Wrong Turn 3 – Svolta mortale
Titolo originale: Wrong Turn 3 Left for dead
USA: 2009 Regia di: Declan O'Brien Genere: Horror Durata: 92'
Interpreti: Janet Montgomery, Tom Frederic, Gil Kolirin, Tamer Hassan, Borislav Iliev, Chucky Venice, Todd Jensen, Bill Moody, Louise Cliffe
Sito web:
Nelle sale dal: Inedito in dvd
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Pallido
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Home Enterteinment di bocca buona,pensato per gli estimatori dei sequel antigaranzia destinati agli archivi delle pellicole per soli DVD. Chi ha lo sguardo attento a cogliere i passaggi di età dell’industria del cinema nelle diverse stagioni della sua esistenza,ha certo avuto modo di stupirsi di come oggi l’economia dello spettacolo indulga non poco sulle mozioni degli Studios americani indette a favore della programmazione dilatata di progetti in previsione di continuità e tanto più questo è vero,quanto più il proposito è relativo a prodotti di scarso rilievo artistico.
Gli scaffali dell’horror cedono sotto il peso di un’infinità di offerte rigenerate ad libitum in sequel o prequel fino ad esaurimento in termini di argomenti e di tolleranza. La saga “Wrong Turn” non sfugge alla generalizzazione e dà vita al terzo episodio della stirpe,risparmiando ai frequentatori delle sale il rischio di denaro mal speso ma insidiando il prossimo seduto sulla poltrona di casa.
Al consueto prologo infittito di irritanti ormonici adolescenti usualmente destinati al massacro,la scena si sposta al penitenziario di Grafton,dove un cellulare blindato scortato da un gruppo di guardie armate trasferisce alcuni carcerati,tra i quali spiccano per pericolosità il messicano Chavez (Tamer Hassan) e il turpe Floyd (Gil Kolirin),altrettanto feroce e sempre contrapposto a Chavez.
Entrambi progettano la fuga e le loro divergenze,pur negli stessi intenti,provocano continui scontri e violenze all’interno del gruppo messo sotto la custodia di Nate Wilson (Tom Frederic),al suo ultimo giorno di servizio prima di ritirarsi per dedicarsi a studiare legge.
Durante il trasferimento tuttavia,il furgone viene dirottato nella foresta dal mutante cannibale (!) Tre Dita (Borislav Iliev),unico superstite della famiglia ridotta negli episodi precedenti,che decima le guardie ed insegue nel bosco Nate e Chavez e i pochi sopravvissuti.
Nella fuga il gruppo incontra Alex (Janet Montgomery) unica rimasta viva nel massacro dei ragazzi in apertura della storia e si imbattono in un furgone abbandonato pieno di denaro.
La caccia continua tra fiumi di sangue e vittime massacrate nei modi più fantasiosi.
Grottesca alternativa ad una serata spesa meglio,il film del regista Declan O’Brien (“Snakeman – Il predatore”),non regala nulla né di nuovo né di vecchio,dato che,spento il lettore,non resta che il vuoto in soggiorno e nella memoria.
Inutile la ricerca,quella del miglior intenzionato,a trovare indizi celati in sottotrame o secondi piani,perché quello che c’è da vedere è già stato visto e dimenticato.
Semmai,una discriminante la si scorge nella personalizzazione dei protagonisti,una volta tanto individui adulti anziché spocchiosi ragazzotti,dotati forse di un comportamento a senso compiuto,cosa che può aiutare in parte a reggere la drammatica debolezza della trama.
Appaiono sul palcoscenico quattro generi di persone:i sorveglianti,i loro contraltari,la reietta fascia dei carcerati,l’adolescente scampata e il killer montanaro ed ovunque c’è scontro – senza tensione – inserito a tutti i livelli,tra guardie e detenuti,fra le fila stesse dei prigionieri,fra il gruppo ed il pericolo comune che li minaccia,ma non si avverte alcuna ventata emotiva,nulla che possa scuotere le emozioni,fatto salvo i fastidi per i continui irritanti gridolini del grottesco Tre Dita,più Gremlin dei boschi che omicida seriale.
Timing basso,montaggio da accademia per dilettanti filmakers e nessuna forma di decoro narrativo,qui inteso come contraddizione in termini,qualificano un film strutturato su una sceneggiatura (Connor James Delaney) inconcludente senza essere supportata da alcun tipo di contenuti.
Il debole tentativo di tracciare una timida morale sul valore del denaro rapportato alla vita umana si squaglia in una prevedibile galleria di figurine preconcette,corredata da una linea disarmonica di dialoghi a perdere.
O’Brien azzarda anche il colpo di coda,modellando l’epilogo del film sulla metafora del male che si nutre di sé stesso,ma l’allegoria non convince e l’ultimo minuto,anziché sorprendere,pare un forzato inserimento tardivo.
Resta difficile dare un senso alla perplessità insistente di fronte alle aspettative degli Studios verso un regista che viene da essi stessi proclamato come veterano dei film di fantascienza.
C’è davvero poco.
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