Stanno tutti bene
Scritto da Francesca Caruso   
martedì 16 novembre 2010

Stanno tutti bene
Titolo originale: Everybody's Fine
USA, Italia: 2009. Regia di: Kirk Jones Genere: Commedia Durata: 99'
Interpreti: Robert De Niro, Drew Barrymore, Kate Beckinsale, Sam Rockwell, Lucian Maisel, Damian Young, James Frain, Melissa Leo, Katherine Moennig, Brendan Sexton III, James Murtaugh, Austin Lysy, Chandler Frantz, Lily Mo Sheen, Seamus Davey-Fitzpatrick, Steve Antonucci, Ben Schwartz, Mackenzie Milone
Sito web ufficiale: www.everybodysfinemovie.com
Sito web italiano: www.stannotuttibene.libero.it
Nelle sale dal: 12/11/2010
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Famigliare
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Stanno tutti beneEverybody’s fine è una commovente commedia, ispirata al film Stanno tutti bene del 1990, scritto e diretto da Giuseppe Tornatore e con Marcello Mastroianni. Il produttore Gianni Nunnari, dopo aver letto la sceneggiatura del film di Tornatore, avrebbe voluto già da tempo trasporre la storia in un’ambientazione americana.
Nunnari sceglie di affidare questo compito allo sceneggiatore e regista inglese Kirk Jones, dopo essere rimasto notevolmente colpito dal suo film d’esordio Svegliati Ned (1998). Per Kirk Jones, questo terzo lungometraggio, è il primo negli Stati Uniti e voleva che fosse un progetto in cui poter partecipare a piene mani.

Frank, padre di quattro figli, ha lavorato infaticabilmente una vita per la sua famiglia. L’amata moglie è passata a miglior vita e ora si sente solo nella loro grande casa. Decide di organizzare un barbecue per il fine settimana e invita tutti i figli, per ritrovarli tutti insieme in una stanza. Dopo un iniziale consenso i quattro fratelli, uno a uno, disdicono l’invito con delle scuse più che buone. Prima era sempre sua moglie che teneva i legami tra loro, adesso Frank decide di andare a trovarli e vedere se sono tutti felici e realizzati. Il viaggio lo porterà a conoscere una famiglia diversa da quella che pensava di avere.
Il tema pregnante del film è la famiglia. Jones delinea una struttura familiare che si ritrova nella realtà dei nostri giorni: genitori e figli che vivono a centinaia di chilometri di distanza e che per di più si tengono molto poco in contatto.
Spesso i figli sono presi dalle loro vite, lavorative e familiari, da trascurare il legame primordiale con i propri genitori, che si pensano sempre lì a disposizione, indistruttibili e immortali. Il punto focale, che il regista ha voluto puntualizzare, è come nonostante oggi le persone siano continuamente connesse l’una all’altra attraverso i mezzi di comunicazione, non lo siano più fisicamente da tempo. Ci si sente a disagio nel porsi fisicamente in comunicazione con l’altro, non lo si riesce più a guardare negli occhi.

La figura paterna che emerge è quella di un padre che ha lavorato senza sosta per garantire un futuro ai suoi figli, ma che ha trascorso poco tempo con ognuno di loro e il risultato finale è che non li conosce. Inoltre ha riversato su di loro grandi aspettative, spingendoli a sfondare nel campo prescelto.
Questo ha creato in loro una notevole responsabilità e voglia di non deludere, ma nel tentativo di soddisfare il loro amato padre, si sono allontanati da lui. I figli come i genitori non sono perfetti, l’importante è riuscire a parlarsi e cercare di capire chi si ha di fronte senza giudicare.
Un altro aspetto presente è la contrapposizione di due mondi differenti e con due differenti linee di pensiero.
Frank proviene da un ambiente operaio, che conosce il lavoro duro e il sacrificio, che è rimasto sempre nel suo orticello, non vedendo cosa gli capitasse intorno. La moglie è stata il tramite col mondo esterno e gli ha raccontato una famiglia perfetta che in realtà non c’è mai stata, per non dargli preoccupazioni e farlo stare male. I figli sono tutti dei professionisti e sono parte integrante del mondo che Frank non conosce.

Stanno tutti bene è un viaggio che permette fisicamente a Frank di mettersi in rapporto col mondo ed emotivamente lo porta a vedere i suoi figli per quello che sono in realtà e ad esserne orgoglioso.
Tra tutte le vite tratteggiate dal regista, quella che è più avvolgente e crea una sorta di sospensione nello spettatore è quella di David: è bastata l’inquadratura di una facciata, un corridoio, una lettera sotto la porta e infine un appartamento vuoto per infondere drammaticità e lirismo, anche nella sequenza in cui Frank rivede il figlio.
La musica contribuisce a conferire la linea emotiva del film. Dario Marianelli ha composto una colonna sonora inedita e Paul McCartney ha scritto il brano “(I want to) come home”, orchestrato in collaborazione con Marianelli, che chiude la pellicola.
È un film che riesce a toccare delle corde a cui tutti sono sensibili: l’amore famigliare.