Buried - Sepolto
Titolo originale: Buried
Spagna: 2010. Regia di: Rodrigo Cortés
Genere: Thriller
Durata: 95'
Interpreti: Ryan Reynolds, Robert Paterson, José Luis García Pérez,
Stephen Tobolowsky, Samantha Mathis, Warner Loughlin, Ivana Miño, Erik
Palladino, Heath Centazzo, Joe Guarneri, Anne Lockhart, Kali Rocha,
Chris William Martin, Cade Dundish, Mary Songbird, Kirk Baily, Robert
Clotworthy, Michalla Petersen, Juan Hidalgo, Abdelilah Ben Massou, Tess
Harper
Sito web ufficiale: www.experienceburied.com
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 15/10/2010
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Roberto Dessi
L'aggettivo ideale: Tafofobico
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Immaginate di essere completamente divorati dall'oscurità. Immaginate di essere rinchiusi in quattro piccole, piccolissime mura di legno. Immaginate di avere una manciata d'aria, un telefono cellulare, un accendino, un serpente che ogni tanto vi fa visita e tanta, tantissima paura di esser stati sepolti vivi.
Sì, siete rinchiusi in una cassa di legno e non ricordate assolutamente come ci siete finiti dentro.
Questo è l'incipit di Buried - Sepolto, claustrofobico film diretto dal quasi semi sconosciuto regista spagnolo Rodrigo Cortès, che decide di rappresentare la tafofobia, la paura di esser sepolti vivi, attraverso le caratteristiche dei più comuni thriller moderni: la situazione inizialmente incomprensibile, i piccoli indizi che man mano rimandano a una cospirazione esterna, in questo caso una richiesta di riscatto per un ostaggio, la paura, la concitazione del protagonista che si affanna per difendere il proprio diritto alla vita e, ciliegina sulla torta o, se preferite, sulla bara, un finale che lascia l'amaro in bocca.
Il tutto contornato dai silenzi, dagli ansimi di un Ryan Reynolds che si dimostra finalmente attore valido oltre che fotogenico, dai primissimi piani e dalle zoomate ossessianti che Cortès spara contro il protagonista e contro il pubblico, il quale non può far altro che rimanere immobile, imprigionato anch'esso in una bara di dubbi e di incertezze sul destino del malcapitato, diventando pian piano, dopo il veloce scorrere della pellicola, sostenitore della sua libertà.
Si finisce a fare il tifo per Paul Conroy (Reynolds). Le speranze che il suo cellulare rimanga ancora acceso, che la torcia e l'accendino non si esauriscano, che qualcuno vada finalmente a salvarlo e a liberarlo, riflettendo finalmente un pò di luce in un film completamente tetro, sono vive e vegete, forse più dello stesso Conroy ma, seguendo una sceneggiatura scarna e lineare, si affievoliscono sul finale, quando il complotto è svelato e, soprattutto, nel momento del salvataggio da parte dei soccorsi, dove si percepisce una vena di banalità per un bad ending che diventa sempre più scontato.
Nonostante ciò, questo film dal budget limitatissimo, "solo" 3 milioni di dollari e girato in soli 17 giorni, riesce ad avere una linea scorrevole e ben caratterizzata: per 90 minuti, tutti di fila dentro la cassa, i veri protagonositi diventano i silenzi, gli sguardi persi dell'unico attore raffiguarato e i pochi oggetti che definiscono la scenografia, tutti agglomerati in una cupola dark-claustrofobica, dalla quale vien difficile immaginare una via di fuga.
Tutti questi elementi diventano promotori, senza esser troppo d'intralcio, a quelli che sono poi i veri obbiettivi del prodotto: la descrizione, quasi intima, della tafofobia e la presa forte, fortissima, d'interesse dello spettatore verso una trama particolare, anche se a tratti ripetitiva e prevedibile, che candidano questo film a diventare un vero e proprio cult moderno.
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