L'ultimo dei templari
Scritto da Dario Carta   
mercoledì 30 marzo 2011

L'ultimo dei templari
Titolo originale: Season of the Witch
USA: 2011. Regia di: Dominic Sena Genere: Avventura Durata: 111'
Interpreti: Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham, Ulrich Thomsen, Stephen Campbell Moore, Robert Sheehan, Claire Foy, Christopher Lee, Matt Devere, Nick Thomas-Webster, Peter Linka
Sito web ufficiale: www.seasonofthewitchmovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 17/06/2011
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Medioevale
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L'ultimo dei templariDei peccati della Chiesa.
Inquisizione o Crociate,la sua ingerenza nella storia non riesce a quietare gli animi.
In "Cathedral", Graham Nash spalancava il suo sgomento fra gli altari della Cattedrale di Winchester,per quanta gente possa essere morta per il Nome del Salvatore.
Il cinema non ha trascurato il capitolo. Da "Il nome della rosa" a "Le Crociate" di Scott,le pagine dell'alto Evo sono sfogliate in un esame più o meno attendibile su un periodo doloroso e controverso,del quale l'attuale Pontefice ha avuto il merito e il coraggio di domandare perdono.

Ne "L'ultimo dei templari",Nicolas Cage - non nuovo all'argomento,pure se in ambientazioni e situazioni differenti - cavaliere di ritorno dalle Crociate,cerca il proprio riscatto a fronte di un eccidio commisurato solo alla follia umana che lo provoca,considerate soprattutto le motivazioni di natura religiosa che,da santi propositi,conducono all'ingerenza e alla morte.
Dominic Sena ("Whiteout","Swordfish") apre il film con una premessa che inquadra il racconto nel 1250,dove si assiste al processo e all'esecuzione di tre donne accusate di stregoneria.
Due di esse torneranno in vita,confermando la loro natura maligna al prete che ha officiato il processo.
La scena si sposta a qualche decennio dopo,fratturando il racconto che isola il prologo ad episodio a sè stante,senza agganci logici a quanto segue,se non l'intento a zoomare una condizione sociale e religiosa afflitta dal morbo portato dal Maligno,visto incarnato nel genere femminile.

Behmen (Cage) e Felson (Ron Perlman),due cavalieri fedeli a Dio e alla Chiesa e impegnati nella Crociata - non viene precisata quale Crociata,ma nè la geografia nè la precisione storica sembrano essere il carattere dominante del film - capiscono in un'epifania dell'orrore di una guerra senz'anima,che non intendono continuare a uccidere nel Nome della Chiesa e decido di disertare.
Sulla strada verso casa,vengono chiamati al cospetto del cardinale D'Ambroise (Christopher Lee),vecchio e in fin di vita,vittima della peste e che,in cambio del perdono per la diserzione,vuole che i due cavalieri portino una donna (Claire Foy) sospettata di stregoneria e presunta responsabile del diffondersi della Morte Nera,in un villaggio remoto dove sorge un monastero nel quale  verrà processata.
Per Behman proteggere e salvare un'innocente è un'opportunità di riscatto per i peccati commessi in Nome di Dio e i due accettano la missione,accompagnati da un giovane prete (Stephen Campbell),un nobile cavaliere (Ulrich Thomsen),una guida (Stephen Graham) e un giovane aspirante cavaliere (Robert Sheehan).

Presto affiorerà la vera natura della donna e il gruppo comprenderà a chi o cosa dovranno far fronte.
L'intrigante e violenta apertura del film non viene portata a compimento nel seguito della narrazione di un film che si dispiega altisonante ed ambizioso come una fanfara.
Le sottotrame della condizione spirituale di Behmen e dell'ambiguità sulla reale natura della presunta strega lasciano presto il posto ad una dispersione di tematiche esoteriche saturate da effettacci digitali più stravaganti che intensi.
Il rapporto fra Cage e Perlman si esaurisce in una indiscutibile superiorità scenica di quest'ultimo,cui viene affidata senza dubbio la maggiore credibilità artistica rispetto a Cage,preda di solenni posture protagonistiche tracimanti roboanti arcaismi espressivi da recitazione operistica.

Sena imposta il film sui cardini poco oliati di una condizione storica ecclesiale controversa,focalizza in seguito l'attenzione sul rapporto fra uomo e Fede e sposta l'accento sul dualismo colpa - innocenza,ma l'aspetto della trascendenza scivola nella faciloneria soprannaturale e il meccanismo umano stride in un racconto fantasy di ambientazione medievale,fitto di artificiosità digitali legittime fino alla decenza visiva,mal tollerate oltre il limite del buon gusto e comunque prive del minimo senso di originalità.
La rivelazione spirituale che spinge i due amici a trasfigurare la loro fede smarrisce la strada nelle smancerie di sequenze etichettate dai paradigmi del cinema di genere,innervati da rozzi dialoghi - perdipiù in Cage in un evidente accento newyorkese - e pervasi dai toni di colori desaturati insufficienti per la credibilità dello scenario.
Sotto molti aspetti Behmen può ricondursi all'uomo contemporaneo,affaticato da un'esistenza deludente ed avversa,invasa dalle ansietà di ogni epoca,ma nè la sceneggiatura di Bragi F. Schut,nè la regia di Sena nè tantomeno il pesante approccio mimico di un Cage fuori dai suoi film,riescono a conferire sostanza ad un film medievale nella trama e nella sostanza.