Accident
Titolo originale: Yi ngoi
Hong Kong: 2009 Regia di: Pou-Soi Cheang Genere: Thriller Durata: 89'
Interpreti: Louis Koo, Richie Ren, Shui-Fan Fung, Suet Lam, Michelle Ye Grant
Sito web:
Nelle sale dal: Prossimamente in dvd
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Denis Zordan
L'aggettivo ideale: Impeccabile
Sembrano tragiche fatalità, perniciosi capricci del Caso, incidenti mortali con un’enorme dose di imponderabile. In realtà sono omicidi premeditati, freddamente studiati nei dettagli, orditi su commissione, realizzati con maniacali cura e fantasia in modo da non lasciare tracce né sospetti.
Dietro di essi c’è una banda guidata dall’ombroso “Brain” (Louis Koo).
Il business potrebbe continuare, quando durante un nuovo incidente simulato, qualcosa va storto e un autobus investe e uccide “Fatty” (Lam Suet), luogotenente di Brain.
La paranoia si scatena: non essendo gli unici “in affari”, Brain comincia a coltivare sospetti su un assicuratore e cerca di comprenderne le motivazioni. La situazione precipiterà.
Per gli appassionati del cinema orientale, l’inserimento in concorso di Accident alla recente Mostra del Cinema veneziana, è stato un risarcimento dovuto ad un cinema straordinario, che certo non si riduce ai pochi nomi di punta conosciuti in Occidente (John Woo, Johnnie To, Takeshi Kitano, Kim Ki-Duk e Park Chan-Wook, o al limite Apichatpong Weerasethakul e Hou Hsiao-Hsien).
A prescindere dal fatto che il nuovo film di Soi Cheang è prodotto dallo stesso Johnnie To e dalla sua ormai leggendaria Milkyway Image, a stupire è che Accident è un thriller, genere poco amato dai festival maggiori, più inclini a premiare l’impegno e il classico “messaggio” (il Leone d’Oro al diseguale Lebanon ne è la prova).
E in effetti, Accident è stato totalmente ignorato. O meglio, snobbato: sarebbe venuto giù il teatro dagli applausi se fosse stato presentato al Far East Film Festival di Udine (che quest’anno si è dovuto accontentare del discreto – ma nulla più – The Beast Stalker di un “mestierante” come Dante Lam).
Il bello di un film come Accident – che per chi scrive è il migliore del suo regista accanto al melò horror Home Sweet Home – è che sembra il punto di perfetta fusione tra i lavori precedenti di Soi Cheang (Dog Bite Dog su tutti) e lo stile, in qualche modo inconfondibile, che permea gli appassionanti thriller della Milkyway, persino in esiti meno significativi come Eye in the Sky di Yau Nai Hoi. Merito della sceneggiatura di Kam Yuen Szeto, che ritrova il pessimismo nerissimo di capolavori quali Expect the Unexpected e The Longest Nite, costruendo un congegno narrativo implacabile e, come d’abitudine, pieno di dettagli rilevanti e di allusioni. Il resto lo fa la regia di Soi, attenta ed essenziale - il film dura 89’ - almeno quanto la vicenda è complessa e stratificata.
E se il film si rivela infine una bruciante riflessione sull’incontrollabilità del destino degna di Johnnie To, la paranoia che prende “Brain”, un eccellente Louis Koo, rimanda in via diretta a quella di Gene Hackman nel capolavoro di Francis Ford Coppola, La Conversazione (The Conversation, 1974), che il regista hongkonghese dichiara peraltro di non avere mai visto.
Soi Cheang dimostra di avere assorbito nel migliore dei modi gli insegnamenti di Johnnie To e di Ringo Lam (di cui fu assistente alla regia), costruendo un film a suo modo impeccabile e con un finale ineccepibile, disperato come nella migliore tradizione del cinema di Hong Kong. Che è ormai morto e sepolto: ma ogni tanto riesce ancora a sorprendere con film estremi come raramente si vedono da noi. Naturalmente.
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