Leoni per agnelli.
“Se questo fosse stato semplicemente un film sulla guerra, probabilmente non avrebbe suscitato il mio interesse, perché sapevo che questo argomento comparirà in molte trasposizioni cinematografiche nel tempo. Invece, quello che mi interessava di Leoni per agnelli è il modo in cui la storia utilizza la guerra per raccontare tre vicende personali su dei problemi che mi stanno molto a cuore: il ruolo dei media, dell’istruzione, della politica e della gioventù negli Stati Uniti. Quello che mi interessava in particolare era l’idea che queste storie, in qualche modo, potessero essere messe insieme in maniera drammatica, per spingere il pubblico a riflettere su quale sia la nostra situazione attualmente”. - Robert Redford .
Per cosa vale la pena lottare? Ci sono ancora ideali per cui morire? Abbiamo ancora spazio per l’etica? Le risposte Redford le lascia allo spettatore rendendolo così partecipe della storia.
Una storia che si svolge in tre location, che si struttura su tre dialoghi tutti tesi ed emozionanti e si basa su sei personaggi che si confrontano sulle grandi tematiche che attenagliano le sorti del popolo americano dopo l’11 settembre.
In un ufficio del Congresso, il Senatore che aspira alla Presidenza Jasper Irving (Tom Cruise) sta per fornire una notizia sensazionale, su un cambio di strategia bellica, ad una giornalista televisiva che svolge delle ricerche (Meryl Streep): i due portano avanti un feroce gioco tra gatto e topo utilizzando arguzia, fascino e vari sotterfugi. Alla West Coast University, un professore un tempo idealista, il dottor Malley (Robert Redford) si confronta con uno studente capace e smaliziato (Andrew Garfield), che ha bisogno di una spinta perché rischia di non sfruttare tutto il suo enorme potenziale. Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, nel cuore della battaglia in Afghanistan, due ex studenti di Malley, Arian (Derek Luke) ed Ernest (Michael Peña), vivono sulla propria pelle i dibattiti e i discorsi dei mentori e dei politici in un acceso combattimento per la sopravvivenza, con conseguenze strazianti che avranno ripercussioni sulle vite di tutti loro.
“Non sono interessato ai film politici per il semplice amore della storia. Ci deve essere una vicenda incentrata sui personaggi, come è avvenuto, per esempio, con Tutti gli uomini del presidente. Quello che mi piaceva è che tutti i protagonisti nelle tre storie di Leoni per agnelli hanno degli interessi personali e talvolta non si integrano molto bene tra loro”, sostiene il regista. “Delle tre storie, due si svolgono in uffici: la sfida era riuscire a rendere il tutto drammatico e cinematografico. Più ci pensavo e più la prova diventava dura, cosa che mi attirava molto”.
E forse quel che pesa di più sul film è un impianto scenico di tipo teatrale, anche se la bravura degli attori attutisce questa visione e spesso riesce a trascinare lo spettatore nella storia.
Ma come nasce questo progetto?
“Non penso che il film sarebbe stato realizzato se non fosse stato per Tom”, sostiene Redford. “L’idea che lui avrebbe interpretato un Senatore era così anomala ed intrigante, che ha suscitato il mio interesse. Allora, ho chiamato Meryl e le ho detto ‘sono interessato a questo progetto e tu?’ e lei ha risposto ‘se lo fai tu, lo farò anch’io’ e quindi tutto si è svolto molto rapidamente”.
In effetti, quando la Streep ha letto la sceneggiatura non sapeva ancora dell’adesione di Redford, ma è stato il semplice impatto del soggetto che l’ha attirata e ha continuato a farlo.
“E’ una storia incentrata sul compiere le scelte giuste, ma è anche un film su quanto sia semplice non fare nessuna scelta”, dichiara l’attrice. “E’ un film che sostiene che non importa quello che pensi o senti se non fai nulla a proposito, se non ti alzi in piedi e metti tutto in gioco”.
