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Rocketman (Rocketman) USA 2019 Regia di: Dexter Fletcher Genere: Drammatico Durata: 121' Cast: Taron Egerton, Jamie Bell, Richard Madden, Bryce Dallas Howard, Gemma Jones.
Nelle sale dal: 29/05/2019 Recensione di: Cristiano Salmaso Voto: 5 L'aggettivo ideale:Debole...
E' nel centro di riabilitazione, nel quale si è rifugiato per ripulirsi dalle dipendenze, la prima immagine di Elton John nel biopic musicale Rocket man; indossa una dei suoi sgargianti costumi che avranno, insieme agli innumerevoli cambi di occhiali, un ruolo importante nel tono - più kitsch che glam - della pellicola.
Vittima di una infanzia povera di affetti (solo la nonna incoraggia il suo talento), il timido Reggie Dwight comincia a muovere i primi passi in cerca della propria identità, non solo musicale: ruba il nome al sassofonista Elton Dean (l'altro a John Lennon), si apparta con un talent scout, segue il consiglio di un cantante: “uccidi la persona che volevano fossi per diventare chi vuoi essere”; ci riuscirà, ma dovrà pagare un prezzo molto alto.
Cavalcando l'onda del successo ottenuto con Bohemian Rhapsody, Dexter Fletcher inscena uno spettacolo senza capo né coda tra American Graffiti e Velvet Goldmine, con un Elton John trasformato nella parodia di se stesso, un personaggio inconsistente al netto di canzoni, eccessi e lustrini.
Lecito aspettarsi la spettacolarizzazione della vita della rockstar ma questo Rocket man proprio non funziona: un po' biografia romanzata, un po' dramma blockbuster, un po' musical d'antan, il film risolve la vita dell'artista in maniera banale, con il facile espediente del flashback: l'infanzia difficile nel rapporto con un padre anaffettivo (che tornerà nel tormentone “quand'è che mi abbracci?”), la parabola ascendente nel dividersi tra il buon socio/amico Bernie e il crudele amante/produttore John e l'inevitabile crisi nelle confessioni durante la terapia di gruppo.
Si salvano qualche scena sulla title track (il tuffo in piscina che è l'ingresso al Viale del tramonto e il finale immaginifico) e naturalmente le canzoni, seppure depotenziate perchè le smorfie di Taron Egerton non bastano a colmare il vuoto. Alla fine quel che rimane è soltanto la voglia di riascoltarne la musica, rivedere pellicole del genere su altri artisti (Jerry Lee Lewis, Bob Dylan, Johnny Cash, Ray Charles) e immaginare questo film nelle mani di qualcun altro. Cameron Crowe?
Io sono tempesta (Io sono tempesta) Italia 2018 Regia di: Daniele Lucchetti Genere: Commedia Durata: 98' Cast: Marco Giallini, Elio Germano, Eleonora Danco, Marcello Fonte, Jo Sung Francesco Ghenghi, Carlo Bigini.
Nelle sale dal: 12/04/2018 Recensione di: Chicco D'Aquino Voto: 6,5 L'aggettivo ideale:Lieve...
Nel mondo globalizzato le disuguaglianze vistose sono il tratto distintivo della sua affermazione feroce.Non vi è libero scambio, libero mercato, libera circolazione di merci, libera circolazione delle persone che non abbia contraddetto l’assioma smithiano della “mano invisibile”. Secondo dati Oxfam, l’1% della popolazione mondiale detiene più della ricchezza di 6,9 miliardi di persone costretti così a campare con pochi dollari al giorno.
In quest’orgia di plusprofitto e plusvalore che certifica l’inesistenza di una società giusta, piccoli granelli di sabbia vengono sollevati da chi non si rassegna allo status quo e tenta con ogni mezzo, anche artistico, di contrastare l’antico adagio “così va il mondo”. Non è da tutti e occorre possedere un talento raro per riuscire a riflettere e a far riflettere sulla humana conditio con toni leggeri, da commedia un po’ retro’, tipo “Una poltrona per due”.
