Temporada de Patos
Titolo originale: Temporada de Patos
Messico: 2004 Regia di: Fernando Eimbcke Genere: Commedia Durata: 90'
Interpreti: Carolina Politi, Daniel Miranda, Diego Cataño, Danny Perea, Enrique Arreola, Antonio Zúñiga, Alfredo Escobar, Señor Sudoroso, Sara Castro
Sito web: www.warnerbros.com/duckseason
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Denis Zordan
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Nessuno nel nostro paese ha purtroppo ancora parlato del cinema del messicano Fernando Eimbcke. Nel novembre dell’anno scorso, direttamente dal Torino Film Festival avevo scritto nel mio piccolo una breve scheda di Lake Tahoe (2008), passato fuori concorso e annunciato in uscita anche in Italia distribuito dalla Archibald Film (per quanto non vi fossero date): chissà se e quando uscirà.
Lake Tahoe era un lavoro delizioso che, per quanto riguarda il sottoscritto, mancava soltanto della controprova, ossia di almeno un altro film da parte del regista, per registrare la possibilità che fosse nato un nuovo autore di grande talento.
Non avevo però ancora visto Temporada de Patos (ribattezzato Duck Season ai tempi dell’uscita americana), che risale addirittura al 2004 e che si mise in luce già alla Semaine de la Critique di Cannes dello stesso anno.
Un’autentica gemma, anche più bello del film passato sotto la Mole.
La vicenda che si racconta in Temporada de Patos è semplicissima e stralunata al tempo stesso: una domenica pomeriggio in un quartiere suburbano di Città del Messico, un appartamento, tre adolescenti e un pony express adulto solo per modo di dire.
Al principio due ragazzini, Moko e Flama, sono soli, dopo che la madre di Flama li ha lasciati in casa tra mille raccomandazioni. L’X Box è il loro rifugio, l’arma antisolitudine più potente di cui dispongono e con cui battagliano all’ultimo sangue, fingendo di essere rispettivamente Bush e Bin Laden.
Il divertimento è interrotto bruscamente da una vicina di casa, un’intraprendente coetanea di nome Rita alla ricerca di un forno dove cuocere il dolce che sta preparando.
I due la spediscono in cucina, ma il destino è in agguato: un improvviso black out li distoglie forzatamente dal loro passatempo e li obbliga ad un pomeriggio del tutto diverso. Per sfuggire alla noia hanno allora la bella pensata di ordinare una pizza con consegna a domicilio, ma poiché il fattorino ritarda di ben undici secondi sull’orario concordato, si rifiutano di pagarlo: e lui rimane lì determinato a fare valere il proprio diritto.
La vena malinconica che tutta la faccenda prende a questo punto è il punto di forza del film. Ma non si tratta solo di malinconia. Il riferimento che più di tutti mi viene alla mente è un altro bellissimo lavoro, ugualmente (e scandalosamente) negletto nel nostro paese, Raising Victor Vargas (2002), sottile e delicato coming of age di adolescenti newyorchesi.
La domenica “noiosa” dei protagonisti di Temporada de Patos si tramuta in un’esperienza significativa per tutti, da Rita, che prende l’iniziativa di baciare Moko (ed è tra le cose più buffe del film – nonché commovente aderenza alla verità emotiva – come poi questi finisca con lo storpiare l’accaduto mentre lo racconta all’amico) e di cucinare una strepitosa torta “alla marijuana”, che porterà il più maturo pony express a perdersi nel volo dei paperi (i patos, appunto) di un quadro appeso in salotto, tra lancinante desiderio di fuga (lui, segnato da una traumatica esperienza lavorativa in un canile-mattatoio) e surreale divagazione sotto gli effetti della cannabis. E mentre Flama teme di essere stato in realtà adottato (perché in famiglia, come gli fanno notare gli amici con una punta di perfidia, nessuno ha i capelli rossi come lui…) e di dover partire alla ricerca del vero padre, Moko lascia intendere di provare un’attrazione omoerotica nei suoi confronti.
Un rimescolamento di sensazioni, trasalimenti, paure e rifiuti nei confronti del mondo e dell’età adulta che rivela un vero talento di narratore nel regista, capace di rompere gli schemi mostrando i suoi adolescenti intenti a fracassare gli oggetti borghesi presenti in casa, con divertimento (in)consapevolmente iconoclasta, come rigetto di una quotidianità insopportabile (i genitori di Flama stanno per separarsi e non fanno che litigare per il possesso delle più varie ed insulse suppellettili) e che si riflette negli esterni del film, i quali lasciano intuire periferie poco invitanti e giganteschi palazzoni brutti e tutti uguali (la fotografia in b/n è essenziale per il fascino del film).
Patrocinato da Alfonso Cuarón – che per parte sua film così belli non ne ha mai girati – e scritto da Eimbcke con Paula Markovitch, Temporada de Patos possiede un’intelligenza di sguardo che letteralmente “taglia”; ma sa anche stemperare il pessimismo e il malessere in momenti surreali e comici che lo rendono film dalla partitura lucida e senza cedimenti.
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