Vallanzasca - Gli angeli del male
Scritto da Gianlorenzo Franzì   
giovedì 27 gennaio 2011

Vallanzasca - Gli angeli del male
Titolo originale: Vallanzasca - Gli angeli del male
Italia: 2010. Regia di: Michele Placido Genere: Drammatico Durata: 125'
Interpreti: Kim Rossi Stuart, Valeria Solarino, Filippo Timi, Moritz Bleibtreu, Francesco Scianna, Gaetano Bruno, Paz Vega, Nicola Acunzo, Stefano Chiodaroli, Lino Guanciale, Paolo Mazzarelli, Federica Vincenti, Monica Barladeanu, Lorenzo Gleijeses, Gerardo Amato, Adriana De Guilmi, Teresa Acerbis
Sito web ufficiale: www.mymovies.it/vallanzascagliangelidelmale
Sito web italiano: 
Nelle sale dal: 21/01/2011
Voto: 2,5
Trailer
Recensione di: Gianlorenzo Franzì
L'aggettivo ideale: Noioso
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VallanzascaPrima della Milano da bere, la Milano da rapinare nelle mani di Vallanzasca, prima bandito poi anarchico contro le istituzioni carcerarie: Placido continua a scrivere il suo personale romanzo criminal-popolare dell’Italia più nera, e tinta di rosso.
Peccato che però, al contrario della storia sulla Banda della Magliana, con Vallanzasca il regista sembri perdere lo slancio e l’ispirazione, quasi non riuscisse ad entrare in sincronia con i personaggi che racconta. Infatti, Vallanzasca sembra correre veloce ma sempre come fuori sincrono, come se il regista raccontasse una storia che non si sovrappone bene con le immagini.

Chi invece entra in perfetta simbiosi è proprio Kim Rossi Stuart: e non sarà un caso se l’attore è co-autore dei testi e del soggetto. Il suo bel Renè svicola fuori da tutti i punti morti del film, agghiaccia con lo sguardo e incanta con una intepretazione di alto livello, al limite del mimetismo - senza però cadere in un calligrafismo logoro e stucchevole, oltreche fuori luogo.

Il resto del cast fa la sua (a parte Filippo Timi, spesso fuori tempo), ma quello che manca è proprio la regia: caso strano parlando di un Autore che ha fatto del registro muscolare la sua firma stilistica.
Alla fine insomma, resta l’impressione di un’occasione sprecata, di un castello di carte che non si regge sulle sue stesse gambe: un primo tempo che sembra appunto un romanzo criminale senza nerbo, e una seconda parte che invece si affloscia nel dramma carcerario, raschiando e rischiando in più passaggi la noia.