Coerente con una visione della vita disincantata ma attenta ai grandi temi sociali, Daniele Luchetti ci regala questa commedia lieve lieve in cui un finanziere guascone, interpretato magistralmente da Marco Giallini incrocia una realtà sgradevole, quella di un centro d’accoglienza, inviato a scontare una pena di un anno per aver evaso le tasse in un passato non remoto.
Qui incontra Elio Germano col figlioletto e una simpatica congrega di personaggi segnati dalla sorte, dalla competizione che non risparmia nessuno. E in breve entra nelle corde del gruppo.
Luchetti ha il tocco del fine artista, quasi uno scultore di ritratti umani che cesella pazientemente senza pedagogismi cattolicheggianti (la rappresentazione della responsabile del Centro è esemplarmente tratteggiata, tra tentativi di purificazione dell’umanità intera ed esiti di fuga),
fornendoci una carrellata di situazioni sottilmente umoristiche che donano all’insieme della narrazione filmica spessore e tenuta. Si sorride ma ci si indigna anche, ci si interroga e le domande
si inseguono, indisturbate e spiacevoli a ricordarci che, allargando lo sguardo sulle miserie del mondo, non esiste un ordine naturale delle cose ma sono le logiche, spietate e senza volto, a dettare l’agenda a governi e organismi transnazionali.
E il silenzio assordante, anche ai nostri giorni, di parte della stampa mainstream sui migranti in Grecia ci anticipa, come Ronald Laing ricordava negli anni ‘80, che “il terribile è già accaduto”.
La caduta dell'impero americano (La chute de l'empire américain) Canada 2018 Regia di: Denys Arcand Genere: Drammatico Durata: 129' Cast: Alexandre Landry, Maripier Morin, Remy Girard, Louis Morisette, Maxim Roy, Pierre Curzi, Vincent Leclerc.
Nelle sale dal: 24/04/2019 Recensione di: Ciro Andreotti Voto: 5,5 L'aggettivo ideale:Altalenante...
Pierre, laureato in filosofia e ultra trentenne che ha ormai accantonato le sue velleità accademiche, lavora come autista per un corriere. Durante una consegna assiste involontariamente a una rapina dove, al termine di una sparatoria, rimangono varie vittime e un paio di borse piene di banconote. Prima dell’arrivo della polizia Pierre, dopo vari ripensamenti, decide d’impossessarsi della refurtiva, portarla a casa e, una volta calmate le acque, decidere cosa farne. Unico problema: la refurtiva appartiene alla criminalità organizzata, per questo sulle tracce di Pierre iniziano a muoversi sia la polizia ma anche le vittime del furto.
La civiltà capitalista si scontra per la terza volta con il regista canadese e premio Oscar Denys Arcand che completa la sua opera di dissezione del mondo occidentale, incarnato dalla società dei consumi di matrice americana, per la terza volta e a distanza di tre lustri dall’uscita de “Le invasioni barbariche” e a oltre trent’anni da “il declino dell’impero americano”. Questa volta il regista originario di Deshambault se la prende direttamente con il capitalismo incarnato da coloro che a detta del corriere e dottore in filosofia Pierre Daoust rappresentano quanto di più obbrobrioso vi sia nella società contemporanea a iniziare da Donald Trump sino ad arrivare al ‘nostro’ Silvio Berlusconi, tutti rei di guadagnare eccessivamente rispetto ai loro sottoposti.
Rispetto alle precedenti due fatiche Arcand declina quest’ultima pellicola come una commedia intrisa di citazioni filosofiche e marxismo della prima ora.
Ove il determinismo al quale si è spesso sottoposti - difficile non notare fra le parole dell’ottimo Alexandre Landry, nel ruolo del professor e corriere Pierre Daoust, proprio le tracce di un destino già segnato per lui e per tutti – può trovare quale unica possibilità di fuga un inatteso colpo di fortuna incarnato nello specifico in una refurtiva sottratta a personaggi molto più cattivi e ingiusti di noi.
