Scritto da Roberto Fedeli
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sabato 01 agosto 2009 |
Amore Sublime
Titolo originale: Stella Dallas
USA: 1937 Regia di: King Vidor Genere: Drammatico Durata:111 '
Interpreti: Barbara Stanwyck,John Boles,Alan Hale,Barbara O’Neil
Sito web:
Nelle sale dal:
1937
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Roberto Fedeli
Il regista King Vidor è riuscito a sfornare capolavori attraverso grandi ritratti del common man(come ne “La folla” e ne “La fonte meravigliosa”), ma anche per mezzo di affreschi corali (come in “Guerra e Pace”). Nella pellicola qui analizzata, il regista statunitense indaga la figura della working girl nel sempiterno mondo patriarcale. Stella Dallas (Barbara Stanwyck) riesce a compiere l’ambita ascesa sociale, sposando un ex milionario.
La nascita della bambina non smorza l’acutizzarsi delle differenze di ambiente, che vigono nella loro relazione.
Così l’inevitabile divorzio porta la figliola a preferire il lussuoso ambiente estivo del padre, adducendo un dolore lancinante all’amore materno.
A nulla serve il delirio narcisistico di Stella, ne tantomeno la sue effigie coniata attraverso l’ausilio dell’apparenza.
La madre, comprendendo di essere di intralcio per la realizzazione del sogno d’amore della figlia con un giovane nobile, ne permette il rientro in seno alla tenuta paterna; guarderà il suo matrimonio come una spettatrice impotente. King Vidor non mira ad installare un’empatia sostenuta con il pubblico, ma scava nella psicologia del dolore di una ingenua madre.
Una donna che mercifica e ridicolizza il suo ego per lo sconfinato amore materno.
Il suo sguardo finale testimonia la realizzazione del suo sogno adolescenziale, attraverso la maturità della figlia.
Quest’ultima entra nel mondo utopico della fantasia materna.
Stella Dallas perde soggettivamente, ma trionfa nel riuscito transfert con la figlia.
Osserva voyeuristicamente il film, nel quale un tempo sognava di poter recitare.
Lo specchio riverbera l’ego di Stella lungo il corso dell’intera pellicola; è lo specchio nel quale si rimira da giovane, è lo specchio nel quale viene riflesso il suo abito ridicolizzato dagli amici della figlia ed è lo specchio nel quale si trucca, mentre la figlia le dipinge un ritratto glorioso della signora Morrison.
L’opera si erge ad anaciclosi della ferita sanguinante della differenza di classe.
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