The Signal
Titolo originale: The Signal
USA: 2007. Regia di: David Bruckner, Jacob Gentry, Dan Bush Genere: Horror Durata: 101'
Interpreti: Anessa Ramsey, A.J.Bowen, Justin Welborn, Scott Poythress
Sito web: www.doyouhavethecrazy.com
Nelle sale dal: In dvd inedito
Voto: 7
Trailer
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Recensione di: Dario Carta
La città di Terminus cade nel caos di una dilagante violenza,quando un misterioso segnale audio entra nelle case ed invade la mente delle persone che ne restano come iponotizzate.
Nei tre spezzoni che compongono la struttura portante del film si assiste alle vicende composite di un gruppo di persone che si agita in preda allo spasmodico manifestarsi di episodi di rabbia e pazzia.
Un disequilibrio distribuito nei singoli casi descritti nell'incipit del primo episodio,dai contorni appositamente sfumati,allinea subito l'animo dello spettatore all'incertezza delle immagini che sembrano pescare a caso tra accadimenti di persone colte in diverse condizioni delle rispettive vite.
Nella prima delle tre frazioni del film,diretta da David Bruckner,un'animosa inquietudine fa da comune denominatore agli eventi narrati ed i preamboli esplodono nella violenza che sorreggerà l'intero corso della pellicola. Lunghi silenzi,pause nei dialoghi,inquadrature prolungate,intervallano scene di violenta realtà omicida liberata da un segnale elettronico che si interfaccia con la follia umana. In una narrazione di timbro quasi documentaristico,che sembra raccogliere le modalità espressive del cinema degli anni '70,il rapporto fra il quotidiano convivere e la violenza metropolitana esaspera una visione già oggi vista in termini di un'Apocalisse sociale,disseminata di cadaveri e vittime di un eccesso demenzialmente tecnologico.
L'antitesi fra la forma espositiva della prima parte del film,che riporta ad una classificazione retrò del cine-distruzione e lo stereotipo di una tecnologia nefasta e dilagante,fa la forza d'impatto di questa prima parte,ove follìa,amore,morte e aggressione si mescolano nell'umano preda di un'incontrollabile destino.
Rabbia e sentimento trovano sfogo nell'animalità dell'uomo,che sfugge al controllo della ragione e che deflagra,liberata da un elemento esterno che si inietta nell'esistenza degli individui,privi di ogni possibilità di difesa.
Il passaggio al secondo segmento della pellicola,vede il regista Jacob Gentry rovesciare i presupposti del primo capitolo ed ambientare il racconto,anzichè sotto il cielo aperto di una città preda al furore,all'interno di una villetta dei sobborghi,ove una moglie prepara la casa per una festa,con tanto di palloncini e decorazioni.
La narrazione sarà interamente raccolta fra le mura dell'appartamento e non mostrerà mai un minimo indizio di una realtà esterna alla porta di casa.
All'ingresso di un primo ospite,segue un flashback che mostra come la felice moglie avesse poco prima massacrato il marito,folgorato alla follìa da una visione di un segnale sul monitor della televisione.
Il nuovo venuto,da parte sua,racconta alla donna come,a sua volta,abbia posto fine alla vita di un altro personaggio,incontrato nel primo episodio.
Ironia,gore,strampalate situazioni colloquiali,si impattano in un mood narrativo che sfiora il sarcasmo al vetriolo di Tarantino ed il racconto dei fatti procede in una grottesca serie di eventi scanditi da bizzarre fantasie.
Splendida è l'esplosione esplicativa dell'ospite sulle ragioni della follìa dilagante,in uno straripare di delirante terminologia di mirabile effetto,sbrodolata con maestrìa in un intarsio di raro umorismo surreale.
Situazioni divertenti in vesti quasi teatrali,tessute in una parodia alla Monty Python,susseguirsi di personaggi e fatti,alternarsi di eventi e relativi protagonisti,raccolti dall'episodio precedente,fra i quali l'uomo alla ricerca ossessiva della moglie e vortici di flashback,collimano perfettamente a dare un collage di immagini disorientanti ma di rara efficacia traboccanti di sardonica ironìa.
Dan Bush ha il compito di interpolare i fatti narrati nei due primi episodi e portarli a compimento nel terzo capitolo del film,cercando di mantenersi coerente agli schemi tracciati nei due capitoli precedenti e portare un senso compiuto ad una pellicola non facile da classificare in canoni standard.
Ogni aspetto vagliato nelle pagine introduttive,l'ironia sociale,la splatter-comedy,l'incoerenza visiva di un horror multidirezionale,si soluzionano nell'episodio conclusivo in un'opaca follìa esasperata,nel deterioramento dei rapporti umani,nel disconoscimento dei legami con la ragione,sciolti dal segnale inviato da un evento esterno alla mente dell'uomo,dal quale questo si deve guardare e difendere,pena la sua stessa esistenza.
E' il concetto del male che non è nell'uomo ma va nell'uomo e lo conduce alla demenza che induce distruzione.
Pur nella ricerca del suo amore che non vuole perdere,Lewis,l,'uomo che per tutto il film cerca la moglie perduta, si perde davanti al mostro che lo deruba della ragione,risucchiandolo nel nulla di una vacua follìa.
Il catarsi ipnotico indotto dalle immagini sullo schermo che affronta i protagonisti,sono il segnale che se la trasmissione informatica supera i valori della ragione,consumando le difese dell'individuo vinto e svuotato,non può esistere più nulla che si erga a sua protezione e l'effetto della forza mediatica non è più contenibile.
Ottimo esempio di un horror indipendente,capace di sfruttare canali sgombri dai luoghi comuni per impostare la propria valenza mescolando con arte la carte in gioco e vagliando ingredienti alternativi che consentono di mutare l'abituale prospettiva da cui vedere un genere cui spetta riconoscere a questo titolo un valore di inconsueta novità.
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