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Scritto da Dario Carta   
giovedì 10 luglio 2014

Titolo: Motel
Titolo originale: The Bag Man
Canada: 2014. Regia di: David Grovic Genere: Thriller Durata: 116'
Interpreti: Robert De Niro, John Cusack, Crispin Glover, Dominic Purcell, Martin Klebba, Sticky Fingaz, Rebecca Da Costa, Theodus Crane, Celesta Hodge, Danny Cosmo, David Shumbris, Mike Mayhall
Sito web ufficiale: www.thebagmanthemovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 26/02/2015
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Asfittico
Scarica il Pressbook del fim
The Bag Man su Facebook

the_bag_man_leggero.pngNeo Noir suggestivo solo in parte,”The Bag Man” ,primo lavoro per il grande schermo del regista scrittore David Grovic,qui anche coautore dello script,esercita sullo spettatore quella sorta di fascino indefinibile che è proprio del cinema incompleto.
Il film (dal titolo alternativo “Motel 13”) la cui sceneggiatura originale di James Russo è ispirata al racconto di Marie-Louise Franz “The Cat:A Tale of Feminine Redemption”,ha le forti ambizioni di un cupo thriller-noir,espresso con le tipiche dizioni del linguaggio del cinema di genere,visualismi,ambientazione e composizione,ma al regista manca presto il fiato e perde la presa sull’identità del lavoro.

Il film si apre a bordo del jet privato di Dragna (Robert De Niro),un boss del crimine con aspirazioni letterarie che offre a Jack (John Cusack) ,killer prezzolato,una “ingente somma di denaro” per una borsa che questo dovrà ritirare e portare in un certo motel sperduto nella Bayou della Louisiana,senza però neanche pensare di aprirla per guardarci dentro.
Si intuisce comunque subito che parlare di “offerta”,in questo caso è puro eufemismo,perché dai pochi minuti spesi dal regista per presentare la riunione d’affari,traspare chiaramente un De Niro che ricorda il Louis Cyphre dell’”Angel Heart” di Alan Parker e che non c’è posto per alcun rifiuto.
La breve apparizione dei titoli di testa copre il tempo del ritiro della borsa e a pochi minuti dall’incipit del film,Jack contatta Dragna da una cabina telefonica,con la sacca e un buco di proiettile nella stessa mano.

L’introduzione,espressa nei termini convenzionali del cinema thriller (il contratto,l’oggetto,il mistero,il killer,il villain) invita ad un lungo ed estenuante corpo centrale di un film che divaga e ciondola in una narrazione infinita di eventi senza forma e ripetitivi all’ossessione. Jack dovrà aspettare nella camera 13 del motel il passaggio di Dragna e in questo ambiente sudicio e squallido incontrerà una galleria di figure che comporranno le fila dei personaggi della storia,da Ned,insolito titolare del motel (Crispin Glover) con il fare di un Norman Bates in carrozzina,a due loschi malavitosi,di cui uno nano e perfido,fino a Rivka (Rebecca Da Costa),una prostituta rifugiatasi nel bagno di Jack perché inseguita dai due malintenzionati.
Jack e Rivka,eroe controverso e Femme Fatale,intrecceranno una laboriosa relazione che ospiterà l’intera sezione centrale del film,lasciando il breve spazio finale ad un epilogo piuttosto scontato e decisamente fuori forma.

L’intensa fotografia di Steve Mason (“Venom”) non è scenario sufficiente per una storia che si trascina con fatica in una serie incessante di spot e ripetizioni. Grovic getta qua e là briciole e segnalini,per chi volesse riconoscerne le tracce di cinema di altro esprit,come la rapida occhiata al Caronte di Dorè appeso alla parete del motel,vezzo emblematico del regista a significare un improbabile paragone fra traghettatore e killer,entrambi trasportatori oltre lo Stige.
O il colloquio fra Ned e Jack a proposito della stanza numero 13,già visto in “1408”,sempre fra Cusack e Samuel L. Jackson,o ancora,l’accenno all’ossessione materna di Ned/Bates,senza scomodare il ricorso alla tematica generale riconducibile al “Bacio e una pistola” di Aldrich.

Purtroppo le pennellate cromatiche di una palette saturata,i toni di blu,gli intensi contrasti fra oscurità e luci al neon riflesse sull’asfalto bagnato,l’ambientazione uggiosa e umida ed uno score di note elettriche tirate e vibranti (Edward Rogers,Tony Morales),non bastano a colmare i vuoti lasciati da protagonisti senza alcuna traccia di empatia e da una sceneggiatura senza la storia. Il primo a risentire di questo vacuum narrativo è il ritmo fiacco e svogliato dell’intera tratta centrale di un lavoro che pare formarsi sull’ eterno gioco delle parti fra Jack e Rivka,come un’altalena in moto perpetuo.

L’epilogo,che sembra malamente declinato al “Se7en” di Fincher,è una frettolosa manipolazione per chiudere un film che ha poca storia da raccontare. Il Dragna di De Niro è un malvagio perfido e diabolico e la performance dell’attore,dosata nei pochi minuti della sua apparizione nel film, è quella che ci si aspetta da chi sa come fare la parte del cattivo,con tanto di altisonanti filastrocche moralistiche e dotte citazioni (“Caveat Emptor”).
Cusack ha un certo mestiere ed un physique du role che gli è particolare. Ma chi regge le redini e guida il carro è Rebecca Da Costa,che gioca il gioco migliore e riesce,nonostante un finale evitabile,a dare una qual forma alla Feminine Redemption del racconto originale.

 
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