Si conclude la VI edizione dell’Asian Film Festival, diretto da Antonio Termenini, che quest’anno ha presentato 18 pellicole in concorso, con un occhio particolare al cinema di Taiwan. Nella sezione “Youth on Youthness in Taiwan” sono stati presentati quattro film accomunati dal tema dell’inquietudine adolescenziale, dai risultati oscillanti ma in gran parte irrisolti (Eternal Summer, Reflections, The Touch of the Fate), che tendono a scivolare nel risaputo senza mai trovare una forma cinematografica compiuta che gli permetta di sollevarsi da una mediocrità un po’ anodina, con la parziale eccezione dell’anomalo “The Wall-Passer”.
La retrospettiva di quest’anno, dedicata a Brillante Mendoza, ha permesso di gettare uno sguardo su uno dei registi più significativi della new wave filippina. Erede di Lino Brocka, autore forse meno irruento di Lav Diaz, Mendoza, che suscitò grandi entusiasmi e feroci stroncature al tempo della presentazione a Cannes dell’ultimo “Serbis”, è comunque un regista di grande interesse anche se sul suo cinema ancora in divenire, una fiction dal taglio documentaristico con occasionali cedimenti al mainstream (Summer Heat), si preferisce sospendere il giudizio.
Due i film fuori concorso, il pregevole “Drifting Flowers” di Zero Chow, meritata vincitrice della scorsa edizione con l’ottimo “Spider Lilies”, e “Blood Brothers” di Alexi Tan, girato con lo sguardo rivolto al cinema americano e all’ultimo Leone. Per i film in concorso, il Festival ha puntato su nomi sicuri come Takeshi Kitano, Miike Takashi, il veterano Im Kwon-taek e Shinji Aoyama, di cui sono state presentate opere già viste in altri festival, ma in anteprima romana. Stesso discorso per due tra i film più riusciti del concorso, “The Most Distant Course” di Lin Jing-jie, già premiato a Venezia 2007, e “Help Me Eros” di Lee Kang-sheng, attore feticcio di Tsai Ming-liang. Per quanto riguarda le opere rimanenti, il panorama è giustamente variegato: si va da esili commedie fintamente caustiche ma, in realtà, in difesa della status quo (18 Grams of Love), a riusciti tour de force attoriali (What on Earth Have I Done Wrong?!), musical singaporegni irresistibilmente camp (881), mèlo giovanilistici (Secret), insopportabili e inconcludenti esercizi di stile, straziati da un finale di vana ridondanza (Soul of a Demon), esempi di cinema che si vorrebbe nuovo ma è nato vecchio (Sweet Food City), riuscitissime incursioni nel surreale (Parking), ed opere rarefatte non del tutto convincenti (God Man Dog). Vincitore è risultato “In Love We Trust” di Wang Xiao Shuai, che si era aggiudicato il premio per la migliore sceneggiatura a Berlino 2008.
Nicola Picchi
La giuria della 6. Edizione dell’Asian Film Festival, che si è concluso ieri al Palazzo delle Esposizioni, composta dai registi Paolo Franchi, Wilma Labate e Angelo Orlando ha assegnato
i seguenti premi:
Premio Miglior Film
In Love We Trust (Zuo Yuo, Cina) di Wang Xiao Shuai
Motivazione: Per la compattezza e il rigore della narrazione in una storia di grande impatto emotivo.
Premio Miglior Regia
Ling Jing-Jie per la regia del film The Most Distant Course (Zui Jao Yuan de Ju Li, Taiwan)
Motivazione: Per come è riuscita, alla sua opera prima, a restituire un universo di sentimenti complesso e in continuo divenire.
Premio Migliore Attore
Zi Jiang Wong e Ming Wei Lim per la loro interpretazione nel film Flower in the Pocket (Malesia) di Liew Seng Tat
Motivazione: Per la loro interpretazione in un film di autentico lirismo poetico.
Premio Miglior Attrice
Tracy Su per la sua interpretazione nel film God Men Dog (Liu Lang Shen Gao Ren, Taiwan)
Motivazione: Per la sua poliedrica interpretazione in un ruolo particolarmente difficile.
Premio Film più Originale
Help Me Eros! (Bang Bang Wo Ai Shen, Taiwan) di Lee Kang-Sheng
Motivazione: Per come ha rappresentato un universo feticista e morboso con pregevoli soluzioni di regia.
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