Anche Cruise riteneva assolutamente che la storia avesse il potenziale di stimolare ed ispirare, piuttosto che solleticare semplicemente gli istinti più primordiali come fanno tanti thriller e pellicole d’azione che affrontano gli eventi contemporanei. “Non l’ho mai visto come un film bellico”, spiega l’attore. “Ritengo che questa pellicola favorirà il dialogo e metterà alla prova alcune delle idee del pubblico, non importa quale sia il loro punto di vista.
Parla di temi senza tempo alla base della nostra nazione, come la libertà di parola e di pensiero, ma invita gli spettatori ad interpretare da soli gli eventi che osservano. Anche nel corso della produzione, tutti, da Bob al cast ai membri della troupe, si sono trovati ad avere continuamente delle conversazioni complesse su questi soggetti. Quindi, lo vedo come un film di grandissimo intrattenimento, ma anche eccitante perché suscita una partecipazione notevole”.
L’ispirazione di Leoni per agnelli è nata da un utilizzo distratto del telecomando.
Mentre stava guardando stancamente la televisione una notte, il giovane sceneggiatore Matthew Carnahan ha abbandonato una storia giornalistica straziante sull’Iraq alla ricerca di sport...
Perché? Perché aveva cambiato canale?
“Questo gesto mi ha colpito come un pugno in faccia. Il fatto che non stessi prestando attenzione a quello che succede realmente nel mondo intorno a me e ai miei compatrioti che stanno offrendo le loro vite, e come molti di noi siano distanti dalla realtà di quello che sta avvenendo, nascondendosi dietro le pareti confortevoli delle nostre vite quotidiane. Così, io mi sono seduto e ho iniziato a scrivere di questa idea dell’impegno personale: cos’è, come nasce e quello che si può ottenere attraverso di essa… Sono degli argomenti pesanti e non puoi veramente rendere loro giustizia senza sviscerarli nei minimi dettagli. Inoltre, per raccontare questa storia, ritenevo che fosse importante sovrapporre questi uffici puliti e sicuri in cui le persone non fanno altro che conversare - perché saranno anche conversazioni importanti ma si tratta soltanto di parlare l’uno con l’altro - con le catene montuose nel deserto dell’Afghanistan dove sono veramente in gioco delle vite umane”.
Carnahan ha diviso la sua osservazione sui diversi modi di affrontare la nostra epoca complessa in quattro settori principali: politica, mass media, volontariato nell’esercito e gioventù privilegiata con un’istruzione di alto livello. Poi sono nati i personaggi e le storie si sono intrecciate tra loro, in modo casuale ma come avverrebbe nella realtà, in un tranquillo mercoledì qualsiasi, mentre la maggior parte delle persone è occupata a studiare e lavorare, a svolgere una vita normale.
La Janine Roth interpretata dalla Streep arriva nell’ufficio del senatore Irving incerta su quello che vuole veramente. Diversi anni prima, un articolo che aveva scritto ha contribuito a far diventare questo giovane politico ambizioso il salvatore del suo partito e da allora lui le ha dimostrato la sua gratitudine. Ora, il senatore spera di ottenere il suo appoggio per una storia che avrà probabilmente un impatto maggiore, sia nella ‘Guerra al terrore’ che per le sue ambizioni di diventare Presidente. L’unico problema è che questa volta la Roth, che ha visto come i mass media possono sottomettersi ai programmi dei politici, non si lascia influenzare facilmente.
L’attrice era attirata specialmente dal dilemma morale di Janine Roth, che stava partecipando a questo gioco con un politico che voleva utilizzarla per ‘vendere’ accuratamente la storia diun’operazione militare mortale. La Streep ha capito immediatamente quali sarebbero stati i suoi pensieri in circostanze così eccitanti ma anche pericolose. “La Roth è una donna prestigiosa di una cinquantina d’anni con delle responsabilità familiari e sa che avrebbe problemi a trovare lavoro se venisse licenziata”, spiega la Streep. “Quindi, ci sono molte cose che potrebbero bloccarla dal dire quello che pensa veramente”.
Era anche chiaro alla Streep, così come lo era a Janine Roth, quali fossero le conseguenze di un’informazione che non vuole mettere tutto in gioco per cercare la verità in una società democratica.
