The Wrestler
Scritto da Anna Maria Pelella   
lunedì 12 gennaio 2009

The Wrestler
Titolo originale: The Wrestler
USA: 2008 Regia di: Darren Aronofsky Genere: Azione Durata: 105'
Interpreti: Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Judah Friedlander, Ajay Naidu, Mark Margolis, Ashley Springer, Anna-Karin Eskilsson, Giovanni Roselli, Angelina Aucello
Sito web: www.thewrestlermovie.com
Nelle sale dal: 06/03/2009
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Anna Maria Pelella

thewrestler.jpgRandy "the Ram" Robinson è stato un grande del wrestler negli anni ottanta.
Adesso vive del ricordo della sua vecchia gloria combattendo di tanto in tanto, e vendendo video dei sui passati incontri.
Ma quando viene colpito da un infarto dopo un incontro, e i medici gli sconsigliano di continuare a combattere, cercherà di rimettere insieme la sua vita e trovare un motivo per viverla che non sia il suo passato di lottatore.

Mickey Rourke ha avuto un passato da attore glam negli anni ottanta, che in parte sberleffa mostrando con orgoglio la faccia, i cui famosi e fascinosi connotati sono stati cambiati dal suo altro passato di pugile. Aronofsky ha alle spalle un pò di bei film, un capolavoro e un fiasco che gli valse l'ilarità dei critici a Venezia. Insieme raccontano del sogno americano, che spesso diviene un incubo. Se l'America di Rocky era per i vincenti, questa rappresentata in The Wrestler è per chi non solo si svegla e scopre che il sogno americano è, per l'appunto solo un sogno, ma non ha nessun desiderio di continuare ad illudersi di avere un motivo per sognare.

L'uso della camera a mano per tutta la prima parte del film, ci comunica subito che siamo di fronte all'intenzione di raccontare una persona, e non la metafisica visionaria di un racconto fine a sè stesso.
Il volto di Rourke, celato all'inizio e svelato per gradi, racconta invece una volontà di esistere, oltre che sfuggire al concetto di apparenza. Privato della possibilità di continuare a lottare, il suo Randy è straordinariamente tenace nella ricerca di un ruolo che non sia il reiterarsi di un passato. Cerca un lavoro, che si fa piacere per forza e in cui ricrea almeno l'illusione di un pubblico.
Cerca poi una compagna nella disillusa spogliarellista, che un poco lo ama, e un altro po' lo sfugge per paura. Cerca infine la possibilità di esser ricordato, tentando la ricostruzione di un rapporto inesistente, con una figlia che non è mai stata sua. E mentre vive la speranza di una vita possibile al di fuori dell'illusione del sogno, si scopre assai più ferito dalla vita stessa che dal ring.
L'ambiente è quello triste degli incontri semiprofessionistici, la gente è dura, disillusa ma continua a lottare.
E il sangue che scorre dalla ferite inferte sul ring è di quello autentico, potrebbe esser stato spillato fuori dalla vita stessa, che non è stata clemente con nessuno degli attori di questo dramma.
L'America della guerra immotivata in Iraq si sveglia una mattina e scopre che non si può continuare a lottare, usando magari come arma le protesi cui ci ha costretto la guerra stessa.
Non si può semplicemente perchè siamo umani. E se qualcuno ha raccontato al mondo che gli americani sono dei cyborg che "spiezzano in due" l'avversario, è solo perchè allora era bello pensare di potersela cavare semplicemente facendo paura ai cattivi.
Il desiderio di insinuare una visionarietà fa capolino di tanto in tanto nei dialoghi, il casuale e incongruente riferimento alla passione di Cristo, citata da una Maddalena che peccatrice forse lo è stata, ma sta cercando seriamente di redimersi, spinge lo spettatore a chiedersi su quale altare sarà alla fine immolato il protagonista di questo dramma del ricordo.

Ed è appunto su questa domanda inevasa che lo spettatore si intrattiene oziosamente nei pochi momenti in cui ci sembra che Randy possa farcela. Ma se da un lato sappiamo che non è possibile una vita al di fuori dei sogni, quello che ci confermerà la visione di questo film è che la realtà per quanto dura, è comunque preferibile alle illusioni di passati splendori e di impossibili resurrezioni.
Rourke è semplicemente perfetto, un lottatore nato, in parte attore del dramma e in parte sè stesso.
Ed è con compiaciuta passione che vediamo Aronofsky tener dietro al suo protagonista, segno e simbolo dell'America che vuole cadere in battaglia, e non accetta il fatto che il suo passato splendore possa esser superato dalle miserie attuali.