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Scritto da Anna Maria Pelella   
sabato 10 novembre 2007

Strange Circus
Titolo originale: Kimyo na Sakasu
Giappone: 2005. Regia di: Sono Sion Genere: Thriller Durata: 108'
Interpreti: Masumi Miyazaki, Ishida Issei, Oguchi Hiroshi, Rie Kuwana, Mai Takahashi, Fujiko, Madame Regine, Tomorowo Taguchi, Hiroshi Ohguchi
Sito web: www.sonosion.com
Voto: 8
Recensione di: Anna Maria Pelella

Taeko è una scrittrice di successo, costretta in una sedia a rotelle. Il suo ultimo lavoro narra la storia di Mitsuko, una bambina molestata dal padre e costretta a spiare il sesso tra i suoi genitori da un buco nella custodia del violoncello in cui suo padre la rinchiude...


“cosa è reale e cosa non lo è?”

strange_circus_leggero.jpgTre donne sono protagoniste di questa storia ma solo due esistono davvero. Chi è veramente Taeko? Cosa è realmente accaduto nella casa di Sayuri e di Gozo, dove la piccola Mitsuko racconta di aver visto la morte di sua madre? E il qual’è il destino di Mitsuko? Chi è veramente morto e chi invece è sopravvissuto agli avvenimenti del passato?
Il racconto di un’affermata scrittrice incontra il passato di lei e si complica con interferenze oniriche dal vago sapore di ulteriore riscrittura, sono quindi tre i piani che si incrociano in questo film che molto aggiunge alla fama di uno dei più particolari registi giapponesi.
La realtà è ridotta ad un aspetto, neanche il più importante in verità, di una storia che serve gioiosamente da pretesto per dire che la perdita di identità può essere un rischio, come anche una forma di difesa, e che a volte la morte non è il peggiore dei destini. Trovare il vero sè non è che un momento di un percorso, tutta una vita può essere impiegata a riscrivere la propria storia, magari ricavandone anche il vantaggio non tanto secondario della notorietà. Inoltre esserci o meno è poco importante, dal momento che dove serve possiamo essere tranquillamente inventati da altri, o ridefiniti e visti attraverso il senso che altri daranno alla nostra opera.
Un’opera che diviene racconto e insieme riscrittura, ma che appena messo su carta acquisisce consistenza e si realizza come unico solo passato possibile.
Sono Sion firma con questo Strange Circus la sua opera più ambiziosa e nel contempo la più particolare. In primo luogo la rappresentazione barocca regala un fascino retrò ad una storia di quelle cattive, in cui non ci viene risparmiato nulla, ma tutto quello che vediamo è reso rarefatto e iperbolico dalla particolarissima regia. Le scene del circo rapiscono per la misurata genialità, in una celebrazione degli avvenimenti che omaggia alla grande Fellini e le sue indimenticabili rappresentazioni. Il racconto è di quelli che agghiaccia, non tanto per il sottotesto alla Twin Peaks, con tanto di tormentone che ciclicamente recita ”io sono stata condannata a morte alla nascita, o forse mia madre doveva essere giustiziata e ci siamo scambiate i ruoli” quanto per la glaciale capacità di tutti i comprimari di restare all’interno del dramma senza che una sola goccia di sangue superi la barriera del sogno. Tutte le morti, i ferimenti e le peggiori esperienze hanno una connotazione onirica e nello stesso tempo sono indispensabili alla realtà del racconto.
La storia di Mitsuko si stratifica davanti ai nostri occhi, acquisendo complessità durante il cammino, e Taeko perde a poco a poco di consistenza nella narrazione per immagini che Sono Sion sceglie di complicare ancora con frammenti di sogno. E quando ci sembrerà di aver finalmente capito, quando decideremo chi è Taeko e chi è veramente morto in quella casa, ecco che ancora una volta avremo la sorpresa di scoprire che non è affatto come ci è stato raccontato, che le cose sono andate in verità.
Il tutto condito dalla straodinaria interpretazione di una sensazionale Masumi Miyazaki, che affascina sia per la grande capacità espressiva che per la rarissima abilità di recitare il ruolo della madre e della figlia nello stesso fotogramma, senza perdere un attimo di credibilità. Mentre il contrasto drammatico con un Ishida Issei al culmine della sua coolness crea momenti di assoluta poesia, visibile soprattutto nel dolore di un passato disseppellito con la stessa velocità con la quale lo si era voluto riscrivere. La follia che emerge dal confronto finale è di un’intensità che sola motiva l’intera operazione di gigantesca rimozione che aveva dato il via al racconto.
Il passato viene capovolto di nuovo, stavolta a favore di una nuova rappresentazione che ci mostra ciò che forse è realmente accaduto, ma che non dicendo chiaramente mai cosa è reale e cosa onirico, non ci verrà confermato neanche mentre lo scopriamo.

 
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