“Noi dipendiamo dalla libera informazione, che deve fornirci i dati giusti che ci permettano di prendere delle decisioni molto importanti”, fa notare l’attrice.
E su Tom Cruise, suo antagonista nelle vesti del Senatore Irving rivela “Tom esprime bene l’idea di una persona che potrebbe diventare il futuro del suo partito. Le nostre scene sono state come un duello, con delle finte e delle stoccate, e due punti di vista molto ben esposti che si scontrano. Il compito di Janine è di nascondere quello che prova in modo da scoprire la storia, mentre quello del Senatore è di celare chi è realmente per presentarsi nel modo in cui preferisce essere conosciuto.
Quindi, è molto interessante osservare questo confronto”.
L’ultima occasione in cui la Streep ha lavorato con Robert Redford è stato quando ha interpretato la coprotagonista dell’acclamato La mia Africa, che ha segnato l’avvio di un’amicizia profonda, segnata dalla loro passione reciproca per l’ambiente. In questa occasione, lavorare con Redford come regista è stato una rivelazione. “Allora, lui era una grandissima stella ed io ero praticamente in adorazione nei suoi confronti”, ammette l’attrice. “Ma ora ritengo che siamo entrambi
dei veterani. Come regista, lui è così intelligente e informato su questi problemi, che io mi sono affidata completamente alle sue mani. Questo film è diverso da tutto quello che aveva affrontato in precedenza, ma riesce a mantenere sempre la sua integrità nei confronti del materiale. Ero meravigliata di vedere come fosse riuscito a rendere una storia unica invece delle tre che c’erano sulla carta e a fornire tutta questa forza e integrità alla pellicola”.
E Tom Cruise come ha costruito il suo personaggio? “Sarebbe stato molto semplice rendere il Senatore un cattivo che si liscia i baffi, ma il risultato sarebbe stato un disastro. Lui ha un punto di vista legittimo e questo deve essere descritto in maniera autentica”, fa notare Redford.
“Quello che rendeva così interessante Tom per me è che manteneva questa intensità e questa notevole energia che esaltavano l’uomo che crede realmente in quello che sta facendo, ma che ha anche i suoi interessi personali”.
Nei panni di Irving, interpreta un uomo che è spinto da solide convinzioni personali quando decide di rischiare delle vite americane. “Era una grande sfida per me come attore ed era diverso da tutto quello che ho fatto finora”, spiega Cruise. “Jasper Irving è una persona dotata di una profonda conoscenza nel campo delle questioni governative e militari e che ritiene che il suo sia il modo migliore di fornire un contributo alla nazione. Io non potevo interpretarlo come un semplice personaggio. Piuttosto, sentivo di dover diventare veramente come lui, capire quello che sapeva e vederlo dal suo interno. Era un ruolo per cui dovevo studiare e fare molte ricerche”.
Per scavare ancora più in profondità dietro ai ferventi discorsi di Irving in favore dell’escalation militare, Cruise si è tuffato in un periodo intensivo di letture e apprendimento. “Ho passato molto tempo a chiarirmi le idee sul governo attuale, sulla storia del pensiero conservatore e sugli affari esteri contemporanei”, nota l’attore. “Dovevo diventare come Irving, approfondendo le sue conoscenze. Sono anche stato molto fortunato a poter parlare con alcune persone di altissimo livello, molto disponibili con me nel condividere il loro punto di vista”.
L’attore doveva anche trovare un sistema dinamico per interagire con il personaggio della giornalista interpretato da Meryl Streep, in modo da creare un brivido coinvolgente nelle scene che avvenivano nelle poche decine di metri quadrati di un ufficio. “Io non vedevo l’ora di interpretare queste scene con lei, di portare avanti questo magnifico gioco di arguzia ed intelletto”, ammette Cruise. “Su Meryl è già stata detta ogni cosa possa essere riferita ad una grande artista e ritengo che sia tutto vero. E’ una donna molto forte e un’attrice incredibilmente generosa.
