Titolo: Una voce nel disastro
Autore: Alberto Brodesco
Edizione: Meltemi
Anno: 2008
Pag: 190
Prezzo: 18,00
Minuziosa analisi delle modalità di rappresentazione della figura dello scienziato (e della scienza tout-court) nell’immaginario, “Una voce nel disastro” di Alberto Brodesco è anche un’esaustiva carrellata su oltre un secolo di cinema. Partendo dal capostipite, il Rotwang di “Metropolis”, il libro passa per il cinema espressionista e i mad doctor degli anni ’30, attraversa la fantascienza americana degli anni ’50 e i disaster-movie dei ’70, per poi approdare ai giorni nostri. Particolarmente efficace la definizione, aggiornata ai tempi, che Brodesco riserva al genere apocalittico/catastrofico, da lui ribattezzato “cinema dell’emergenza” (ma non lo è forse tutto il buon cinema?). Una definizione che fa da buon contraltare a quella di “immagine del disastro” della Sontag, in seguito ripresa da Enzo Ungari in un libro fondamentale sul genere.
Il cinema dell’emergenza corteggia l’apocalisse, soggiace alla fascinazione del sublime teorizzato prima dallo Pseudo Longino e poi da Burke e Kant, e allo stesso tempo, raramente con sottigliezza, investe di una funzione alternativamente salvifica o distruttiva la figura dello scienziato. Figura che diviene subito stereotipo, sia in positivo che in negativo, e che muta in accordo con le ansie e le paure del periodo storico preso in esame. Proprio nel suo farsi “stereotipo” risiede però la sua importanza, perchè permette al ricercatore di risalire a quella che è l’effettiva percezione sociale del personaggio.
Il saggio, sempre ironico ed esauriente, analizza anche gli ultimissimi “Invasion”, “E venne il giorno” e “Io sono leggenda”, e lascia un unico rimpianto: cita il Dr. Scott tralasciando il Dr. Frank-N-Furter, caso più unico che raro di mad doctor orgogliosamente “transgender”.
|