltà,il marito Daniel (Josh Hamilton),architetto senza lavoro e i due loro figli,l'adolescente Jesse e il piccolo Sam formano l'ordinaria famiglia dell'America suburbana,inseguiti dai consueti guai economici per la precarietà del lavoro e l'assillo dei debiti e delle bollette.
Ma la vita quotidiane e le normali difficoltà sembrano superate quando in casa cominciano a succedere cose strane e preoccupanti episodi senza spiegazioni,dal frigorifero saccheggiato dei cibi lasciati seminati sul pavimento della cucina,a pile di lattine,scatolame e conserve accumulati come totem surreali lasciati a segnalare qualche cosa di sinistro.
Il senso di mistero aumenta quando Sam confessa alla mamma che ogni notte una presenza minacciosa gli appare davanti al letto e la paura si fa terrore quando tre stormi di uccelli provenienti da tre diverse direzioni si schiantano sui vetri delle finestre di casa
Daniel istalla un sistema di videocamere per poter controllare cosa accade durante la notte e Lacy effettua ricerche in rete sui casi simili,venendo a conoscenza di episodi di visite aliene e di rapimenti di bambini.
Quando sul corpo di Sam e di Daniel appaiono segni inspiegabili,la coppia si rivolge ad uno specialista (J.K. Simmons),che spiega loro come sia probabile che il piccolo Sam sia obiettivo delle attenzioni di una civiltà superiore che studia l'uomo con lo stesso interesse che ha uno scienziato per una cavia di laboratorio ("che risposta potrebbe ricevere una cavia da uno scienziato,mentre questo le sta mettendo degli elettrodi al cervello che gli procureranno il cacro?").
La breve apparizione dell'istrione Simmons è la chiave di volta del film e non a caso la frase angolare del lavoro la pronuncia lui.
Intrigante e curioso in apertura "Dark Skies" fa da subito trasparire l'ottimismo giocoso del catalogo di Spielberg,da "Incontri ravvicinati" a "E T",per poi passare a omaggiare "Poltergeist" e allargarsi a "Signs","The Messengers","Sinister",ovviamente lambire l'inevitabile territorio di "Paranormal Activity",fino a citare,se fosse possibile,"Gli uccelli" di Hitchcock".
Stewart nel primo tempo del film non fa errori vistosi ed osserva le forme del cinema di Spielberg e di J.J. Abrams,riproducendolo nei suoni,nelle composizioni,nelle situazioni,nei movimenti di camera, e imposta il suo lavoro sulla fotografia della famiglia nella modalità tanto cara a Spielberg,osservatore acuto delle realtà domestiche.
Nel secondo tempo,lungo e opportunista energia ed empatia marcano il passo e il film si trascina stancamente senza i guizzi e lo smalto annunciati.
Stewart pizzica ovunque nel vocabolario della fantascienza,ma lo fa con tatto e competenza.
Allora l'inciso di J.K. Simmons secondo cui l'invasione aliena non è necessariamente accompagnata da cataclismi e distruzioni ma è già in atto,fa subito pensare al cult di Siegel "L'invasione degli ultracorpi" e una tessera viene aggiunta al cinema mosaico del regista,artistico collezionista di tasselli di spettacolo.
Nell'epilogo Stewart pare chiamare Shyamalan per chiudere il suo film.
A pochi minuti dalla conclusione il regista gioca il jolly,ma resta il dubbio se non sia troppo tardi per beneficiare della tradizione di Rod Serlig in un colpo di coda troppo in là per poterne apprezzare i vantaggi.
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