I protagonisti fra filosofia, ragionamenti economici, e una coppia d’investigatori che seguono le indagini con grande scrupolo, non riescono però ad andare oltre un finale conciliante e una morale ben distante dalle premesse iniziali.
Titolo: Suits (Quarta Stagione)
Titolo originale: Suits (Season 4) Caratteristiche del dvd in vendita dal 14 Dicembre 2016.
Film
Dopo aver visto Harvey e Mike consolidare la loro amicizia, risolvere i più disparati e complicati casi legali, che gli si sono parati davanti, insieme come Batman e Robin, essere diventati indispensabili l’uno per l’altro, tanto da sentirne la mancanza al solo accenno di allontanamento, è arrivato il momento per Mike di lasciare lo studio Pearson – Specter per proteggere il suo segreto e lo studio da una possibile rivelazione che ne danneggerebbe i componenti.
Questa quarta stagione vede Mike lavorare come un agente di investimento ed essere avversario di Harvey – dopo che quest’ultimo non ha accettato la proposta di acquisizione suggeritagli da Mike – in un caso di acquisizione in cui il “terzo incomodo” Logan Sanders sarà una spina nel fianco per Mike, lo stesso Harvey e …
Logan vuole acquisire le Gillis Industries per smembrarle e rivenderle, Mike, di contro, promette a Walter Gillis di salvarne i posti di lavoro e non svenderle. A metterli maggiormente uno contro l’altro ci sarà anche un motivo personale, che li vedrà comportarsi in maniera irragionevole.
In questa lotta all’acquisizione, Mike si troverà a fare ciò che deve, ma che non avrebbe mai pensato di arrivare a fare. Dopo essere quasi finito nelle fauci di uno squalo come lo è Charles Forstman - un aiuto insperato arriva da Louis Litt – si profila lo scoppio di una bomba proprio dietro l’angolo. Riusciranno Mike, Harvey e Jessica a risolvere l’ennesimo problema che rischia di metterli al tappeto?
Ritrovare i due amici scontrarsi sul piano legale senza esclusione di colpi è qualcosa che potrebbe inizialmente destabilizzare e dispiacere lo spettatore, che per le prime tre stagioni li amati incondizionatamente uno al fianco dell’altro.
Ci si adatta presto, però, al nuovo intreccio narrativo, grazie – come sempre – agli ottimi dialoghi e allo sviluppo degli eventi, che conducono lo spettatore nell’arco di questi 16 episodi ad uno colpo di scena dopo l’altro, inaspettato e avvincente, rendendo questa quarta stagione entusiasmante e coinvolgente e permettendogli di conoscere più approfonditamente tutti i sei personaggi principali, ai quali viene lasciato lo spazio necessario.
Louis Litt avrà un ruolo chiave: ci saranno alcune sequenze in cui sarà livido di rabbia come mai prima d’ora (e osservando la situazione dal suo punto di vista come dargli torto, se si considera anche il fatto che sia da sempre un uomo governato dalle emozioni).
Inoltre si darà spazio a diverse relazioni di coppia: la relazione tra Mike e Rachel sarà per la prima volta messa a dura prova, i due affronteranno il primo grosso ostacolo alla loro felicità.
Vedremo una Jessica innamorata, in una relazione amorosa con tutti gli annessi e connessi e un Harvey arrivare a dichiarare i propri sentimenti per Donna, per poi fare marcia indietro. E Donna come reagirà?
È una stagione davvero ricca di emozioni e sorprese, senza tralasciare l’intrattenimento e quel tocco di glamour che è insito in questa serie televisiva, a cui ci si è abituati fin dal grandioso episodio pilota.
Video
Il cofanetto dvd “Suits 4”, che contiene tutti i 16 episodi della stagione su quattro dischi, è prodotto e distribuito dalla Universal Pictures Home Entertainment e viene presentato nel formato anamorfico 1.78:1.
