The Message
Titolo originale: Feng shen
Cina: 2009 Regia di: Chen Kuo-fu, Gao Qunshu Genere: Thriller Durata: 114'
Interpreti: Zhou Xun, Li Bingbing, Zhang Hanyu, Huang Xiaoming, Wang Zhiwen, Alec Su, Ying Da, Shi Zhaoqi, Masayuki Natori, Wu Gang
Sito web:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Retrò
1942, seconda guerra sino-giapponese: Wang Jingwei, ex membro del Guomindang, è il leader del governo fantoccio con capitale a Nanchino. Ma la resistenza, composta sia dai nazionalisti che dai comunisti, non sta a guardare, e presto la capitale viene sconvolta da una serie di omicidi che prendono di mira i collaborazionisti. Il Colonnello Takeda, a capo dell’intelligence giapponese, organizza una trappola diffondendo una nota che contiene false informazioni.
Quando queste appaiono in un messaggio cifrato della resistenza, Takeda capisce che nel suo ufficio c’è una talpa e invita i cinque sospettati per un incontro a porte chiuse. Uno di loro è colpevole, uno di loro è il misterioso “Phantom” (Old Ghost, in originale), agente chiave che prende ordini direttamente dal capo del movimento, l’inafferrabile Magnum, e Takeda è disposto a tutto pur di scoprirne l’identità.
“The Message” è tratto dall’ultimo libro della trilogia spionistica dello scrittore Mai Jia, trilogia composta da “Codebreakers”, “Covert Operations”, adattata con successo per la televisione nel 2007, e “Rumors”. Il taiwanese Chen Kuo-fu, anche sceneggiatore, e il cinese Gao Qunshu confezionano un film innegabilmente retrò, non solo per l’ambientazione anni ’40, i lussureggianti costumi, le sontuose armonie cromatiche e la fotografia glamour, ma soprattutto per la sua caratteristica struttura da “whodunit” alla Agata Christie.
Cinque personaggi sono segregati in un castello isolato che sorge su una scogliera, castello, si badi bene, in stile europeo, estremamente indicativo del genere di atmosfera che si vuole trasmettere.
Questa tipologia di sceneggiatura è in primis un veicolo per gli attori, e se nei modelli americani si trattava perlopiù di stelle sul viale del tramonto, un po’ come accadeva nei disaster-movie, in questo caso si tratta di alcuni tra i migliori attori cinesi in circolazione. La situazione di costrizione è spunto ideale per innescare conflittualità, reciproci sospetti, recriminazioni e tradimenti, ma anche per dare la stura al sacrificio in nome dell’ideale. Nella trappola tesa dal diabolico Colonnello Takeda si dibattono il Capitano Wu Zhiguo (Zhang Hanyu), Gu Xiaomeng (Zhou Xun), seducente stenografa esperta di codice Morse, la sofisticata decrittatrice Li Ningyu (Li Bingbing), il Colonnello Bai Xiaonan (Alec Su) e il capo della sezione incriminata, Jin Shenguo (Ying Da). Lo stesso Takeda (Xiaoming Huang) si trova in una situazione difficile, essendo in procinto di essere giudicato da una Corte Marziale per la sua aggressione ai danni di un ufficiale, e vede nello smantellamento della rete della resistenza un’occasione per risalire la china.
Come si vede, la trama è articolata con tutti e due gli occhi rivolti al passato, mentre l’estetica old-fashioned è squarciata incongruamente da svolazzi di regia sopra le righe, in cui i due registi si sbizzarriscono con sequenze aeree che non portano da nessuna parte, split screen o anacronistici arabeschi in CGI alla maniera di David Fincher.
Alcune volte le sequenze sono al limite del gratuito, altre volte raggiungono l’obiettivo prefisso, che è quello di aggiornare ad una presunta contemporaneità l’estetica dell’opera e realizzare un blockbuster di qualità.
Le performances attoriali, oltre ad essere la vera ragion d’essere di “The Message”, sono ai massimi livelli: la manipolatoria Zhou Xun e la fragile Li Bingbing hanno il carisma di dive d’altri tempi, e se Zhang Hanyu (Assembly) eccelle come al solito, sorprende Xiaoming Huang (Sniper, The Banquet) nel ruolo di Takeda.
L’attore evita lo stereotipo del “villain” nipponico, quasi d’obbligo in una pellicola cinese ambientata durante la II Guerra Mondiale, regalando al suo personaggio una certa complessità e una vasta gamma di sfumature.
Non per questo si tratta di un personaggio positivo, né potrebbe essere altrimenti, dato che Takeda non esita a ricorrere alle torture più brutali, suggerite più che mostrate, a danno dei sospettati. Se la risoluzione dell’enigma impressiona per l’ingegnosità ma non sorprende, il lungo epilogo riesce ad essere commovente senza cadere nella retorica di stampo propagandistico.
Gli elegantissimi costumi dell’hongkonghese Tim Yip (Red Cliff) e di Wu Baoling, la raffinata fotografia del taiwanese Jake Pollock e l’esuberante energia dei registi fanno di “The Message”un riuscitissimo crossover che unisce omaggi alla Hollywood dei tempi d’oro con la propensione al mélò spionistico alla “Lust, Caution” o alla “Quixi”.
Per la cronaca gli Huayi Brothers, produttori del film, hanno promesso una edizione in DVD di tre ore, che dovrebbe contenere alcune sottotrame poi espunte dalla versione uscita nelle sale, come le scene con il fidanzato di Gu Xiaomeng, che qui appare solo in brevi flashback.
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