E’ stato veramente un sogno per me lavorarci assieme”.
Per Cruise, la chiave nelle loro scene insieme era far sentire al pubblico la tensione che esisteva tra i due. “Le dinamiche tra il Senatore e il personaggio di Meryl sono decisamente eccitanti a mio avviso, perché si salta tra diverse idee in conflitto. La sfida intellettuale era decisamente coinvolgente e, come attore, incredibilmente divertente”, rivela Cruise.
In questo percorso, Cruise ha anche scoperto quanto era fondamentale lo stile registico di Redford. “Il suo lavoro è sempre incentrato sui personaggi, ma c’è anche una profonda attenzione alla storia e alla struttura, in modo che quello che vediamo non sia soltanto autentico, ma esprima anche dramma e tensione” sostiene l’attore. "Considero un grande onore aver potuto lavorare con lui”.
La seconda storia si basa sulla conversazione tra il Professor Malley e lo studente Todd “Malley ha visto molti giovani scivolare nell’apatia e nel cinismo nel corso degli anni, ragazzi che si chiedono perché dovrebbero farsi coinvolgere e non dovrebbero invece puntare ad una vita agiata e spensierata. C’è questo sentimento diffuso che ti fa pensare che sia ridicolo essere coinvolti in un sistema che è così marcio. Malley ritiene che Todd sia una persona che abbia i mezzi per condurre una vita agiata se è proprio quello che desidera, ma che possa fare anche un passo avanti e tentare qualcosa di più rischioso”.
Redford, per il ruolo di Todd ha scelto un esordiente: Andrew Garfield, un attore britannico di teatro. Il regista sottolinea come Garfield sia stato decisamente un rischio, anche perché proveniendo dall’Inghilterra non aveva mai vissuto un’esperienza in un’università americana. “Non è americano, così le probabilità erano contro di lui, ma era così intelligente e brillante che ho pensato che sarebbe stato proprio il tipo di persona giusta per duellare con il mio personaggio”, spiega il regista. “E’ stata una scoperta assoluta e, a livello personale, un gran divertimento lavorarci insieme”.
Senza preoccuparsi delle sue origini, Garfield ha capito completamente il suo personaggio dalla testa ai piedi. “In sostanza, Todd è straordinariamente intelligente e pigro”, nota il giovane attore. “Si esprime bene, è informato e ha un grande potenziale, ma preferisce una vita spensierata, fatta di ragazze, confraternite e divertimento. E’ una cosa tipica dei giovani della sua età, perché anche se il mondo attualmente è un gran casino, ritiene sia molto difficile lottare”.
Ma l’aver capito Todd non rendeva automaticamente semplice interpretarlo. “Ho trovato veramente impegnativo”, ammette Garfield, “comprendere le ragioni di questo genere di apatia. Sono dovuto andare completamente contro i miei istinti”.
Ma Garfield è rimasto decisamente elettrizzato dall’intenso scambio di battute che emerge quando Todd si confronta con Malley, da cui deriva una straordinaria conversazione su quello che conta veramente nella vita. “Todd rimane decisamente sorpreso e scosso da Malley”, osserva l’attore.
“Ha questa enorme sfida da affrontare, perché questo tipo sta scavando nel profondo della sua anima, dicendogli ‘guarda, non stai facendo nulla con i doni che ti sono stati dati’, e costringendolo a osservare dentro se stesso in maniera più profonda di quanto abbia mai fatto. Penso che a Todd si apra una porta che avrebbe preferito rimanesse chiusa, perché lo costringerà a prendere una posizione”.
La terza storia è sul fronte, due ex allievi del Professor Malley, Arian ed Ernest, divenuti soldati, sono stati inviati in una missione segreta nel tentativo di dare una svolta alla guerra in corso.
Le loro azioni e il loro eroismo mettono in pratica l’inevitabile aspetto umano dei dibattiti in cui sono impegnate le persone che detengono il potere.
