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Scritto da Biagio Giordano   
martedì 09 dicembre 2008

Changeling
Titolo originale: Changeling
USA: 2008. Regia di: Clint Eastwood Genere: Thriller Durata: 140'
Interpreti: Angelina Jolie, John Malkovich, Riki Lindhome, Amy Ryan, Colm Feore, Devon Gearhart, Jeffrey Donovan, Kelly Lynn Warren, Devon Conti
Sito web: www.changelingmovie.net
Nelle sale dal: 14/11/2008
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Biagio Giordano

changeling_leggero.jpegChangelling (“bambino scambiato”),  è un film tipicamente holliwoodiano, di vecchio stampo, modernizzato dall’applicazione dei grandi mezzi tecnologici di oggi che riescono a dare  alla pellicola uno stile di immagine inedito, irripetibile,  immettendo nelle scene  quasi ogni angolo della realtà ripresa, grazie agli innumerevoli  punti di osservazione delle telecamere che sezionano ogni  aspetto del mondo reale.
Per questo film è facile prevedere grandi premi,  sia in virtù degli  ingredienti che caratterizzano la pellicola, sempre ben dosati, sia per  la bravura del regista americano.
Clint Eastwood,  come sempre originale e ricco di idee, conferma il suo interesse cinematografico per la vita del singolo cittadino  americano,  in particolare per quella parte della sua esistenza che a un certo punto si  piega verso il dramma.  
Quello che Clint ama riprendere nei suoi film è  un cittadino americano colpito da gravi sfortune, eppure combattivo, che nonostante la pesantezza degli situazioni subite riesce ad avere ancora fiducia nella legge e nelle istituzioni, finendo in alcuni casi per contribuire,  insieme ad altri cittadini, alla pulizia dei luoghi sporchi dei dipartimenti di polizia e delle amministrazioni comunali americane.
Il regista statunitense  dimostra ancora una volta il suo  particolare talento per la narrazione filmica a  tensioni estreme, legate ad un accaduto vero, significativo, svelatore di una realtà  problematica più ampia.
Clint racconta con disinvoltura provocatoria storie  raccapriccianti che fanno riflettere sull’America democratica di ieri costringendoci a ripensare anche a quella di oggi.
Eastwood è capace come pochi, e questo film ce lo dimostra, a comporre insieme spettacolo e contenuti, basandosi su storie di un certo spessore non sempre ben garantite dal mercato, e lo fa suscitando emozioni nuove, mai provate prima perché il suo modo di narrare è denudato da ogni retorica giornalistica o influenza mediatica.
Il pistolero senza nome  di Per un pugno di dollari, oggi è un conosciutissimo cittadino per bene, incapace di ironia e umorismo se non nelle cerimonie dei premi, ostinato nel  prendersi sempre sul serio in nome dell’etica in cui crede, egli offre impegno e sensibilità come pochi nella costruzione dei film di denuncia.
I suoi film, a differenza delle pellicole europee dello stesso genere non annoiano, non hanno mai grossi  cali di tensione nella narrazione.

Lo stile di Eastwood rimane inconfondibile, la coerenza comunicativa delle sue immagini è frutto di un montaggio sopra le righe, che unito al taglio  un po’ gesuitico dei dialoghi, rende le sue opere ben contrastate  e ricche di messaggi autorevoli,  dandoci delle scene forti e credibili  che ruotano, prive di giochi di suggestione, intorno ai poteri più oscuri presenti negli ingranaggi della democrazia americana.
I profili psicologici dei personaggi sono privi di  rifiniture e  sfumature in eccesso, permettendo allo spettatore di vivere emozioni più dirette, in stretta simbiosi con il senso più immediato dell’immagine, che appare in scena già fisicamente definita a differenza delle immagini presenti nella parola.
Dai contenuti dei suoi film traspare con precisione e grande lucidità argomentativa un’America stanca, con un sistema democratico vetusto, claudicante, reso sempre più incerto dai troppi potenti interessi e dalle infiltrazioni criminogene internazionali di vasta estensione, ma che proprio grazie al potere dei cittadini e a volte, paradossalmente anche dei media, riesce sempre a sopravvivere ai propri mali, ad auto rigenerarsi,  riuscendo a compiere, quasi all’ultimo minuto,  come nei film di Griffith, le indispensabili correzioni e  pulizie nei meccanismi più in crisi.
In Changelling Eastwood, con la sua grande sensibilità al negativo, ci fa attraversare alcune vicende raccapriccianti nella Los Angeles del 1928, che vedono protagonisti Christine Collins  madre di un bambino rapito, il centro di dipartimento della polizia della città incaricato della sua ricerca e un serial-killer (20 bambini uccisi) dall’aspetto per bene, tale Gordon Stewart Northcott ( Jason Butler Harner) sospettato di aver ucciso anche il bambino rapito a Christine.
Tutto inizia con la scomparsa improvvisa di Walter, figlio di  Christine Collins (Angelina Jolie),  separata dal marito. La donna lavora in una centrale telefonica addetta allo smistamento delle linee,  ed è costretta a volte, suo malgrado, a lasciare per qualche ora il bambino  solo in casa. Un giorno ritornando dal lavoro  Christine trova l’appartamento  stranamente  vuoto, privo di ogni segno di presenze estranee, dapprima incredula poi sconvolta e angosciata chiama la polizia di Los Angeles che, per problemi di procedura, interverrà solo all’indomani.
Dopo  5 mesi il capo dipartimento  comunica alla madre il ritrovamento del figlio scomparso, che pur affermando di chiamarsi Walter Collins e nonostante una certa somiglianza con il rapito non verrà mai riconosciuto  da Christine Collins come suo figlio.
Nonostante le dure accuse della madre nei confronti del  responsabile del dipartimento  che non tiene  mai conto  degli argomenti che lei porta  a sostegno della falsa identità del bambino consegnatole, il capo della polizia di Los Angelis non riconoscerà per molto tempo l’errore e pur di difendere la reputazione professionale del reparto non esiterà a rinchiudere la donna in un manicomio, facendola passare per schizofrenica, sulla base  di norme antiquate che allora non richiedevano per il ricovero la preliminare perizia psichiatrica.
Nel manicomio il direttore dell’istituto  propone autoritariamente alla donna di  firmare una dichiarazione  certificante la soluzione piena del caso, cosa che  avrebbe assicurato a Christine la libertà e il ritorno al lavoro e alle istituzioni la piena credibilità e fiducia dei cittadini, ma lei senza mezzi termini  rifiuta, convinta che firmando avrebbe perso ogni speranza di ritrovare il figlio.
La donna pagherà un prezzo molto alto per il suo rifiuto  andando incontro a violente sedute di elettroterapia mentale nella sala dell’elettroshoc.  
Il regista americano  mostra  attraverso la narrazione di questo caso l’inefficacia e la corruzione di tutto il dipartimento di polizia di Los Angeles di quegli anni, che anziché risolvere la grave situazione della madre, la porteranno sull’orlo della pazzia.

