Titolo: La frode
Titolo originale: Arbitrage
USA: 2012. Regia di: Nicholas Jarecki Genere: Thriller Durata: 107'
Interpreti: Richard Gere, Susan Sarandon, Tim Roth, Brit Marling, Laetitia Casta, Nate Parker, Stuart Margolin, Chris Eigeman, Graydon Carter, Bruce Altman, Larry Pine, Curtiss Cook
Sito web ufficiale: www.arbitrage-film.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 14/03/2013
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Interrogativo
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Con “La frode” Nicholas Jarecki dirige il suo primo lungometraggio di finzione. Noto come scrittore, sceneggiatore e documentarista, Jarecki si butta a capofitto in una storia – da lui anche sceneggiata – ricca di tensione, di colpi di scena e in cui lo scorrere del tempo ha un ruolo fondamentale. Tutto scorre e, al contempo, tutto è sospeso
Robert Miller sembra essere un uomo baciato dalla fortuna: possiede una società di svariate centinaia di milioni di dollari, una bella famiglia, unita e affettuosa, e successo personale. Sembra, ma così non è. Robert nasconde una falla che lo potrebbe portare presto alla bancarotta, ha un’amante e poco tempo per far firmare un contratto di vendita che lo salverà.
In questo film si muovono agevolmente amore, lealtà, fiducia, inganno e lo sdebitarsi sullo sfondo dell’alta finanza e della ricchezza patinata di cui gode un numero ristretto di americani.
Viene messo in evidenza come spesso le persone ricche escano indenni dalle storie più disastrose, mantenendo la facciata immacolata.
Nonostante la sua ambiguità si rimane affascinati dal protagonista fin da subito, da quando lo si vede festeggiare il suo 60esimo compleanno in seno alla sua famiglia.
Nel momento in cui si scopre la sua doppiezza, non cambia nulla, si continua a vedere un uomo affascinante e carismatico.
Ci si identifica con ciò che gli accade, Robert dà l’impressione di un uomo che ha fatto un errore, grave, ma al quale cerca disperatamente di rimediare, anche se non proprio in maniera legale. Istintivamente si desidera che ci riesca, concedendogli una seconda opportunità.
Quando, poi, subentra un evento che stravolge e peggiora la sua situazione, lo spettatore entra maggiormente in apprensione e si domanda ‘Cosa farà ora? Cosa si inventerà per uscirne indenne?’
Ad interpretare il magnate Robert Miller è stato chiamato Richard Gere, affiancato da Susan Sarandon, nei panni della moglie.
La sua performance è catalizzante ed è stata elogiata dalla stampa americana. Gere si è calato nel suo personaggio creando un’empatia col pubblico.
“Quali sono i confini di un comportamento accettabile, non soltanto negli affari o nella politica, ma anche sul piano personale?” - questa è stata la domanda che l’attore si è posto, scaturita dalla lettura della sceneggiatura, che lo ha fatto addentrare immediatamente nel progetto.
Robert sa manipolare le persone e le situazioni a suo beneficio, ma lo fa col suo naturale fascino, da non risultare il cattivo della storia, paradossalmente il cattivo è il detective che lo vuole incastrare.
“La frode” tiene col fiato in sospeso e quando ormai gli eventi sembrano prendere una direzione, succede qualcosa che spiazza e lascia disorientati per qualche istante proprio come il protagonista.
Dopo “Margin Call” si potrebbe parlare di un altro film sull’alta finanza, ma in “La frode” al centro c’è un uomo, la sua morale e ciò che le sue scelte hanno causato, in primis alla sua persona, poi vengono gli altri. La speculazione di cui si fa artefice rappresenta l’ambiente al quale Robert appartiene.
È un uomo dedito a mantenere il proprio status.
“Mettiamo che una volta era una brava persona, ma che diventando sempre più ricco la sua vita sia diventata più complicata e corrotta, perché il denaro gli consente di vivere al di là dei confini della morale comune” rivela Jarecki riguardo alla genesi di Robert.
Il film vuole scavare a fondo nei dilemmi morali e col procedere della storia si nota come non solo il magnate sia moralmente ambiguo, molti dei personaggi che gli ruotano intorno non sono come appaiono.
Uniche eccezioni sono la figlia Brooke e l’amico Jimmy Grant, che rappresenta la moralità di Robert, quella che ha seppellito in un angolo della sua anima.
Il finale porta a fare una riflessione sul mondo in cui viviamo, dove l’apparenza è tutto e ciò che conta è il vestito e la faccia che si indossano ogni giorno, quelli che ti rendono un vincente, il resto è sacrificabile: i principi, l’amore filiale, le responsabilità, la correttezza.
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