Un ottimo lavoro è stato fatto dal direttore della fotografia Dan Stoloff, che ha curato un totale di 48 episodi tra il 2013 e il 2017. L’incarnato dei volti è naturale e l’atmosfera che si respira nello studio trasuda eleganza e fascino, dovuta ad una commistione di fattori: dalla scelta degli abiti e degli accessori all’arredamento, dagli attori alla fotografia, c’è un equilibrio perfetto, o che rasenta la perfezione, qualità che si è affinata nel corso delle tre stagioni precedenti.
La durata complessiva dei 16 episodi è poco più di 11 ore. Il cofanetto è confezionato in un’Amaray trasparente e possiede un Artwork interno, in cui è presente un’immagine di Harvey e Mike (presa dal photo shooting di questa quarta stagione) da un lato e la sinossi di ciascun episodio dall’altro.
Audio
Il comparto audio di “Suits 4” è essenziale e soddisfacente: possiede il Dolby Digital 5.1 per l’Italiano, per l’Inglese ed è provvisto dei sottotitoli in Italiano. I dialoghi sono puliti e ben calibrati, gli effetti sonori e ambientali sono resi adeguatamente rispetto a ogni scena. La colonna sonora è ricca e variegata, segue la scia ben delineata delle stagioni precedenti, con un totale di 63 canzoni, che sanno puntualizzare di volta in volta il giusto tono della narrazione. Il doppiaggio italiano è come sempre impeccabile.
Extra
l cofanetto dvd è provvisto di contenuti speciali, quali le scene eliminate e le “Gag Reel”.
Buon divertimento!
Villetta con ospiti (Villetta con ospiti) Italia 2019 Regia di: Ivan Di Matteo Genere: Drammatico Durata: 88' Cast: Marco Giallini,Michela Cescon,Massimiliano Gallo, Erica Blanc, Cristina Flutur, Bebo Storti, Vinicio Marchioni.
Nelle sale dal: 30/01/2020 Recensione di: Ciro Andreotti Voto: 6 L'aggettivo ideale:Incompleto...
In una piccola comunità del nord est si muovono personaggi dall’apparenza specchiata ma con molti scheletri nei rispettivi armadi. Un imprenditore fedifrago e sua moglie, vittima della depressione, un medico che lucra sui propri pazienti, il prete del paese con molto da nascondere e un poliziotto che porta a termine loschi traffici con i criminali rumeni del luogo.
Le rispettive debolezze usciranno allo scoperto la notte quando tutti saranno chiamati a gestire un incidente pieno di risvolti morali.
Di Matteo e la moglie Valentina Ferlan, collaboratrice fidata in cabina di sceneggiatura, ci mettono nuovamente di fronte a noi stessi e per la precisione al finto perbenismo nel quale spesso annega l’esistenza della parte più produttiva del paese, ovvero il nord-est, scelto da regista per via del concetto di difesa del territorio e dei beni materiali accumulati al termini di numerosi sacrifici.
In realtà la villetta del titolo potrebbe trovarsi ovunque esattamente come ovunque si sarebbero potuti trovare anche i protagonisti dei precedenti lavori del regista Romano, da La Bella gente sino a I nostri Ragazzi.
Proprio per questo un medico ben poco interessato ai propri pazienti, ma decisamente molto appassionato del suo conto in banca, impersonato da Bebo Storti, non fa decisamente gridare allo scandalo, così come il poliziotto di origini campane impersonato dal comico Massimiliano Gallo, per terminare con la facoltosa coppia d’industriali della viticultura, con figli a carico, una suocera che odia il genero (Marco Giallini) perché irrimediabilmente “terrone” e arricchitosi per via del matrimonio con la figlia e una moglie invece più dedita alla beneficenza che alla propria famiglia (Michela Cescon).
La capacità di Di Matteo è poi quella di riuscire a generare un cambio di registro in corso d’opera, trasformando quella che al inizio pareva una critica sociale, verso la finzione che ognuno si porta dietro giornalmente, in dramma, ed è forse proprio in questo che pecca la pellicola, a causa di una virata di genere troppo sbrigativamente liquidata per tornare alla teorica normalità di facciata di tutti i giorni.
Un peccato perché l’idea iniziale era decisamente e al solito interessante l’epilogo decisamente molto meno.
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