Scritto da Roberto Fedeli
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sabato 01 agosto 2009 |
Il romanzo di Mildred
Titolo originale: Mildred Pierce
USA: 1945 Regia di: Michael Curtiz Genere: Thriller Durata: 109'
Interpreti: Joan Crawford, Jack Carson,Eve Arden, Ann Blyth
Sito web:
Nelle sale dal:
1945
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Roberto Fedeli
Michael Curtiz impiega la scissione temporale di stampo noir, per produrre uno woman’s film dal retrogusto doloroso.
Il film inizia con la sua fine: l’uccisione di un uomo che urla il nome di Mildred. Seguitiamo a vedere una macchina che si allontana e successivamente Mildred( una incredibile Joan Crawford) prossima al suicidio.
La protagonista nel presente è indagata per l’omicidio del suo secondo marito: l’illuminazione chiaroscurale del suo viso e la profonda esitazione dell’eloquio, si elevano a limpidi segni della sua colpevolezza.
La storia della donna la udiamo attraverso le sue stesse parole, che ci raccontano la sua separazione da un marito che la tradiva, la sua ascesa societaria attraverso una catena di ristoranti e la morte della figlia.
Il primo racconto espleta la figura di una donna forte che riesce a realizzarsi, incarnando anche il ruolo del padre per la figlia Veda.
Il secondo flashback illustra invece la discesa sociale della donna, dovuta all’allontanamento della figlia viziata ed al secondo matrimonio con l’ennesimo uomo sbagliato. Inoltre la dinamica freudiana vuole che Mildred sorprenda Veda ed il nuovo marito sul punto di sfiorare l’incesto.
La verità sarà svelata solamente dall’ultimo flashback… Michael Curtiz articola l’opera secondo una dicotomia presente – passato, che depista continuamente lo spettatore dalla verità. L’interrogatorio del poliziotto e l’incipit del film non lasciano alcun alone di mistero sul nome dell’assassino; ma in realtà possiamo accusare Mildred dell’omicidio solo attraverso un processo deduttivo.
Infatti il cineasta non ci permette di vedere la persona che si allontana con la macchina dal luogo del misfatto. Il nome di Mildred, pronunciato in fin di vita dalla vittima, suona come il nome di Rosabella nel capolavoro di Welles: è solo un appannamento della realtà che ci accingiamo a vedere.
I due film nascono quindi da un tranello, che verrà smascherato solo alla fine dell’eterna bugia filmica. In realtà la pellicola non dice il falso, ma sostiene il superfluo.
L’arditezza di tale processo sta nella creazione di un rapporto empatico tra lo spettatore e l’inganno delle immagini.
Mildred Pierce(questo il titolo originale) gioca con il fruitore contrapponendo la storia melodrammatica di Mildred, con la verità incarnata dalla legge del poliziotto nel presente.
Come nei film di Resnais il passato non cerca di svelare il presente, ma di metterne in crisi le verità emergenti.
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