L’importanza di chiamarsi Rocco Schiavone
Schiavone non indaga, ti psicanalizza. Schiavone non fuma, si fa. Perché Schiavone si fa di vita, di cannabis e a suo modo di amicizia, di ricordi e freddo, di scarpe clarks, indossate lungo strade innevate e di scappellotti ai sottoposti, di crocche all’amici e troppi ‘Sticazzi rivolti ai suoi superiori. Schiavone ti psicanalizza in maniera attenta nelle sue lente peregrinazioni prima letterarie e ora televisive, ti psicanalizza osservandoti e facendosi osservare e soprattutto frequentandolo, che nel suo caso significa riuscire a dribblare la sua naturale diffidenza e riservatezza e sopportando il ricordo che l’unisce alla moglie Marina, prematuramente scomparsa.

In un arco narrativo di sei episodi che occupano altrettanti casi, romanzi, storie brevi e soprattutto vicende umane, s’impara a conoscere poco per volta il difficile mondo di un uomo in fuga non certo per sua scelta da Roma e di certo con molte ombre nel suo recente passato. Un uomo in fuga dai suoi trascorsi ai margini, unito fraternamente ai suoi quattro amici storici e Trasteverini esattamente come lui. Amici che al contrario hanno scelto di rimanere dalla parte opposta della barricata, l’uno guardia e loro ladri, ma tutti e cinque perennemente uniti da un vincolo più indissolubile di un patto di sangue “… che Rocco anche se guardia è pur sempre un fratello”.
Giallini, usurato dalla vita e vittima involontaria di un lutto personale che l’accomuna a quest’uomo dal viso e modi tagliati con l’accetta, impersona il vicequestore di Piazza San Cosimato dotandosi di una sola espressione o quasi, perché se Bogart era l’uomo con o senza cappello, lo Schiavone di Giallini è il vicequestore con o senza loden.
Il regista milanese Michele Soavi, assieme agli sceneggiatori Manzini e Careddu, confeziona attorno a Schiavone un mondo fatto di giovani attendenti; Italo e Caterina. Un paio di assistenti, il sardo Deruta e l’abruzzese D’Intino, nei quali è possibile intravedere i geni del Catarella di montalbaniana memoria. Anatomopatologi livornesi inclini all’umorismo macabro e questori con il volto del comico Massimo Olcese, che delimitano i confini di un mondo fatto di Rotture de Cojoni in scala Schiavone, tutte descritte e classificate con certosina devozione e sei casi con altrettanti epiloghi fuori dai canoni polizieschi.
La serie si chiude con un cliffhanger che mantiene viva la ferita procurata dal distacco dal personaggio. Antonio Manzini, coautore delle sceneggiature e autore dei romanzi, ha già garantito che ci sarà un futuro televisivo per Rocco Schiavone e il suo mondo, c’è solo da attendere, perché di personaggi tagliati con la medesima onestissima accetta con la quale è stato scolpito il vice questore di Aosta, ce n’è un gran bisogno, d’altro canto chi non ne avrebbe ?
Titolo Originale: Rocco Schiavone – La serie
Ideatore: Basato sul personaggio omonimo ideato da Antonio Manzini
Regia: Michele Soavi
Sceneggiatura: Antonio Manzini e Maurizio Careddu
Fotografia: Michele D’Attanasio
Musiche: Corrado Carosio, Pierangelo Fornaro
Nazione: Italia
Anno: 2016
Genere: drammatico - poliziesco
Durata: una stagione per un totale di 6 episodi da 110’ circa l’uno
Sito Internet: www.raiplay.it/programmi/roccoschiavone/
Cast:
Marco Giallini, Isabella Ragonese, Massimo Olcese, Ernesto D’Argenio,
Claudia Vismara, Francesca Cavallin, Marina Cappellini, Massimiliano
Caprara, Christian Ginepro, Fabio La Fata, Gino Nardella, Filippo Dini,
Anna Ferzetti, Francesco Acquaroli, Mirko Frezza, Tullio Sorrentino
Uscita: il primo episodio è stato trasmesso su Rai 2 il 9 novembre 2016
Produzione: RAI Fiction, Cross Production
Distribuzione: RAI
Voto: 8
Ciro Andreotti
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