Marnie
Titolo originale: Marnie
USA: 1964 Regia di: Alfred Hitchcock Genere: Thriller Durata: 130'
Interpreti: Sean Connery, Diane Baker, Tippi Hedren, Alan Napier, Melanie Griffith, Martin Gabel, Louise Latham, Bob Sweeney, Mariette Hartley, Bruce Dern, Henry Beckman, Meg Wyllie, Edith Evanson, S. John Launer.
Sito web:
Nelle sale dal: 1964
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Samuele Pasquino
Marnie (Tippi Hedren), ladra cleptomane e bugiarda, si fa assumere da alcune importanti aziende per poi derubarle. Giunta alla casa editrice Rutland, viene scoperta dal proprietario Mark (Sean Connery), che tuttavia non la denuncia ma, innamoratosi di lei, la sposa.
L'uomo è deciso a scoprire le cause dello strano comportamento di Marnie, insofferente alle attenzioni maschili e impaurita dai temporali e dal colore rosso. Mark indagherà sul suo passato e aiuterà la donna a superare le sue paure.
Hitchcock, celeberrimo regista che ha praticamente inventato il genere thriller, generando di conseguenza tutta la suspence annessa, si dedica con "Marnie" ad una profonda quanto serrata indagine psicologica su una donna, la protagonista del film, traumatizzata da un fatto misterioso, un'ombra inquietante nel suo passato che ha radici nella sua infanzia.
Egli presenta Marnie come una donna avvezza all'inganno, dalle molteplici identità atte a perseguire un unico scopo, cioè quello di appropriarsi di ingenti somme di denaro prima di fuggire verso altri lidi. Inizialmente si presenta come un personaggio persino detestabile, la donna è avvenente, elegante ma apparentemente priva di sincerità e fiducia nei confronti delle persone che incontra.
Hitchcock la segue con la cinepresa in maniera ossessiva, assai poco discreta, fino ad approdare alla Rutland, dove subentra Mark, presidente di una casa editrice ricco e carismatico, ruolo perfettamente aderente all'aspetto e alla prestanza fisica di Sean Connery, attore nel pieno della sua carriera. Egli rivela un'inaspettata umanità, celata dietro la sua presenza fiera ed il suo viso pieno di superbia, prima coprendo i misfatti di Marnie, poi sposandola con l'intento di aiutarla.
Mark non ha secondi fini, contrariamente a ciò che sembra dimostrare nella scena della camera da letto o in altre in cui allude a motivi sessuali. Egli analizza il comportamento di Marnie, la mette alla prova traendo importanti ma non definitive conclusioni, fino ad applicare un vero e proprio ritorno alle origini, mettendo di fronte al fatto compiuto Marnie e sua madre, originando un flashback esaustivo che sintetizza ogni tappa, giungendo ad un degno finale. Doverosa qualche considerazione di carattere stilistico: l'Accademia cinematografica ha evinto due scene particolari che si pongono come apertura e conclusione del film. Nella prima troviamo inquadrata una strada con una grande nave che si intravede alla fine di essa, l'arrivo di Marnie con un taxi alla casa della madre e dei bambini che giocano con la palla in silenzio.
Sono tutti elementi significativi non per la loro presenza in sè ma per come vengono catturati dalla cinepresa. Hitchcock esegue una sapiente inquadratura posizionando in parallelo alla strada la cinepresa, segno che la vicenda ha inizio con tutte le difficoltà del caso. La nave è metafora di un'ingombrante minaccia, avvertita dai bambini con il loro silenzioso giocare. Alla fine del film, invece, Marnie e Mark fanno ritorno a casa e vengono inquadrati dall'alto, con una ripresa di largo respiro atta a testimoniare che i gravi problemi sono stati risolti e il personaggio della donna è stato liberato dai suoi traumi. A tal proposito la nave non costituisce più un pericolo e i bambini in strada cantano e giocano, a voler indicare una ritrovata felicità ed armonia.
Il cinema adotta un linguaggio preciso, coerente e molto spesso significativo per comunicare la sua natura di cantastorie colto e maturo. Hitchcock utilizza questo potenziale creativo e solido per raccontare vicende drammatiche con suspence e spiccato gusto per la precisione scenica.
Un breve istante in cui il regista compare nell'inquadratura mentre esce da una stanza d'albergo rivela anche un suo modo di parlare allo spettatore, dimostrando che egli non si fa solo deus ex machina ma indagatore evidente di storie magnificamente costruite.
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