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Valutazione utente: / 6
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Scritto da Roberto Fedeli   
sabato 01 agosto 2009

Il grande caldo
Titolo originale: The Big Heat
USA: 1953  Regia di: Fritz Lang  Genere: Thriller   Durata: 90'
Interpreti: Gloria Grahame, Lee Marvin, Glenn Ford, Jocelyn Brando, Alexander Scourby, Jeanette Nolan, Peter Whitney, Willis Bouchey
Sito web:
Nelle sale dal: 1953
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Roberto Fedeli

Il grande caldoIl veterano Fritz Lang rinfresca la tradizione noir, con questa pellicola debitrice dei film che lo resero famoso al grande pubblico.
Questa volta vira la rotta verso un poliziesco dai toni cupi e polemici.
Glenn Ford interpreta un sergente che ama la famiglia e vive in un mondo corrotto e maledetto.
La sua indagine personale su un suicidio di un collega, lo porta a scoprire i legami tra i membri del suo amato distintivo e la criminalità organizzata.
Il sadico capo mafioso orchestra la morte dell’amante del suicida(a causa della sua volontà di ribellione) e della moglie del protagonista(per far desistere il buon poliziotto dalla volontà di pulizia del marcio).
Il braccio destro di Lagana(il capo) sfigura la sua amante, determinandone la fatale  vendetta. Fritz Lang continua a generare tensione attraverso il semplice fuoricampo, come succedeva ai tempi di “M – Il mostro di Dussendorf).
Questa volta da esempio della propria maestria nell’ overture del suicidio dell’uomo, dove ci mostra il grilletto schiacciato, ma non la pallottola che trafigge il poliziotto.
Questo escamotage viene riproposto anche nell’esemplare scena della bruciatura con il caffè, dove allo spettatore viene celato il volto sfigurato della brava Gloria Grahame. Il suo viso manicheo, tra bellezza ed orrore, non assomiglia alla dinamica testuale del film.
Infatti il tempo è sinonimo di mutazione. Il buon poliziotto diviene come i sadici criminali, imitandoli per indole assassina e violenza gratuita; anche il braccio destro di
Lagana(Lee Marvin) impone la sua presenza con maltrattamenti di donne e goffi discorsi da gangster castrato. Fritz Lang non orchestra una sinfonia pari al suo precedente “Furia”, ma sfiora il suo capolavoro per asciuttezza e dinamicità.
Glenn Ford presta il suo interessante volto per un ruolo che vive della dicotomia lavoro – giustizia.
La critica al sistema corrotto della modernità è in anticipo sui  tempi. Lang dimostra assieme a Robert Aldrich, di essere l’unico regista in grado di costruire esemplari noir dopo gli anni d’oro del cinema classico.

 
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