Il flauto magico
Gran Bretagna: 2006. Regia di: Kenneth Branagh Genere: Musical Durata: 138'
Interpreti: Joseph Kaiser, Amy Carson, Benjamin Jay Davis, Lyubov Petrova, René Pape, Kenneth Branagh, Silvia Moi, Ben Uttley, Vanessa Ashbee
Sito web: www.magicflutefilm.com
Voto: 5,5
Recensione di: Stella de Fanzago
Questo film è, a detta del suo finanziatore Peter Moores, la realizzazione di un sogno: quello di “portare l’opera fuori dai teatri” per raggiungere un pubblico più vasto di quello degli amanti della musica lirica.
Iniziamo con l’esaminare se l’obiettivo è stato raggiunto. L’opera è stata portata effettivamente sul grande schermo (e non è la prima volta, dato che già Ingmar Bergman aveva realizzato il suo Flauto Magico nel 1975) e con risultati scenografici di grande effetto. Separiamo però le considerazioni più strettamente attinenti la resa estetica da quelle inerenti l’obiettivo dichiarato dagli ideatori di questo progetto.
Innanzi tutto c’è da chiedersi se ha senso un progetto di questotipo , trasporre cioè un’opera appartenente a un ben preciso genere artistico utilizzando un linguaggio espressivo appartenente a un altro genere.
Questo Flauto Magico non è un libero adattamento cinematografico dell’opera di Mozart, ma ha espressamente voluto essere la sua traduzione in inglese e riproposizione puntuale sullo schermo, utilizzando al posto delle scene teatrali una meravigliosa scenografia valorizzata da una fotografia stupenda. Ma non è questo il punto, non sono questi indubbi meriti dei bravissimi Kenneth Branagh e Stephen Fry (sceneggiatori) e Roger Laser (direttore della fotografia) a salvare il film. Perché, se proprio si vuole riproporre un’opera settecentesca, con il suo linguaggio che può suonare pesantemente retorico se anacronisticamente inserito in una situazione volutamente moderna, non farne una riscrittura attualizzata, che la renda più accessibile al pubblico cinematografico, specie a quello che, secondo le intenzioni dei produttori, non è avvezzo a frequentare la lirica? La lunghezza del film, che supera le due ore, e la mancanza di dialoghi parlati (tutti sono rigorosamente cantati) non aiuta certo a farne un lavoro di facile fruizione, appesantito anche dalla continua riproposizione di buoni sentimenti quali l’importanza dell’amore; la supremazia della musica per aiutare l’umanità a ritrovare la pace e l’armonia; il ripudio per la guerra e le sofferenze che arreca.
Molto ci sarebbe da dire in merito alle magnifiche scene; all’uso sapiente delle riprese a volo d’uccello, di grande suggestione; alla fotografia che si sposa in maniera perfetta alla stupenda musica mozartiana, esaltando le sensazioni dello spettatore.
Un’unica caduta di stile, purtroppo nella scena finale, in cui si è ideologicamente voluto sottolineare ancora una volta il ruolo della musica, simboleggiata dal flauto magico, tenuto teso contro il cielo in unascultura che riprende i due giovani innamorati, che hanno superato tutte le prove che hanno permesso loro di coronare il loro amore contro le forze del male (!) secondo uno stile figurativo, ahimé, molto simile a quello dell’estetica delrealismo sovietico.
Una sottolineatura ideologica che poteva essere evitata.
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