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Scritto da Francesca Caruso   
sabato 09 ottobre 2010

Step Up 3D
Titolo originale: Step Up 3D
USA: 2010. Regia di: Jon M. Chu Genere: Musical Durata: 107'
Interpreti: Rick Malambri, Sharni Vinson, Alyson Stoner, Adam G. Sevani, Stephen Boss, Uzimann, Harry Shum Jr, Ally Maki, Kylie Goldstein, Christopher Scott, Luis Rosado, Ruby Feliciano, Monique Dupree, Kendra Andrews, Cheryl Alessio, Owen J. Murphy, Jason Etter, Keith Stallworth, Joe Slaughter, Bryan Dechart, Alex Charak, Kristen Kress, Michael Trobiano
Sito web ufficiale: www.stepupmovie.com
Sito web italiano: www.stepup3dilfilm.it
Nelle sale dal: 08/10/2010
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Acrobatico
Scarica il Pressbook del film
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Step Up 3DJon M. Chu prende il timone di questo terzo capitolo di Step Up, mantenendo alla base gli elementi che hanno caratterizzato i primi due e aggiungendovi qui un numero notevole di sequenze di danza, utilizzando il 3D. La volontà è stata quella di creare una battaglia virtuale tra i ballerini sullo schermo e lo spettatore che ne è seduto davanti. L’intento è di mettere lo spettatore nella posizione di avere la sensazione tangibile di ballerini che “ti piroettano davanti alla faccia”.
Reduce dal successo negli USA di Step Up 2, Chu ha voluto alzare il tiro, creando qualcosa di incredibilmente spettacolare sia nelle coreografie di danza che con la colonna sonora, scelta con cura. Ogni passo è stato ponderato.

Ha voluto far convivere più stili di danza per mostrarne la varietà e ha cercato tra i ballerini più bravi, per ottenere ciò che voleva il film fosse: una lettera d’amore alla danza. La danza è infatti per Chu uno dei pochi linguaggi universali che raggiunge in maniera trasversale la comprensione e la sensibilità di chiunque. Il ballo entra dentro e non si può smettere di sentirne il sapore liberatorio, distensivo ed espressivo. Chu mostra gli street dancer, dalla brake dance all’hip hop, il tango, il tip tap e molto altro e omaggia i musical classici, in una scena molto tenera e coinvolgente. Moose e Camille, amici inseparabili, sono due nuove matricole dell’Università di New York.
Moose ha promesso ai suoi genitori di aver chiuso con la danza, ma poco dopo il suo arrivo si trova a dover affrontare una sfida di ballo con un ragazzo. La sua bravura viene immediatamente notata da Luke, che è a capo di una squadra di ballerini: i Pirati. Luke gli chiede di unirsi a loro per partecipare alla gara della World Jam, vincere il premio in denaro e salvare la casa dove tutti vivono insieme, altrimenti confiscata dalla banca. Più semplice a dirsi che a farsi, visti anche gli avversari accaniti, che si trovano di fronte e che non perderanno occasione per indebolirli.

Il regista ha optato per due personaggi già noti per avere un coinvolgimento immediato di colui che guarda, che non ha bisogno di conoscerli, ma attraverso loro conoscere il nuovo mondo che Chu ha voluto mettere sotto i loro occhi. Attraverso Moose (Adam G. Sevani) e Camille (Alyson Stoner) ci si avventura nell’universo immenso dei balli underground di New York, di una realtà vitale, di come i giovani vivano questa passione e come conducano le loro vite.
Mostra le scelte che ognuno di loro ha fatto, fa e farà per raggiungere una meta. Il film inizia con delle interviste ai vari personaggi, che poi si scopre essere Luke a realizzare. Questo per catalizzare l’attenzione su quello che vuole essere un racconto realistico di come possano vivere alcuni giovani. Certo è un punto di vista, non vale per tutti, ma è tratto dall’esperienza vissuta dal regista in prima persona.
Il tema, che è poi il filo conduttore, è quello di trovare la propria identità, tutti sono alla ricerca di capire chi siano e cosa vogliono realmente diventare. Imparano a non reprimere le proprie aspirazioni e talento. In testa ci sono Moose, combattuto tra lo studio e l’amore per la danza, e Luke, che si sente responsabile dell’eredità lasciatagli dai genitori e la passione per la regia.

Il messaggio, che è coerente in tutti e tre i film, è il credere in se stessi, se si crede in se stessi si può superare qualsiasi ostacolo. Un elemento comune è quello fiabesco, più accentuato in Step Up 2, che Chu ha voluto infondere per far credere ancora nei sogni e che questi si possano realizzare. L’impegno, il talento e la perseveranza sono qualità che si debbono possedere per arrivarci e non bisogna smettere di crederci.
Per dare corpo a questo tema produttori e regista hanno scelto New York. Le persone vanno a New York da tutto il mondo per realizzare i propri sogni e Chu ha voluto inserire in questa città multisfaccettata come Moose riesce a comprendere ciò che vuole dalla vita.
Il film è pieno d’azione data dalle numerose sequenze di ballo che Chu ha voluto inserire, l’intento è stato quello di raccontare la storia attraverso la danza. Gli attori e i ballerini comunicano maggiormente attraverso il movimento, a seconda delle situazioni in cui si trovano si esprimono con stili diversi. In questo Chu è riuscito benissimo, si nota la sua esperienza e la sua passione, inoltre la colonna sonora contribuisce ad arricchire le immagini.
Punto debole è il racconto, che sa di già visto e scontato, seppur con una buona idea alla base. La storia è subordinata alla danza e tutto sommato potrebbe essere una nuova chiave di lettura di questo genere.

A differenza dei precedenti in Step Up 3D il ballo è portato al di fuori della scuola, nel mondo esterno.
Tra le tante belle, una sequenza colpisce maggiormente ed è quella in cui i Pirati danzano su un palco inondato d’acqua. Questo elemento deve piacere molto a Chu, che lo ha utilizzato in Step Up 2, in una sequenza in cui i ballerini danzano sotto la pioggia. L’acqua, in queste occasioni, conferisce un tocco visivamente potente e Chu l’ha saputo sfruttare bene in entrambi i casi. È un film che mostra la danza e che parla dell’amore per la danza, di come la danza abbia la capacità di far sentire viva una persona. Piacerà agli amanti del genere e a chi vuole gustare delle coreografie piene di ritmo e azione.

 
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