Sleuth
Titolo originale: Sleuth
USA, Regno Unito: 2007. Regia di: Kenneth Branagh Genere: Thriller Durata: 86'
Interpreti: Michael Caine, Jude Law
Sito web: www.sonyclassics.com/sleuth
Nelle sale dal: 09/11/2007
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Francesco Manca
Il nordirlandese Kenneth Branagh, già regista ed interprete di pellicole come “Hamlet”, “Enrico V” e “Mary Shelley’s Frankenstein”, ha dimostrato di essere dotato di un talento artistico e visivo assai raffinato e non comune, che lo ha portato a raggiungere ambiti riconoscimenti in ambito internazionale.
Basandosi sulla celebre pièce teatrale di Anthony Shaffer e sulla sceneggiatura del premio Nobel Harold Pinter, traspone sul grande schermo il remake dell’omonimo film del 1972 (“Gli insospettabili” di Joseph L. Mankievicz), che vedeva interpreti due leggende come Laurence Olivier e Michael Caine; il primo interpretava il ricco scrittore vittima dell’adulterio da parte della moglie, il secondo vestiva i panni del giovane amante della stessa.
Ora, Caine ha preso il posto del compianto Olivier e ad affiancarlo è subentrato Jude Law.
Il film si sviluppa secondo una trama (apparentemente) piuttosto semplice, nella quale si annida, però, uno sviluppo contorto e quasi indecifrabile, che vede come (unici) protagonisti, come detto, lo scrittore (Caine) e l’amante di sua moglie (Law), i quali si incontrano nell’enorme residenza del primo al fine di discutere alcune faccende riguardanti la richiesta di divorzio che la donna in questione (che non vedremo mai) sarebbe intenzionata a muovere.
Tra i due, inizierà presto un duello psico-fisico che li vedrà fronteggiarsi a testa alta, tra inganni, ricatti e misteri.
Le due figure sono così diverse e variegate tra di loro che, alla fine del film, si arriverà a chiedersi chi è veramente colui che ha tra le mani il controllo della situazione, e chi, al contempo, subisce le azioni del proprio avversario.
Branagh costruisce una messa in scena dai caratteri (dichiaratamente) teatrali, che si dirama tra un umorismo estremamente cinico (“Sono strani gli italiani, la cultura non è il loro forte. Il loro salame è ottimo, però…) alternato a sprazzi di puro thriller psicologico.
La regia assume un tono mimetico ed affascinante, grazie ad un sapiente ed elegante uso di piani fissi (il film si apre proprio con uno di questi raffigurante il portatile dello scrittore sul quale si scorgono le immagini riprese dalle numerose telecamere posizionate dentro e fuori da casa sua) che descrivono con egregia disinvoltura i coinvolgenti duetti tra i due protagonisti.
In merito a ciò, è d’obbligo citare la pellicola dell’austriaco Michael Haneke, “Funny Games”, che abbiamo avuto modo di vedere sui nostri schermi la scorsa estate, nella quale l’uso del piano fisso era una vera e propria ossessione.
All’interno di quei piani fissi non era concentrata l’essenza del film, ma fungevano esclusivamente da “espediente” per ipnotizzare lo spettatore nel nulla assoluto…l’esatto opposto di ciò che succede in “Sleuth”, dunque.
Si potrebbe quasi dire che, tanto per rimanere nell’ambito, l’uno è l’alter-ego dell’altro, proprio come i due protagonisti della pellicola che stiamo esaminando.
Notevoli sono anche le performance recitative di Caine e Law, quest’ultimo ci mette un grande impegno, e si vede, mentre, colui che lo precede sembra quasi divertirsi, e lo può fare…
La breve durata della pellicola (85 minuti contro i 136 dell’originale) è ben sfruttata e nulla risulta sprecato, in modo tale che l’atmosfera sia interamente dominata dal pathos, che giunge allo spettatore con un impatto pirotecnico e senza esitare.
E’ da rimarcare il fatto che il film di Branagh, presentato in concorso alla 64a Mostra del Cinema di Venezia, ha ricevuto una magra accoglienza, sia di critica che di pubblico (in termini di incassi) inducendo (erroneamente) a pensare ad un’opera di scarsa qualità ma, come chiaramente scritto sopra, l’opera è lungi dall’essere definita, anche lontanamente scarsa.
|