Titolo: I due volti di Gennaio
Titolo originale: The Two Faces of January
U.S.A, Gran Bretagna, Francia.: 2014. Regia di: Hossein Amini Genere: Thriller Durata: 96'
Interpreti: Kirsten Dunst, Viggo Mortensen, Oscar Isaac, Daisy Bevan, David Warshofsky, Nikos Mavrakis, Prometheus Aleifer, Socrates Alafouzos, Yigit Özsener, Ozan Tas, Omiros Poulakis, Evgenia Dimitropoulou, James Sobol Kelly, Özcan Özdemir
Sito web ufficiale: www.thetwofacesofjanuary.com/uk
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 09/10/2014
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Suggestivo
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Intrigante thriller di vecchio stampo,”I due volti di Gennaio” reclama a buon diritto la sua identità di cinema raffinato ed elegante,nonostante le evidenti – e benvenute –riverenze alla suspense con la firma di Hitchcock.
Più noto come autore della sceneggiatura di “Drive”,il regista/autore Hossein Amini manifesta le sue tendenze artistiche più in lavori come “Le ali dell’amore”,”Le quattro piume” o il suggestivo e ignorato “Shanghai”,imperdonabile peccato di omissione italiano,o l’irrazionale “47 Ronin”,titoli dove il film maker riversa gli aspetti più trasognati ed assorti della sua natura di scrittore.
In “I due volti di Gennaio” Amini mette in scena un romanzo di Patricia Highsmith (già nota alle produzioni come autrice di “Il talento di Mr. Ripley”),lo fa come suo lavoro di esordio per lo schermo,e lo fa talmente bene da far trasalire di sorpresa chiunque sia libero dalle pastoie della sindrome da blockbuster.
Non c’è alcun giudizio di accondiscendenza nel trovarsi pienamente a proprio agio davanti ad un lavoro che,senza reclamare ambizioni o suonare fanfare,sa raccontare un dramma noir che sembra esaurirsi nel tempo di un respiro,tanto fluida e scorrevole è la sua confezione.
1962. Chester McFarland (Viggo Mortensen),ricco e rilassato uomo d’affari e sua moglie Colette (Kisten Dunst),in vacanza ad Atene,conoscono durante una visita all’Acropoli la guida Rydal (Oscar Isaac),belloccio e affascinate intrattenitore turistico locale.
Sotto l’insistenza di Colette la coppia lo assume come accompagnatore personale,non importa quanto equivoco e maneggione l’uomo possa apparire.
Ma le apparenze cominciano a crollare quando Chester uccide un detective privato ingaggiato per smascherare alcuni suoi affari sporchi e all’uomo non resta che affidarsi a Rydal per poter uscire dai guai,con l’illusione che quest’ultimo sia solo interessato ai soldi.
Amini non perde molto tempo e a pochi minuti dai titoli di testa ha già fornito un esauriente profilo dei protagonisti.
Un veloce scatto su una lettera aperta di Rydal in cui il regista lascia intravvedere poche parole chiave e una rapida occhiata ad una squallida contrattazione con un taxista completano,in una manciata di minuti,il background della storia e un efficace studio dei protagonisti.
Cinema schietto e sincero quindi,quello di Amini,salvo mentire come un illusionista sulle realtà che il regista vuol far vedere e che manipola come un prestigiatore che illude e fa credere che quello che si vede sia vero.
Hitchcock fu maestro in questo gioco (e Truffaut ne spiega le magie nel suo dialogo scritto “Il cinema secondo Hitchcock”),e qui Amini vuole rubarne un’ombra per farne la dorsale di un film che merita una firma autorevole.
La scenografia del lavoro ha il gusto nostalgico di un cinema che oggi è diventato raro e il regista ne ricalca i contorni,l’ambientazione,i vestiti,il portamento narrativo,il corredo cromatico,perfino la partitura d’archi delle pagine dello score,completando ritmo,montaggio e fotografia in un quadro di spettacolo che si declina nel fascino dell’immagine e nella profondità delle emozioni.
Amini ci riesce e ci riesce felicemente.
Scorrono le occhiate di “L’uomo che sapeva troppo”,”Delitto perfetto”,”La congiura degli innocenti”,accenti di neorealismo italiano,ma soprattutto emerge una coscienza critica di un’intensità oggi raramente disponibile.
Il filmaker non prescinde dalla chimica che si forma tra i protagonisti.
In realtà dove la trama sembra insistere sul dramma del triangolo extraconiugale,il regista reclama l’attenzione sulla direttrice del suo lavoro,la sottotrama essenziale,il McGuffin,la discriminante della storia.
La materia che compone il film non è il dramma famigliare,il sospetto,il tradimento,il mistero.
Tutti questi elementi sono il mezzo di cui Amini si serve per esprimere il linguaggio del suo lavoro,che si traduce nel rapporto idealizzato ed improbabile tra un padre e un figlio,nella sua proiezione tragica e sofferta nella relazione fra Rydal e Chester.
Viggo Mortensen,misurato e intenso,non sgarra una virgola,incarna il suo Chester in pienezza e con la silenziosa mimica da vocabolario.
Personaggio controverso,figura attiva e nello stesso tempo fortemente passiva,in Chester Mortensen compendia silenzio,violenza,menzogna e segreto in una performance che traspira empatia da ogni poro.
Gli sta al passo Oscar Isaac,persona equivoca e illeggibile in perfetta sinergia con Mortensen nella creazione del binomio tormentato dei due protagonisti.
La Colette della Dunst è qui figura più marginale,guardiana di una vicenda che coinvolge più apprensioni filiali che coniugali.
Cinema affascinante e carismatico questo di Amini,spettacolo intenso e magnetico,ricco di note nostalgiche ma niente affatto convenzionali e stereotipate.
Spettacolo denso e sincero in tutte le sue ispirazioni,da quelle originali di un regista che ha saputo dribblare l’oro degli sciocchi,a quelle suggerite dalla magia di un cinema con l’identità a portata di ogni epoca.
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