Nello scegliere Arian ed Ernest, Robert Redford sperava di trovare degli attori che potessero capire intimamente la provenienza di questi due giovani e quanto hanno dovuto lottare per realizzare i loro sogni. “Il pubblico deve sentire che arrivano da quartieri difficili, da cui sono usciti grazie ai risultati che hanno ottenuto”, sostiene il regista. “Assieme ai loro successi accademici e alla loro sofisticazione, devono comunque mantenere l’atteggiamento combattivo del ghetto”.
I due attori che li interpretano sono Derek Luke e Michael Peña e si sono sottoposti a un addestramento militare intensivo per sostenere i rispettivi ruoli.
Ma come ha sottolineato anche Luke, anche Peña afferma che nessun esercizio rigoroso o abilità nelle armi poteva prepararlo adeguatamente per le emozioni intense e l’agonia fisica che si prova a lavorare nella neve. “Mi ricordo di essere rimasto in una fanghiglia nevosa fino al petto e di aver dovuto ripetere a me stesso ‘ lo faccio per una buona ragione, è un ottimo film’”, ricorda l’attore.
Inoltre, Peña è rimasto profondamente emozionato dal coraggio e dal destino del suo personaggio e da tutte le questioni che solleva, riassumendo le sue sensazioni in questo modo: “per me, c’è una scena notevole quando ci ricordiamo la frase che Malley rivolge a Todd ‘mai i leoni sono stati condotti dagli agnelli’. Questo ti inquieta e ti spinge a riflettere”.
Sebbene Leoni per agnelli si svolga su entrambe le coste dell’America e dall’altra parte del pianeta in Afghanistan, per girare tutto rapidamente l’intera produzione è stata coinvolta, come se si trattasse di una pellicola indipendente, in un programma di lavoro intensissimo nella California del sud. Lavorando con una solida squadra di artisti che comprendeva il direttore della fotografia vincitore di un Academy Award Philippe Rousselot, lo scenografo Jan Roelfs e l’ideatrice dei costumi Mary Zophres, Redford è stato in grado di trasformare il Rocky Peak della Simi Valley nelle montagne accidentate del confine afgano.
Rousselot e Redford hanno incominciato le loro conversazioni sullo stile visivo del film osservando le immagini che potevano riflettere le qualità principali dei personaggi: il potere intenso del senatore Irving, l’idealismo in crisi di Malley, la spacconeria e il coraggio giovanile di Arian ed Ernest, e la scelta di Todd tra uno stile di vita spensierato e il prendere posizione per qualcosa.
Rousselot ha anche iniziato a sviluppare una tavolozza per unire tutte le storie che cresceva di intensità fino ad arrivare ad un climax straziante. “Abbiamo utilizzato molto il colore rosso nel corso del film, dall’ufficio del Senatore all’elicottero Chinook. E’ un colore molto forte ed è anche quello del sangue”, nota il direttore della fotografia.
Mentre buona parte del film è fatto di incontri in uffici dove l’attenzione è riposta sul realismo, sulle espressioni del volto e sull’elettricità delle idee che si avverte nell’aria, Rousselot ha puntato su un aspetto diverso per le sequenze sulle imponenti e fredde catene montuose dell’Afghanistan sotto controllo nemico, in una notte illuminata dalla luna. In questo caso, Rousselot ha utilizzato delle luci creative per fornire la sensazione di un’oscurità inquietante e sovrastante, ma che allo stesso tempo consentiva al pubblico di vedere gli sforzi di Arian ed Ernest nei minimi dettagli. “Queste erano le scene più interessanti a livello visivo”, sostiene Rousselot, “ma descrivevano anche una tragedia terribile”.
Nell’incastro tra una storia e l’altra si arriva così al suo epilogo e sul finale redford si esprime così: “Non voglio dire molto sulla fine del film, se non che il momento conclusivo vuole trasformarsi in un’immagine più astratta”, spiega Redford. “L’intenzione è di farlo diventare veramente il culmine di tutte le cose che sono state sviluppate nell’ultima ora e mezzo di pellicola e il momento in cui si avverte qualcosa di molto forte, in un modo o nell’altro, su quello di cui sei appena stato testimone”.
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