Titolo: The Sacrament
Titolo originale: The Sacrament
USA: 2013. Regia di: Ti West Genere: Horror Durata: 95'
Interpreti: Amy Seimetz, Joe Swanberg, Kate Lyn Sheil, AJ Bowen, Kentucker Audley, Gene Jones, Donna Biscoe, Cal Johnson, Dale Neal, Lashaun Clay, Lj Smith, Millie Wannamaker, Alisa Locke, Dennis Clark, Derek Roberts, Eric E. Poe, Christian Ojore Mayfield, Shavone Gadsden
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Nelle sale dal: Inedito (Festival di Venezia 2013)
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Veritiero
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C’è molto di più dell’apparenza nel film di Ti West “The Sacrament”, lavoro dalle viscere drammatiche e contenuti più che mai americani.
E’ un forte grido sociale,un’invocazione alla vigilanza,un greve allarme per il muto morbo che scorre nella carne della provincia d’America e che ha siglato la tragica pagina della storia del Jonestown Massacre con la firma della follia collettiva.
“The Sacrament” è uno di quei film che si stralciano volentieri dal vocabolario del cinema low budget per farne una rilettura attenta sotto la luce storiografica della realtà etnica americana e si corre il serio pericolo di perderne la presa se non si sorvolasse sul silenzio delle produzioni,meno della critica e dei media grazie al Cielo,sull’uscita del lavoro nelle sale,dopo la presentazione al festival di Venezia dell’ultimo settembre.
Patrick (Kentucker Audley),un fotografo di moda per la rivista on-line The Vice,decide di mettersi in viaggio per incontrare la sorella Caroline (Amy Seimetz) e Eden Parish,una comunità dove la donna si è rifugiata dopo un programma di disintossicazione dalla droga.
Patrick parte accompagnato dai colleghi Sam (AJ Bowen) e Jake (Joe Swanberg),con il duplice obiettivo di ritrovare Caroline e ricavare una storia dal viaggio.
Un duro impatto con delle unità armate messe di guardia ai cancelli della comunità non sembra offrire buone aspettative,ma l’incontro con Caroline,che pare godere di ottima salute e solare ottimismo,scioglie i primi dubbi dei giornalisti.
La donna presenta loro la realtà dove vive e le persone felici con cui condivide un’esistenza serena,ed un incontro con The Father,il capo della collettività,viene subito organizzato per completare il quadro delle presentazioni e convincere i giornalisti della gioia spirituale che pervade l’istituzione.
Ma quando una bimba consegna in segreto a Sam un biglietto con una richiesta di aiuto,gli eventi precipitano nella spirale della follia.
Ti West è un vecchio lupo di mare con la predilezione per l’horror firmato,dagli omaggi alle produzioni artigianali anni ‘70/’80 (“The House Of The Devil”) all’horror antologico raccolto in corti Found Footage “V/H/S”,all’albergo infestato di “Innkeepers”,un classicismo di genere che lo distingue dal fratello di scena Eli Roth,regista più sanguigno e carnale,qui produttore del lavoro.
West sceglie per “The Sacrament” la regia Found Footage,ma quanto il film desti un interesse tutto particolare e un guizzo speciale lontano dalle noie offerte dai titoli recenti formati con la stessa formula,lo si percepisce fin dalla composizione intrigante dell’incipit,dove grazie anche alla presenza scenica degli attori,Sam e Patrick introducono la storia in modo convincente e avvincente.
Tutto il componimento che segue,dal montaggio all’esposizione,dalla dinamica della narrazione al ritmo,dalle luci alla fotografia,fino allo score,si risolve in una formula di cinema intrigante e allo stesso tempo impietoso,incurante del processo direttivo che lo regge e più teso a raggiungere le interiora di un audience cui gradualmente verrà rivelato uno sciagurato segreto che più che stimolare la paura dei sensi,sconvolge per la realtà che incarna.
Il senso della sospensione che si respira nell’intero lavoro di West travalica l’opzione direttiva scelta e libera il fiato caldo di un cinema che sembra soffrire per quello che sta raccontando.
L’incontro iniziale con Caroline è sorprendente e solare,fotografato nella luce accesa e bugiarda che avvolge la narrazione seminando ombre e sospetti sull’equivoca verità che viene raccontata.
La presentazione ai membri della congregazione è offerta attraverso una serie di incontri e interviste agli ospiti che la abitano ed ha lo scopo di suggerire ed anticipare l’ombra del Father,che si allunga sulla comunità come un alito invisibile e benefico,cui tutti rendono grazie,ma che lascia dietro di sé l’odore ambiguo del dubbio.
West è maestro nel dipingere le forme dell’inquietudine e in queste sequenze dirige un brivido che non aggancia i sensi,scivolando via come una voce inespressa,lasciandosi dietro il fantasma dell’incertezza.
Da un cinema dove qua e là appaiono le orme di “The Village”,emerge il solfeggio del regista sulle realtà malate delle sette di Un’America insicura e fragile,docile alle suadenti lusinghe e ipnotiche farneticazioni di finti pastori di vita e precettori,maestri di certezze e verità nulle oltre la facciata delle parole emesse a peso.
Se l’istinto porta alla memoria Ron Hubbard,West echeggia lo scempio collettivo del Jonestone Massacre,in Guyana,dove nel novembre del ‘78,913 membri di una setta morirono nel più grande suicidio di massa che la storia recente ricordi.
E’ questo il rumore di fondo che risuona nello spazio di “The Sacrament” e lo sgomento che ne consegue è un senso di angoscia sociale.
Non ci sono salti sulla sedia,figure deformi,spiriti maligni o possessioni.
Qui il demone è tutto umano e impaludato dalle vesti di simulacri istituzionali e fanfaroni mentitori che nel delirio omiletico e fasullo di pace,amore e fraternità incarnano l’Avversario nel suo gioco migliore di distruzione.
Il film epiloga la tragedia del Sacramento comunitario con il folle gesto dell’annichilimento ed è qui che il Father si manifesta nelle forme umane del Signore delle Mosche,mentre compie l’atto della benedizione ecumenica,apparendo deforme e grottesco quanto la diabolica e finta dottrina che predicava.
“The Sacrament” scorre fluido e continuo,retto da un ritmo in crescendo e da suggestivi fraseggi di cinema esperto dove West intreccia trame di emozioni e umorismo in una filigrana solida e fitta di messaggi e inviti,nella quale risalta l’eccezionale sequenza dell’incontro fra il Father e i giornalisti,scena centrale e fulcro dell’intero lavoro.
Un valore aggiunto,che andrebbe ricuperato in una visione del film in lingua originale,è la mescolanza dei vari accenti e musicalità linguistiche,fra le quali spicca la seducente cadenza sudista del Father,una suadente cantilena anche questa scelta non casuale del regista.
Lo score di Tyler Bates è un pentagramma multicolore che fonde armonie strumentali,note e toni popolari,Gospels e voci etniche,in una panoramica musicale suggestiva ed indovinata.
Forte documento realistico di cinema,”The Sacrament” è un lavoro di autentica indagine nel ventre d’America ed una lettura agghiacciante delle sue paure e delle sue zone buie,che West mette in scena usando un linguaggio che non necessita di mezzi termini.
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