Titolo: Il fondamentalista riluttante
Titolo originale: The Reluctant Fundamentalist
USA: 2013. Regia di: Mira Nair Genere: Thriller Durata: 128'
Interpreti: Liev Schreiber, Kate Hudson, Kiefer Sutherland, Nelsan Ellis, Martin Donovan, Christopher Nicholas Smith, Riz Ahmed, Victor Slezak, Clayton Landey, Cait Johnson, Ismail Bashey
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Sito web italiano:
Nelle sale dal: 13/06/2013
Voto: 5,5
Trailer
Recensione di: Domenico Astuti
L'aggettivo ideale: Inconcludente
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Il fondamentalista riluttante su Facebook
Mira Nair è una regista indiana che dopo il suo primo film “ Salaam Bombay “,
film evento del 1988, è andata a vivere a New York. Da allora ha realizzato
una serie di filmoni in parte incompiuti, in parte fermi nel mezzo del guado
per troppo voler raccontare.
Da “ Mississipi Masala “ una storia d’amore e
delle sue difficoltà tra un giovanotto afroamericano del Sud degli Usa e una
ragazza indiana, nata a Kampala in Uganda e poi esule politica nel Mississippi;
a “ Matrimonio indiano “, la storia di un matrimonio combinato tra due
ricchissime famiglie indiane, quella della sposa rimasta in India e l'altra
emigrata negli Usa.
E nel 2006 ha girato “ Il destino nel nome “, in cui
Ashima e Ashoke, due giovani del Bengala si sposano con un altro matrimonio
combinato, si trasferiscono negli Stati Uniti, ma la vita fredda e grigia di
New York li fa essere nostalgici dei colori e del modo di vivere caldo di
Kolkata ( Calcutta ).
Temi forti e con molte variabili politicamente corrette
( razzismo, intolleranza, immigrazione, conflitti interculturali, rapporti
familiari e di coppia, trasformazioni culturali ) che però la Nair riveste di
una fotografia glamour, con una regia ‘ perfetta ‘ ma terribilmente poco
efficace, coni un calligrafismo che sfiora la vanità e così l’inessenzialità
dei tanti problemi veri.
A voler essere un po’ rozzi, si potrebbe scrivere
che con questa forma i contenuti possono essere collocati nel “ Ma chi se ne
frega… “. Prevale in fondo una ricerca formale patinata e priva di sentimenti
che rendono i protagonisti dei suoi film neanche lontamamente empatici.
Peccato perché il talento c’è ma diventa fine a se stesso, algido e lontano,
sembra quasi che le si possa dire: per cortesia, lasciaci seguire i personaggi
e fatti un po’ da parte con la regia.
Anche per questo film “ Il fondamentalista riluttante “ le pecche della Nair
si mostrano tutte.
Una buona storia ma complicata in tutte le sue
sfaccettature esistenziali, culturali e storiche ( tratta dal romanzo omonimo
di Mohsin Hamid e divenuto un best seller internazionale ), diretta con
sapienza, ma che risulta poco empatica, incongruente nello scontro tra due
esseri doppi e in cui il dramma dell’11 Settembre e le sue conseguenze sembrano
quasi da cartolina.
La storia inizia a Lahore nel Punjab pakistano, un giovane professore Changez
Khan incontra in un ristorante del suk ( terribilmente ricostruito in studio )
il giornalista americano Bobby, autore di tre saggi liberal sulla fede
islamica; ma solo apparentemente il secondo vuole intervistare il primo e il
pachistano riluttante sa bene che non è altro che un gioco del gatto col topo,
unico dubbio è chi è l’uno e chi è l’altro.
In realtà Changez ( un bravo Riz
Ahmed, attore e rapper britannico di origini pakistane ), giovane professore
universitario, forse sa dove si trova prigioniero un suo collega americano
sequestrato dai fondamentalisti, mentre Bobby Lincon ( un roccioso e poco
empatico Isaac Liev Schreiber ) è un giornalista che vive in Pakistan, parla l’
urdu e collabora con la Cia.
In questo ristorante, seduti ad un tavolo, nel
gioco delle parti, Khan ‘ accetta ‘ di farsi intervistare dal giornalista e
gli racconta la sua vita iniziata negli Stati Uniti a 18 anni e diventato ben
presto un professionista rampante nel campo della finanza, pupillo del capo del
più grosso studio newyorchese e, in questa upper class, Changez sembra
riuscire ed affermarsi in tutto anche nell'amore con l’artista fotografica
Erica ( una frastornata e convincente Kate Hudson ).
Tutto procede alla grande
per il fondamentalista riluttante ma come nelle vite di molti arriva l'11
settembre 2001 che cambia di colpo le prospettive e non solo sue. La sua vita
comincia a cambiare, viene visto anche dagli amici come un islamico e non più
come una persona. E quindi alla fine, tra dubbi e sofferenze, preferisce
ritornare a casa.
Con questo racconto dettagliato, Changez cerca di convincere Bobby che le sue
idee non vanno d’accordo con nessun fondamentalisimo né islamico né
occidentale. E così facendo spera di convincerlo a fare da intermediario con
la Cia e di non finire in carcere o di vedere la sua famiglia perseguitata.
Ma
ormai i nodi sono al pettine e non c’è più tempo per la comprensione e il
rispetto reciproco…
Solo in parte la storia si sviluppa nel confronto-scontro tra Changez e Bobby,
su come entrambi sono cambiati e insoddisfatti, quasi costretti ad accettare
vite determinate dalla Storia ( anche se centrale il loro stare l’uno di fronte
all’altro in un ristorante non sembra la parte più convincente della
drammaturgia ), lo sviluppo importante è sui soliti ‘ temi ‘ della Nair:
intolleranza, razzismo, la violenza del capitalismo sfrenato, le difficoltà
interculturali, elaborazione del lutto e delle perdite, e in più le crepe che
possono nascere anche dai sentimenti più belli e destinate a far crollare
un'integrazione possibile.
E in fondo anche una certa stupidità che prende
coraggio dalle ingiustizie per creare altra ingiustizia e maggiore violenza.
Da segnalare tra gli attori un convincente Kiefer Sutherland in un ruolo assai
diverso dai soliti e Om Puri ( il padre ).
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