Dopo un  scorrere un po’ buio del racconto, reso intenso nella seconda parte dalla reazione indignata  di un serioso  pastore protestante, Eastwood porterà  lo spettatore ad intravedere  un orizzonte di speranza, una rosea  possibilità di giustizia, aprendo uno spiraglio di luce proprio sulla credibilità nella democrazia americana, minacciata nella narrazione dal comportamento vergognoso delle istituzioni intermedie tra cittadino e magistratura.
Grazie alla testimonianza di un complice pentito del serial killer,  un ragazzino impaurito e plagiato dalla forza dell’assassino, il caso Collins verrà finalmente riaperto, portando alla cattura dell’assassino  e all’uscita di Christine dal manicomio che tornerà a sperare di riavere un giorno il figlio Walter.
La pellicola è ben documentata sui  principali  processi mesi in moto da  Christine Collins con il prezioso aiuto mediatico del pastore presbiteriano Bregleb (John Malkovich), che ha usato la  radio evangelica della chiesa per sostenere pubblicamente la causa della donna riuscendo a influire sui media e a creare delle vere e proprie manifestazioni di piazza a sostegno della donna.  
I processi avviati porteranno alla fine a numerose sentenze  di condanna che coinvolgeranno tutti i responsabili dell’ignominioso caso, compreso il sindaco, facendo cambiare corso ad un’intera città, che aveva eticamente toccato il fondo.
Il serial killer, per esigenze di spettacolo cinematografico, nel film verrà condannato a morte; nella realtà sembra che Gordon abbia ottenuto solo l’ergastolo;  probabilmente Clint Eastwood dopo averci fatto vedere i dettagli delle scene più cruente, riguardanti il massacro dei bambini, non se l’è sentita di togliere allo spettatore il gusto della giustizia occhio per occhio dell’antico testamento, mostrandoci una scena dell’impiccagione molto lunga, in cui la macchina da presa si sofferma nei particolari più dolorosi e angosciosi del rituale giudiziario, fino alla morte stessa del serial killer che avviene, dopo l’apertura della botola, con un certo ritardo.

Il regista americano insiste con il suo 28° film su una valutazione etico-sociale delle istituzioni americane, prese in considerazione lungo il loro anomalo intervento nel rapporto tra il cittadino onesto e il criminale violento, formulando con efficacia quel male che i dipartimenti di polizia non sanno più fronteggiare perché essi stessi ne sono marchiati a fuoco, e narrando i contrasti, di grande effetto spettacolare, tra il bene presente nella normalità americana e il male proveniente dallo straordinario, dall’eccezione, dal diverso emarginato, che in ultima istanza solo l’iniziativa legale e di piazza dei cittadini può combattere.
Clint racconta cose scabrose senza falsi pudori e con un coraggio che con gli anni sembra trasformarsi sempre più in una forma di eroismo.
Da sottolineare inoltre lo spessore tecnico della sceneggiatura, scritta da di Joe Michael Straczyriski, un testo altamente ispirato, vera e propria perla letteraria, ben funzionale anche alla riuscita fotografia del film.

 
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