Titolo: Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini
Titolo originale: Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini
Italia: 2013. Regia di: Ettore Scola Genere: Documentario Durata: 93'
Interpreti: Sergio Rubini, Antonella Attili, Vittorio Viviani, Sergio Pierattini, Tommaso Lanzotti
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 12/09/2013
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Domenico Astuti
L'aggettivo ideale: Mesto
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Chi è Federico Fellini ? E’ un grandissimo bugiardo che attraverso la
finzione crea un suo mondo fantasioso e profondo, meno ottuso e noioso.
E’ un
Pinocchio che scappa dalla vita adulta per rimanere all’età del sogno. E’ un
ragazzo provinciale etroverso, inquieto e a volte annoiato.
Ma è anche un
autore profondissimo e sofferente che fa dire al suo alter-ego Guido in 8 ½ :
ma che cos’è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita?
Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo. Com’è
giusto accettarvi, amarci.
E come è semplice! Luisa, mi sento come liberato:
tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi
spiegare. Ma non so dire…
Insomma è stato colui che ha fatto commuovere e
sognare gli spettatori di quasi tutto il mondo raccontando la provincia
italiana ( quella degli antieroi, dei conformisti, delle donne semplici e
giunoniche, dei circhi e dei freaks italiani ) o la Roma della ricostruzione (
con gli uomini-intellettuali spesso in crisi col mondo: il Marcello de La
Dolce Vita… Giulio di 8 ½… lo Steiner suicida sempre de La Dolce Vita… ) e
facendo così è riuscito a raccontare piccole-grandi storie ( “ Lo sceicco
Bianco “, “ I Vitelloni “, “ Cabiria “, “ La strada “ ) rendendole cosmiche.
Un regista mito che ha ottenuto ben 5 Premi Oscar e riconoscimenti in tutto il
mondo. E lo troviamo anche nel vocabolario, e non solo italiano, come
inventore di parole come Paparazzo, Vitellone… O con termini come Fellinesco,
Personaggi felliniani o con affermazioni comuni come “ La Dolce Vita “.
Ci ha lasciati giusto vent’anni fa, il 31 di Ottobre. E un po’ è come se ci
avesse lasciato il Ventesimo Secolo con i suoi modi di vivere, con il suo modo
di vedere le cose, di ridere e pensare e soffrire.
Pensare a Fellini è come
immaginare qualcosa che non potrà mai esserci più, qualcosa che purtoppo
appartiene alla Storia ma non più al comune senso del sentire. E come se
volessimo pensare ad un legno di mogano in un luogo di plastica.
Addio al
Circo, addio ad un certo tipo di persone semplici e vere, addio ad un Secolo
che non si riconosce più.
Adesso un ottimo regista di ottant’anni come Ettore Scola, amico di lunga data
di Fellini e come lui estraneo al mondo di oggi, si cimenta a raccontare una
parte della vita di Federico. E gira il docu-fiction “ Che strano chiamarsi
Federico “, verso dell’altro Federico, Garcia Lorca. Racconta l’arrivo a Roma
nel 1939 e la sua assunzione al giornale Marc’Aurelio ( un blocco troppo
prolisso e lungo in cui c’è anche lo Scola liceale e mezzo Cinema italiano del
futuro ), un secondo blocco in cui si vedono Federico e Ettore girare assieme
in auto di notte alla ricerca di esseri umani che possano stimolare la fantasia
e allontanino la noia di Fellini, e poi i provini per il film Casanova ( in cui
si vedono degli improbabili Sordi, Tognazzi e Gassman che potrebbero avere la
parte ). Insomma un viaggio nel tempo, frammenti, ricordi, immagini di
repertorio, ricostruzioni che provano a raccontare il Maestro e il suo mondo
fantastico, senza andare mai nel privato ( Giulietta e le altre tante donne, la
morte del figlio Federico, la psicanalisi ), ma purtroppo senza riuscire a
riprodurre quel mondo, quella magia, quel fascino .
E quando all’inizio Scola
prova a ricrearlo, riprendendo un Fellini di spalle che seduto guarda il mare
sulla spiaggia e osserva vari personaggi da circo, l’effetto è scadente e
tornano in mente di rimando le struggenti e grottesce scene del film I clowns.
Chiude il film, una carrellata di sequenze tratte dalle opere che hanno reso
celebre Federico Fellini.
Forse perché le intenzioni di Scola erano altre da quelle attese dal vostro
recensore ma ho trovato l’opera senza brio, senza fatti nuovi, senza
empatia emotiva. Infatti ha dichiarato il regista “ Questo non è un film e
non è un documentario.
Non volevo ricordare Federico a 20 anni dalla sua morte
con la solite sillogie di repertori.
Anche chi non ha visto un suo film, così
come succede con le poesie di Leopardi, è come se lo conoscesse, vive nel mondo
che lui ha fatto di tutto per rendere più vivibile e più bello.
Nel film non c’
è il tentativo di ricostruire certe emozioni della sua visionarietà, ma posso
dire che è composto da angoli, come rispecchia bene la scenografia di Luciano
Ricceri fatta di piccoli ambienti attigui. Non sono necessariamente
consequenziali o in ordine cronologico, ma sono i luoghi di alcune emozioni
provate durante quasi 50 anni di conoscenza con Federico ”.
Ma quello che ci
dice è un po’ come se sapessimo che c’è una donna bellissima e quando ce la
presentano è struccata, nervosa, pensierosa.
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